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Lavoro: il futuro del Piemonte passa dalle reti

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Reti e attrattività: sono queste le chiavi di volta su cui le imprese dovranno puntare in futuro per far fronte alle sfide degli ultimi anni. “Il mercato del lavoro viene visto come un paradosso: la disoccupazione è alta, ma le imprese non trovano lavoratori”. Così Carlo Chiama ha introdotto la settima edizione del Festival dello Sviluppo sostenibile durante l’incontro sul futuro del lavoro piemontese, organizzato da Cru e UnipolSai. Il direttore di Confesercenti Torino e Provincia crede che sia necessaria un’attenzione particolare alla politica dell’ultimo miglio. “Il mercato del lavoro è una bestia strana” conferma Paolo Griseri della Stampa. Secondo Giorgio Vernoni, Ires Piemonte, sono tre i fattori che hanno influenzato in maniera importante le ultime tendenze del mercato del lavoro: la riforma Fornero sulle pensioni, la riduzione dei flussi migratori in Piemonte e il blocco del turnover all’interno della pubblica amministrazione. Ogni regione ha avuto un suo percorso e nessuna è riuscita a stare al passo con le “Lover”: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Ma la domanda di lavoro è rimasta stabile, in un quadro di tendenziale invecchiamento. La disoccupazione gira attorno all’otto percento, ben superiore rispetto alle Lover. Vernoni collega le tre crisi a tre problematiche: il mancato inserimento di giovani, donne e stranieri; l’assenza di mutamento nella struttura dell’occupazione in cui la domanda ha bisogno di qualificarsi (il rischio è la “Low skill trap“) e l’arrivo del Covid. Questi fattori hanno aggravato un periodo stabile, anche se non ottimale: quello che va dal 2015 al 2019.

La pandemia, dice Vernoni, ha aggravato l’incidenza degli occupati dipendenti over 60, quindi pensionabili nel giro di sette anni. Dal 2011 al 2020 i dipendenti sono aumentati dal 4,8 al 9 percento, mentre gli indipendenti sono passati dal 9 al 18 percento: due indipendenti su dieci cesseranno le proprie attività nei prossimi anni. La componente dipendente è ancora più gravosa perché si traduce nella necessità di triplicare il turnover. Nel 2010 le persone pensionabili erano 30mila, nel 2020 sono state quasi 90mila. Il peso degli over 60 cambia molto in base al settore: per la pubblica amministrazione ci troviamo sopra al 10 percento. La soluzione è ristrutturare, sia in senso qualitativo sia in senso quantitativo. Il mercato del lavoro nei prossimi anni sarà dunque più aperto all’offerta, ma le remunerazioni dovranno adattarsi. “Il cambio di registro potrebbe rivelarsi positivo, ma le politiche non dovranno guardare solo alle competenze ma anche all’attrattività”, conclude Vernoni.

“Bisogna concentrarsi su territorio e transizioni” secondo Arturo Faggio, direttore regionale di Istruzione, Formazione e Lavoro. Ciò può essere fatto tramite una destrutturazione in favore dei territori. Andando al di là degli incontri, è importante costruire delle reti che facciano da gambe alle politiche territoriali. È questo l’obiettivo che si pone la Regione Piemonte. “Chi cerca lavoro – chiarisce Faggio – deve essere più attento alle esigenze dell’azienda e viceversa; intanto, il Goal8 è già stato raggiunto”. L’Obiettivo 8 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si propone di “incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”.

