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“Morire da vivi”. I troppi mali del carcere di Torino

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Strutture fatiscenti in avanzato stato di degrado. Stanze buie, sporcizia diffusa e un forte odore di fumo. Sembra la scenografia di un film dell’orrore ma la finzione non c’entra. Ci troviamo in una delle realtà più crude di tutta Torino, il carcere Lorusso e Cutugno. Qui il riscaldamento c’è, ma le finestre lesionate lo rendono quasi del tutto inutile perché disperdono il poco tepore che riesce ad accumularsi. Il quadro igienico complessivamente carente viene aggravato dalle tante lamentele dei detenuti che denunciano ritardi e carenze sulla consegna dei farmaci, sul rapporto col personale, sulla qualità e la quantità dei pasti.

Relazione sull’attività annuale della Garante

La presentazione della relazione annuale 2022 della Garante dei diritti delle persone private della libertà individuale della Città di Torino, Monica Cristina Gallo, è l’occasione per fare il punto sul sistema carcerario cittadino, compreso l’Istituto minorile Ferrante Aporti e il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr). “A Torino la situazione è critica” esordisce il sindaco Stefano Lo Russo, sottolineando la vicinanza dell’amministrazione alla realtà carceraria. “La prima volta in cui ho visitato il Lorusso e Cutugno sono entrato in punta di piedi, perché il carcere è un’esperienza che segna profondamente l’animo di chi la vive”. Giovedì 6 aprile nella Sala delle Colonne di Palazzo di Città c’è anche Maria Grazia Grippo: la presidente del Consiglio comunale pone l’accento sul bisogno di un lavoro sinergico tra enti locali e istituti carcerari con l’obiettivo “di far comprendere come la ricostruzione della vita cominci proprio all’interno del carcere, un luogo da vivere non come una bolla ma come fucina per l’idea che ci sia qualcosa dopo le sbarre”.

La garante Monica Cristina Gallo parte dal ricordo dei quattro morti suicidi nel carcere di Torino nel 2022, annus horribilis con ben 85 suicidi registrati nei penitenziari di tutta Italia. A rendere ancor più drammatici questi numeri la considerazione della posizione processuale di ognuna di queste persone, tutte in attesa di giudizio: in virtù del principio della presunzione di innocenza, non si può essere ritenuti colpevoli fino a prova contraria e fino all’ultimo grado di giudizio. La possibilità che il percorso processuale possa concludersi con un’assoluzione, però, evidentemente non basta ad alleviare il peso del carcere “che schiaccia l’individuo attribuendogli lo stigma di delinquente da cui è difficile, se non impossibile, liberarsi”, com’è scritto nella relazione.

“I dati del carcere Lorusso e Cutugno sono allarmanti” tuona Gallo. Al 31 dicembre 2022, il penitenziario ospitava 1338 detenuti (+28% rispetto alla capienza massima) con un flusso di accessi pari a 2741, l’85% dei quali proveniente da un regime di libertà. Nel corso dell’anno si sono registrati 3761 eventi critici, di cui 143 atti di autolesionismo e 35 tentativi di suicidio. Complice anche una grave carenza di personale, nel 2022 sono stati 329 i richiami ai sensi del diritto carcerario: dopo la denuncia del Consiglio d’Europa, il trasferimento dei detenuti del Lorusso e Cutugno ha alleviato il sovraffollamento senza però risolvere i problemi di natura endemica perché, come spiega Gallo, “gli spostamenti sono stati effettuati senza tener conto dei percorsi intrapresi all’interno dell’istituto”.

Pene alternative: un’utopia?

“È soltanto attraverso la riduzione delle barriere e l’umanizzazione della pena detentiva che il clima di costante tensione intramuraria potrà iniziare ad attenuarsi” si legge in un passo della relazione a cura dell’avvocata Francesca Fornelli. Un altro punto su cui riflettere è indicato dalla percentuale di detenuti in regime di carcerazione preventiva, che al Lorusso e Cutugno è pari a circa un terzo del totale. Sono inoltre 530 (480 uomini e 50 donne) i soggetti detenuti con una condanna definitiva inferiore ai due anni: nei loro confronti, si potrebbero disporre misure alternative e al di fuori dell’istituto penitenziario.

A questo, va aggiunta la spinosa questione delle camere di sicurezza: si tratta di ambienti situati presso i locali delle forze dell’ordine destinati alla permanenza delle persone arrestate o fermate per il tempo sufficiente alla redazione degli atti procedimentali necessari all’autorità giudiziaria. Nonostante il decreto “svuota carceri” del 2011 si proponesse di incentivare l’utilizzo delle camere di sicurezza, gli istituti penitenziari rimanevano comunque la via primaria nei casi di detenzioni molto brevi, alimentando così il fenomeno delle cosiddette sliding doors nelle carceri. La relazione della Garante sottolinea come alla base del problema ci sia l’evidente inefficienza del sistema delle camere di sicurezza (oggi in Italia sono agibili solo 1190 delle 2071 totali), con costi elevati sia in considerazione dell’impatto traumatico sugli individui, specie se giovani e incensurati, sia da un punto di vista economico, per un ammontare stimato in 350€ per i primi due giorni in carcere.

