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Terziario in crisi, l’Ascom chiede fondi Ue per il commercio

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“È necessario puntare sulle risorse europee, come ne ha beneficiato l’agricoltura una decina di anni fa”. Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia, sintetizza così la proposta dei commercianti torinesi di fronte ai dati sulla crisi di alcuni settori del terziario: abbigliamento in testa. Per Coppa, insomma, la storia della Politica agricola comune dell’Unione europea deve fare da modello: “Il mondo dell’agricoltura tanti anni fa era completamente desertificato – continua -. I fondi europei hanno fatto sì che tornasse a essere produttivo, aiutando i giovani a fare impresa. In questo periodo può esistere un aiuto fatto di piccole cose per incentivare ad aprire un negozio chiuso e venire in contro ai giovani? È una riflessione che mi auguro che la politica faccia: i fondi europei non ci sono per il commercio”.

Coppa apprezza alcuni primi passi in questa direzione, come il voucher digitalizzazione Pmi, che intende finanziare, tramite l’utilizzo di contributi a fondo perduto, la transizione digitale nelle imprese piemontesi. “La Regione ci ha aiutato – sottolinea -: sostenere le imprese significa aiutare il territorio che le accoglie”.

Ma non può bastare, in particolare per il settore più colpito, quello dell’abbigliamento. “Ciò è stato dovuto da un cocktail di fattori: la scia del Covid, a causa del quale sono state perse tre stagioni, la destagionalizzazione e il cambio di consumi”, spiega Coppa. D’altro canto “le nostre imprese stanno affrontando le crisi in atto con grande coraggio – conclude -. con una sostanziale tenuta, nonostante le guerre internazionali in corso, la congiuntura economica negativa e la mancanza di una politica seria a favore del settore”. Ma, per Coppa, pesano le disparità tra i diversi comparti del terziario: se da un lato turismo e ristorazione stanno vivendo una stagione positiva, dall’altro abbigliamento e piccole attività di vendita sono in difficoltà a causa di un sistema che continua a favorire le grandi catene e i colossi dell’e-commerce, e che in questo momento si somma ad un’importante contrazione dei consumi. È necessario invertire la rotta; proprio per questo stiamo lavorando con il Comune di Torino ad un progetto di valorizzazione del commercio di prossimità e di tutela delle imprese storiche”.

A rendere più complesso lo scenario è il rapporto con il mondo del credito: “C’è una rigidità delle banche nell’erogare i crediti – spiega Carlo Alberto Carpignano, direttore di Ascom Confcommercio Torino e provincia -. Per affrontare questa criticità è stato progettato un piano di formazione con la Banca d’Italia. Gli incontri partiranno a gennaio del 2024”.

I dati dell’Osservatorio sul terzo trimestre 2023

I numeri sul terziario presentati da Ascom parlano di una situazione che resta critica, anche se in lieve miglioramento. I problemi maggiori sono legati alla liquidità.

L’autunno del terziario torinese si delinea all’insegna di una cauta stabilità e di una generale tenuta, nonostante inflazione, riduzione dei consumi e aumenti dei costi. Il clima di fiducia delle imprese è “stabile” circa l’andamento dell’economia italiana tra giugno e settembre 2023, con un indice pari a 42, al di sopra della media nazionale. Per il 64 per cento delle imprese il periodo luglio – settembre è stato “uguale” o “migliore” rispetto al trimestre precedente. È in lieve incremento la fiducia nell’andamento della propria attività economica, con un indice che passa da 51 a 53: per il 28 per cento degli intervistati l’attività migliora (era il 27 a giugno), per il 50 per cento rimane inalterata (era il 48) e per il 20 per cento peggiora (era il 24).  L’outlook previsionale è in ulteriore miglioramento in vista del Natale 2023, con un indice previsto pari a 55 (+2 punti rispetto a settembre, + 4 punti rispetto a giugno).

I ricavi sono giudicati sostanzialmente stabili, allineati con la media nazionale: per il 20 per cento c’è stato un miglioramento rispetto al trimestre precedente (era il 18), per il 55 per cento la situazione è invariata e per il 25 è peggiorata (era il 28). Resta preoccupante la situazione dei prezzi praticati dai fornitori alle imprese del terziario della provincia di Torino. L’outlook per la fine dell’anno lascia presagire un ulteriore peggioramento.

La condizione occupazionale resta stabile rispetto al trimestre precedente per l’81 per cento delle imprese e in miglioramento per il 9. La previsione in vista della fine della fine dell’anno resta immutata. Stabile anche la liquidità rispetto al trimestre precedente per il 70 per cento delle imprese, mentre migliora per il 7 per cento (a giugno era il 5).  L’indice globale arriva a 37, inferiore di tre punti rispetto alla media nazionale e fortemente al di sotto nella linea del “50” che separa convenzionalmente un’area di contrazione del mercato dall’area di crescita. In lieve calo la quota di imprese che hanno chiesto credito alle banche negli ultimi tre mesi. Il 60 per cento di queste ha visto accogliere interamente la propria domanda. Il 70 per cento delle imprese ha fatto richiesta di credito per esigenze di liquidità e cassa, il 26 per cento per effettuare investimenti e il 4 per la ristrutturazione del debito. 

L’Outlook 2024

L’indagine focalizza l’attenzione sulla reazione delle imprese torinesi del terziario al calo dei consumi e l’aumento dell’inflazione.  
Il 46 per cento degli intervistati conferma i piani di investimento già in programma per il 2024. In particolare, il 26 effettuerà regolarmente gli investimenti e il 20 pensa di rimodularli, ma senza rinunciare. Sono soprattutto le grandi imprese della ristorazione, del turismo e dei servizi alle imprese a trainare questa tendenza, mentre le attività più piccole, soprattutto del settore non food si vedono costrette a rimandare gli investimenti.  Per quanto riguarda, invece, le conseguenze dell’inflazione sull’occupazione, il 57 per cento conferma che saranno effettuate regolarmente tutte le assunzioni previste. Anche in questo caso si tratta soprattutto di grandi aziende con il primato del settore turistico.

Sul fronte dell’andamento dei ricavi, il 60 degli intervistati ritiene che vi saranno conseguenze nulle o marginali. Similare la situazione sui timori di una diminuzione della clientela: il 58 per cento si dimostra fiducioso; di questi il 20 per cento dichiara che non vi saranno impatti negativi e il 38 che ci potrà essere qualche oscillazione. Non vi sono grandi scostamenti di risposta tra grandi e piccole aziende, mentre la bilancia pesa a favore della ristorazione e del turismo, con una penalizzazione del commercio sia food sia no food. 

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