Giovani e formazione

La sua vicedirettrice Enrica Pejrolo entra nel merito del Programma regionale basato sul Fondo sociale europeo (Fse) 21-27. La strategia vuole essere più ampia e includere occupazione, istruzione e formazione, inclusione sociale e occupazione giovanile. L’Fse vale un miliardo e 300 milioni di euro. La sfida è quella di trovare le giuste complementarietà. I programmi rivolti ai giovani (dall’infanzia ai 35 anni) mettono a disposizione una gamma di offerte a favore di istruzione e formazione professionale. Una novità in questo senso è la volontà di ampliare l’accesso alle borse di studio universitarie agli iscritti alle discipline Stem (scientifiche, tecniche e matematiche). Per le imprese sono state attivate le Academy di filiera, un progetto sperimentale che si occupa, da una parte, della mobilità sostenibile nella provincia di Torino, dall’altra, del settore tessile. In cantiere altre nove iniziative.

Il bando della Academy sul tessile è stato vinto dalla Città Studi Biella: alla sua guida, Ettore Piellerey racconta come il Biellese sia una delle aree che maggiormente ha sofferto il passaggio da Novecento a post Novecento, soprattutto per quanto riguarda il settore tessile. Le aziende vogliono effettuare il ricambio generazionale, ma hanno difficoltà nel reperimento della manodopera. In questo senso, Academy ha avuto un ruolo fondamentale. Con la pandemia è cambiato l’atteggiamento dei giovani verso il lavoro e quindi l’attrattività del settore stesso. Piellerey spiega che le imprese sopravvissute sono innovative e pulite, ma che questo non viene raccontato in maniera adeguata: è fondamentale dimostrare di essere moderni ed efficienti.

L’importanza di fare rete

La seconda area analizzata è stata quella del Pinerolese, una zona ex manifatturiera che comprende 45 comuni, di cui il 22 percento in collina, il 12 percento in pianura e il 66 percento in montagna. La comunità si è ingegnata per superare disomogeneità del territorio, spopolamento e crisi economica. Laura Cerutti del Consorzio Pinerolo Energia (Cpe) spiega che l’associazione riunisce oltre 100 consorziati, di cui il 70 percento sono aziende del territorio. Cpe, Cgil, Cisl e Uil hanno stipulato nel 2019 il Patto per il Lavoro, un’iniziativa che si propone di coinvolgere una popolazione lavorativa pronta ad affrontare le sfide del mondo del lavoro. In questo contesto, nel 2020 è nato il progetto Ripartiamo Insieme, che si compone di vari tavoli di lavoro e di un osservatorio permanente. Si tratta di una rete che riunisce vari soggetti attivi nel territorio, mettendo insieme le loro competenze.

Anche per Cristiana Poggio il discorso della rete è centrale e deve unirsi agli strumenti a disposizione. “Siamo cresciuti con l’idea della competizione: ora serve cooperazione. Solo così le aziende impareranno a diventare ‘sexy'”, spiega la presidente di Immaginazione e Lavoro. Sul punto è d’accordo anche Maria Teresa Cianciotta di Uil Piemonte: “Bisogna fare un salto di qualità e collaborare: non possiamo essere solo informati, dobbiamo essere parte in causa”. Dimitri Buzio di Legacoop Piemonte sottolinea che la collaborazione non può esserci se le aziende vengono intese solo come controparte: “Bisogna considerare – spiega Buzio – i rapporti di forza in campo. Noi abbiamo tentato di creare una cooperativa di rider, ma a far saltare il progetto sono stati gli stessi rider, che hanno capito che firmando sarebbe saltata la loro lotta”.

Il discorso delle remunerazioni, secondo Poggio, non è più così rilevante: “È una questione valoriale, di senso, i ragazzi vogliono essere parte integrante della storia di un’azienda”. Dissente Cianciotta: “Non è più possibile applicare contratti precari ed essere pagati al di sotto del salario nazionale: bisogna dare valore e attenzione al lavoro e alla persona”. In questo senso, i sindacati hanno bisogno di un maggiore spazio di intervento e controllo per poter agire immediatamente se qualcosa non funziona. Sul coinvolgimento delle organizzazioni sindacali concorda Faggio: “Sulla programmazione il coinvolgimento è forte, ma bisogna attivare le reti territoriali”.