Uno sguardo sui giovani

Al 20 gennaio 2022 la Casa Circondariale di Torino contava 134 detenuti di età compresa tra i 18 e i 24 anni, dato pari al 9,8% dell’intera popolazione carceraria e superiore alla media nazionale. Gli under 25 sono stati al centro dell’indagine “Giovani dentro e fuori” che ha coinvolto 149 detenuti del Lorusso e Cutugno, a maggioranza stranieri (74,5%) e provenienti prevalentemente da Torino (68,4%, di cui il 43,14% residente nel quartiere Barriera di Milano). Tra i tanti progetti rivolti ai detenuti degli istituti penitenziari torinesi e finanziati dall’Amministrazione comunale spicca “Lettere dal carcere”: nato da un’idea dell’associazione Jonathan, il progetto si rivolge alle fasce più giovani della popolazione carceraria attraverso la cooperazione tra detenuti minori di 25 anni e coetanei in stato di libertà, per riflettere assieme sul senso della pena e della vita dietro le sbarre e lavorando in vista del reinserimento sociale. “Ho paura di morire in un mondo che ti uccide già da vivo” è uno dei pensieri più forti tra quelli emersi dalle lettere, simbolo di timori che valicano le mura alte e inospitali del carcere fino a diffondere l’idea che siamo tutti attori e protagonisti della stessa società.

La sfida della sanità

Lamentele continue sulla tutela della sanità hanno caratterizzato il 2022: Monica Gallo denuncia la “grave assenza di dialogo con gli operatori sanitari” e auspica di avviare al più presto un’interlocuzione più aperta e condivisa sulla base di quanto avvenuto con il polo ospedaliero Molinette. Qui il reparto destinato ai detenuti conta 17 posti letto e svolge importanti funzioni sia in tema di salute mentale sia nei confronti dei cosiddetti body stuffer: si tratta di individui che hanno ingerito sostanze stupefacenti nel tentativo di sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine e che, prima della definitiva chiusura richiesta dal Garante, venivano accolti presso la sezione filtro del carcere. Tra le sfide più urgenti, l’abbattimento dei tempi di intervento dei mezzi del 118, assai lontane dalle tempistiche normative stimate in 8 minuti per il territorio urbano e 20 minuti per quello extraurbano, dal momento della chiamata all’arrivo sul posto. I dati evidenziano come i tempi di intervento risultino superiori al doppio rispetto a quanto previsto a causa delle procedure operative in fase di accesso: “Occorre porre un’attenta riflessione sulle soluzioni da adottare per ridurre questa latenza” afferma Gallo, che punta il dito contro la “burocratizzazione del carcere che prevede tempi troppo lunghi di identificazione e di controllo all’ingresso dell’istituto”.

L’importanza del reinserimento sociale

Secondo il sindaco Lo Russo, “la modalità con cui un Paese affronta il tema del carcere fa la differenza in termini di sicurezza, perché questo impatta sulla questione della recidiva e, dunque, sul reinserimento di una persona nella società”. È un tema etico carico di valenza urbana e civile: citando l’articolo 27 della Costituzione, l’assessora al lavoro, formazione e sicurezza Gianna Pentenero, ricorda che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La garante traccia quindi il solco da seguire: sovvertire “il paradigma della colpa” prediligendo invece le prospettive di senso utili ai fini del reinserimento nella società.

Come affrontare realmente il nodo del reinserimento? Tra gli esempi più virtuosi del 2022 c’è senz’altro lo Sportello Dimittendi, nato con l’obiettivo di fornire alle persone in procinto di concludere il periodo di detenzione strumenti utili per affrontare l’uscita dal carcere evitando il disorientamento che caratterizza il ritorno alla libertà. Un modo concreto per sostenere chi è privo di solide reti familiari, sociali ed economiche attraverso la formazione e la preparazione al mondo del lavoro, la tutela sanitaria, l’accesso a opportunità di welfare (da misure di sostegno al reddito a soluzioni abitative) fino al supporto burocratico per la verifica dei documenti. “Dopo un anno positivo, auspico che con l’entrata in vigore della riforma Cartabia prevista il 30 giugno 2023 la città sia pronta alla sfida del rinnovamento” ha concluso la Garante Monica Gallo.

La garante per i diritti dei detenuti di Torino Monica Gallo fa il punto sulla condizione della popolazione giovanile carceraria.