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Intelligenza artificiale: ecco il futuro di Torino

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“Il futuro è adesso”: è questo il leitmotiv più ricorrente, la parola d’ordine che ha scandito tutte le fasi del convegno Intelligenza artificiale, blockchain, big data: quali prospettive per la valorizzazione del territorio?, organizzato da VisitPiemonte e moderato dal giornalista Luca De Biase.

Come evidenziato dall’AD di VisitPiemonte Mariagrazia Pellerino, la pandemia ha impresso un’accelerazione senza precedenti ai processi di digitalizzazione, e capitalizzare sull’euforia generatasi attorno all’implementazione del machine learning – l’apprendimento automatico delle macchine – potrebbe rappresentare un’opportunità importante non soltanto per il Piemonte – anche in considerazione della nomina di Torino come capitale italiana dell’I3A – ma per l’intera industria turistica italiana. “L’obiettivo è quello di porre le fondamenta utili per la costruzione di un turismo che inserisca, tra i suoi linguaggi, anche quello dell’intelligenza artificiale: da questo punto di vista, le macchine rappresentano un mezzo fondamentale per stimolare l’interconnessione e facilitare la gestione della filiera: sono dotate di reti neurali che le rendono in grado di risolvere problemi e prendere delle decisioni”.

Lo spunto sollevato da Pellerino ha più di un riverbero nella vita di ogni giorno: basti pensare agli algoritmi predittivi utilizzati in caso di recidiva dalle corti penali americane, alle auto senza pilota o, ancora, all’esempio dei Compressorhead, la band musicale composta da soli automi che suona classici punk e hard rock con la precisione di un movimento svizzero e la potenza di un martello pneumatico. Questi esempi dimostrano che la tanto agognata “quarta rivoluzione delle macchine” è già in corso. Quando, nel 1956, l’informatico statunitense John McCarthy coniò il termine Artificial Intelligence, allo scopo di indicare quel novero di metodologie e tecniche che consentono la progettazione hardware e software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana, la prospettiva di digitalizzare interi comparti produttivi veniva considerata poco più di una speculazione fantascientifica. Materia narrativa perfetta per un romanzo di Isaac Asimov, William Gibson o Philip K. Dick. Tuttavia, a distanza di poco più di quarant’anni, la fantascienza è diventata una realtà complessa, da maneggiare con cura.

Proprio per questo, secondo Pellerino, l’entusiasmo generale che caratterizza i discorsi sull’IA non deve indurre a una sottovalutazione delle possibili degenerazioni che potrebbero scaturire dalla consolidazione di questo nuovo paradigma (pensiamo ai problemi di gentrification generati dalla proliferazione incontrollata dei servizi di home sharing o, ancora, allo spauracchio della sostituzione tecnologica, tematica portante del World Economic Forum di Davos dello scorso anno). È indispensabile un primato della politica, la predisposizione di un governo che possa guidare in maniera razionale ed efficiente questi processi. “Non bisogna certamente approcciare la questione del machine learning con un piglio “neo-luddista”, vedendo nelle macchine unicamente un fattore di oppressione, una minaccia per l’occupazione, l’anticamera della sostituzione tecnologica – evidenzia Pellerino -. Ecco perché è indispensabile una gestione virtuosa di questi mutamenti, che possa trasformare queste tecnologie in strumenti posti al servizio dello sviluppo delle potenzialità umane”.

Dello stesso avviso è anche Paolo Costa, docente del Corso di Comunicazione Digitale e Multimediale dell’Università di Pavia: “L’IA non è neutrale dato che è condizionata dai pregiudizi di chi la concepisce: garantire la diversità nell’ambito della ricerca dell’innovazione è fondamentale. Non possiamo impiegare risorse sempre identiche (ad esempio, solo informatici e solo maschi) per portare avanti gli studi su queste tecnologie, perché le ricadute in termini sociali non sono da sottovalutare: curare la relazione tra l’essere umano e la macchina, più che la macchina in sé, è indispensabile. Ignorare i presupposti della macchina e i suoi modi di pensare porta a un’interpretazione scorretta dei suoi output. Dobbiamo ricreare le condizioni per la costruzione di un ecosistema dell’eccellenza”.

Pellerino ha sottolineato, inoltre, come gli strumenti dell’Iintelligenza artificiale possano rivelarsi utili per scongiurare gli effetti più disastrosi generati dall’industria turistica negli ultimi anni, come ad esempio il cosiddetto “effetto Venezia”. “Il caso di Venezia, soggetta a un processo di turistificazione irreversibile e ormai dipendente in toto dalla monocoltura turistica, dimostra che l’impiego dell’IA può essere importante per favorire una distribuzione turistica razionale sui territori e creare delle smart destinations. Prendiamo, a titolo esemplificativo, il caso di Amazon Explore, un servizio che, per somme tutto sommato modeste, consente di partecipare a dei tour virtuali che permettono di visitare determinati luoghi rimanendo comodamente seduti sul divano di casa: a mio parere, è un esempio perfetto di promozione “intelligente” del territorio”.

Secondo Jean-Pierre Darnis, Professore Université Côte d’Azur e Consigliere scientifico IAI, l’offerta turistica piemontese andrebbe estesa anche agli scettici della tecnologia: “Alla digitalizzazione della filiera dovrebbe fare riscontro la creazione di oasi libere dall’intelligenza artificiale al fine di attrarre i turisti più sensibili ai problemi della sorveglianza e dell’utilizzo un po’ distorto dei dati”. Marco Pironti, assessore allinnovazione della città di Torino, è sempre più convinto del ruolo guida di Torino in questa trasformazione: “L’IA è la tecnologia su cui abbiamo puntato perché è quello strumento che ha consentito al nostro territorio di non disperdere il proprio patrimonio industriale e imprenditoriale: manifattura, PA, finanza e sanità sono comparti in cui l’Intelligenza artificiale può consentire un passaggio tecnologico e culturale senza precedenti. La scelta di Torino come sede dell’Istituto Nazionale sulle intelligenze artificiali testimonia la bontà del lavoro fatto negli scorsi anni”.

La presenza di due istituti di eccellenza come il Politecnico e l’Università, l’aumento di giovani professionisti formati sui temi dell’innovazione e la capacità di attrarre aziende che posizionano laboratori di ricerca sul territorio rendono il capoluogo piemontese la guida ideale di questo processo di transizione.