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Salute mentale nelle scuole, gli studenti chiedono attenzione

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Dalle piazze gremite di studenti si alza un grido, unanime e disperato, che riecheggia nei cortili e nelle palestre delle scuole occupate. A Torino è stato il Liceo Gioberti a trainare una protesta che si sta allargando a macchia d’olio in tutta la città e oggi, 10 febbraio 2022, coinvolge otto istituti. I ragazzi e le ragazze chiedono di essere ascoltati: la commemorazione del diciottenne Lorenzo Parelli, morto durante uno stage in fabbrica, con le cariche della polizia in strada il 28 gennaio scorso, è stata la miccia che ha fatto esplodere il dissenso. Si sentono la generazione dimenticata da questi due anni di pandemia e gli slogan pronunciati durante il corteo di venerdì 4 febbraio raccontavano tutto il disagio di adolescenze vissute a metà.

Come dimostrano i primi risultati del nostro sondaggio sul tema, la salute mentale dei giovani è stata messa a dura prova dalla pandemia ed è significativo che uno dei problemi più lamentati dagli studenti sia proprio la scarsa attenzione a come stanno. “Ci sentiamo abbandonati”, dice Giulia, 18 anni, rappresentante del Collettivo Gioberti. “Nella nostra scuola manca ogni forma di protagonismo degli studenti ed è una delle ragioni che hanno portato a grande insofferenza”. Cogliendo questo malessere diffuso, il Collettivo Gioberti ha realizzato un sondaggio che ha coinvolto i 1300 iscritti. “Abbiamo creato un form da compilare e i risultati hanno rivelato una situazione che purtroppo ci aspettavamo: l’85% dei rispondenti ha dichiarato di avere ansia nell’andare a scuola e di non essere felice del proprio percorso scolastico, perché i voti che ottengono non rispecchiano la loro preparazione effettiva”. Ma non è tutto: moltissimi sostengono che il sistema valutativo sia opprimente, senza uno spazio per il dialogo. Questo provoca inevitabilmente frustrazione, che nei casi più gravi si traduce in attacchi di ansia e di panico.

“Un altro nodo cruciale su cui ci siamo confrontati durante l’occupazione riguarda la preparazione dei docenti in ambito pedagogico e psicologico”, aggiunge Giulia. “Spesso gli insegnanti hanno in mente un modello di studente che non corrisponde alla realtà: non siamo automi, svolgiamo altre attività oltre allo studio e abbiamo il desiderio di partecipare attivamente alle lezioni. E poi siamo tutti diversi: esistono i Dsa (Disturbi specifici dell’apprendimento) e i Bes (Bisogni educativi speciali), che hanno metodi di apprendimento diversi, a cui un insegnante deve sapersi approcciare”.

Problematiche simili arrivano anche dal Liceo Alfieri, occupato da lunedì 7 febbraio. Ma qui, a differenza del Gioberti, esiste uno sportello psicologico, aperto a studenti, genitori, professori e operatori scolastici. Simona Tomasi Cont, psicologa-psicoterapeuta sistemica-relazionale, è la responsabile: “Ricevo due giorni a settimana, per un totale di quattro ore, su appuntamento, che viene preso via email. Gli incontri durano circa 30-40 minuti, non sono sedute cliniche, ma colloqui conoscitivi, di sostegno”. La priorità va a chi si approccia a questo servizio per la prima volta, per quanto ci siano casi di studenti che hanno intrapreso dei brevi percorsi basati su più sedute.

Il problema è garantire la continuità, unitamente al fatto che la richiesta è altissima. “Io ho iniziato quest’attività a pandemia già iniziata e lo sportello è sempre saturo”, spiega la dottoressa Tomasi Cont. “L’ansia è il tema più affrontato, in tutte le sue declinazioni: è spesso legata alla prestazione scolastica, alla gestione del tempo e del carico di lavoro, con i ragazzi che appaiono disorientati dopo la Didattica a distanza”. Seguono problemi legati a identità di genere e orientamento sessuale, difficoltà nelle dinamiche relazionali tra adolescenti e docenti o adolescenti e genitori: “L’impressione è che il Covid abbia esacerbato un malessere che c’era già prima, portando a galla la frustrazione dei giovani, che hanno perso la socialità, la scuola in presenza, lo sport come momento aggregativo”, chiosa la psicologa.

Lo sportello dell’Alfieri si rivolge anche ai genitori e ai professori: non sono pochi coloro che decidono di affidarvisi, condividendo esperienze relazionali complicate, a casa o in classe. “Servirebbero più ore e sarebbe necessario dedicare tempo alla formazione degli insegnanti, per aiutarli a capire come porsi nei confronti di alcuni studenti. La dirigenza dell’Alfieri è molto attenta a questi temi e fino all’anno scorso lavoravo insieme a una collega che si occupava degli incontri di classe”. Il tempo e i fondi messi a disposizione, però, sono ancora troppo pochi: servirebbero più investimenti, e che la salute mentale degli adolescenti tornasse in cima alla lista delle priorità.