La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Il movimento studentesco riunito al Liceo Gioberti: “Gli arresti? Non fermeranno la nostra protesta”

condividi

Undici misure cautelari, tre persone in carcere, quattro ai domiciliari e altre quattro sottoposte all’obbligo di firma. I fermi della Digos sono scattati questa mattina per sette militanti del centro sociale Askatasuna e altri quattro appartenenti a collettivi studenteschi. Il provvedimento è arrivato a seguito dell’indagine della Procura di Torino sull’assalto nei confronti delle forze dell’ordine dislocate a protezione della sede torinese di Confindustria, lo scorso 18 febbraio, in occasione della protesta studentesca per gli incidenti mortali degli studenti Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, avvenuti durante l’alternanza scuola-lavoro. Lesioni aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e violenza le accuse contestate da parte degli inquirenti. Non si è fatta attendere la reazione del “Kollettivo Studenti Autorganizzati del CSA di Torino” (il “braccio studentesco” di Askatasuna), che nel pomeriggio di oggi, 12 maggio, ha convocato una conferenza stampa davanti al Liceo Gioberti, in via Sant’Ottavio, per esprimere sostegno e vicinanza nei confronti degli studenti finiti in custodia cautelare. Affisso sul muro del liceo uno striscione con la scritta “Ci sfruttano, ci ammazzano, ci arrestano. Non riuscirete a fermarci! Tutte libere, tutti liberi”. 

movimento studentesco
La conferenza stampa del movimento studentesco torinese davanti al Liceo Gioberti

Il movimento studentesco: “il governo vuole criminalizzarci”

“Dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe e le cariche di piazza Arbarello è assurdo che ad essere criminalizzati siamo noi – sono state le parole cariche di rabbia di Cecilia, studentessa del liceo D’Azeglio e portavoce del movimento studentesco torinese – dopo delle mobilitazioni così grandi, che hanno visto scendere in piazza migliaia e migliaia di studenti, la risposta delle istituzioni è stata di violenza e repressione. Ai domiciliari adesso è finita anche una ragazza solo per aver parlato al megafono. È gravissimo che si trovi in questa situazione, soltanto per aver preso parola ed essersi espressa”, tuona la giovane. Sugli scontri avvenuti durante la manifestazione studentesca dello scorso 28 gennaio, in Piazza Arbarello, la stessa Cecilia poi aggiunge: “Ci sono state dita rotte e teste spaccate per le manganellate. Molti di noi hanno avuto prognosi di oltre 30 giorni”.

Dopo di lei, a prendere in mano il microfono è stata Elisa, studentessa del liceo Copernico, che ha affermato: “C’è chi lucra e continua a lucrare sul lavoro non pagato dei giovani studenti. Sono loro i colpevoli della morte di Lorenzo e Giuseppe. Anche il governo è responsabile del fatto, come delle politiche che hanno smantellato la scuola pubblica – e infine conclude – nei prossimi giorni continueremo quindi a mobilitarci contro il governo e l’alternanza scuola-lavoro”.

Parla Irene, la madre di uno dei ragazzi arrestati: “Mio figlio nelle mani delle istituzioni, ma ho paura”

“Mio figlio è stato prelevato con i mezzi classici della procura questa mattina – spiega Irene, madre di uno dei ragazzi arrestati e portavoce del “Comitato mamme in piazza per la libertà di dissenso” – non so di che cosa sia accusato, non sono ancora stati visionati gli atti della questura neanche dall’avvocato. Non ho ancora avuto modo di parlare con lui”, ha spiegato sulla situazione del figlio, studente presso la facoltà di Veterinaria all’Università di Torino, posto adesso sotto custodia cautelare nel carcere delle Vallette. Di lui ha preferito non rivelare nome ed età. Sempre la madre ha infine aggiunto: “Mio figlio è nelle mani delle istituzioni, ma ho paura delle Vallette. Non è senz’altro il posto migliore dove stare”. I timori della donna, come lei stessa ha riferito a Futura News, si fondano sulla notizia dello scorso aprile del rinvio a giudizio, firmato dal Giudice per l’udienza preliminare Francesca Abenavoli, nei confronti di 21 agenti di polizia penitenziaria del carcere ‘Lorusso e Cutugno’ (lo stesso dove ora si trova il figlio). Su di loro pende l’accusa di torture e maltrattamenti verso i detenuti. Oltre alle guardie carcerarie, a processo andrà pure Domenico Minervini, l’ex direttore della struttura.