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Elettricità, colonnine e soldi, Elena Candelo: “Partiamo dall’energia”

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Prima le infrastrutture e il nodo energetico. Poi la filiera. L’ automotive potrebbe essere l’occasione per ridisegnare il volto non solo economico di Torino e del suo territorio. Elena Candelo, professoressa di Economia aziendale e autrice di Il marketing nel settore dell’automotive, all’indomani dell’annuncio del sindaco Lo Russo di una piattaforma condivisa con la Regione per chiedere al governo di sostenere l’auto elettrica, richiama a una visione d’insieme.  

Professoressa, l’elettrificazione dell’auto è l’orizzonte nel settore dell’ automotive, ma cosa manca in Piemonte? 

Elettricità, colonnine e i soldi in mano alle persone per acquistare un’auto elettrica. 

Quindi su cosa bisognerebbe investire?

Primo step sono le infrastrutture. La rete elettrica è una priorità, in alcune aree di Torino è stato già fatto, in altre no. È una questione delicata, ad oggi manca una rete adeguata per trasportare la quantità di energia necessaria ed evitare blackout nei quartieri. Subito dopo viene il problema delle colonnine, un problema logistico da non sottovalutare.

In che senso?

Le colonnine andrebbero a togliere parcheggi, perché si creerebbero zone adibite unicamente alla ricarica delle auto elettriche. Un problema che non tocca tanto le periferie quanto il centro storico. Faccio un esempio: in quartieri come il Quadrilatero o San Salvario, dove c’è già un reale problema a parcheggiare, se vengono riservati parcheggi per le auto elettriche i posti auto diminuiscono ulteriormente. Questo diventa un problema per i residenti che pagano l’abbonamento.

Una possibile soluzione è la creazione di parcheggi sotterranei: sembrerebbe incoerente creare parcheggi per le auto tradizionali proprio ora che si vuole investire sull’auto elettrica. Anche se non bisogna dimenticare che le transizioni hanno bisogno di tempi lunghi. 

Quindi Torino, almeno per ora, non può dirsi pronta…

Esattamente. Anche perché bisogna considerare anche che l’Italia per la sua tradizione culturale e artistica non può stravolgere l’estetica di una città. Il  turismo è un settore rilevante: piazzare colonnine nel centro storico senza alcune attenzioni rischia di rovinare il volto di una città. Bisogna pensare a soluzioni alternative da applicare nel caso specifico italiano.  

A proposito di soluzioni alternative. In Piemonte ci sono realtà che esistono già e non vengono sfruttate?

Si e rappresentano un’altra reale possibilità di investimento. Ci sono piccole imprese che hanno già progetti in atto per la ricarica delle auto elettriche, soluzioni che vanno al di là delle colonnine. Per esempio una giovane azienda ha creato un cubo mobile che funge da distributore, una soluzione che andrebbe a risolvere il già citato problema dei parcheggi. Ci sono anche molte start-up che hanno idee interessanti sia dal punto di vista dell’elettrificazione sia sulla componentistica. 

E c’è il problema dell’energia. Oggi più che mai la crisi ha messo l’accento sulla questione. Come la produciamo?

In Piemonte ci sono già le competenze per produrre energia pulita, penso all’idroelettrico. Ma oltre ai metodi tradizionali, ci sono anche soluzioni innovative. Come, per esempio, sfruttare le onde del mare o il vento ad altissima quota. In ogni caso sarà necessario investire sulla ricerca e sullo sviluppo di nuove soluzioni per l’energia pulita. 

La ripresa è stata segnata anche dalla cosiddetta “crisi dei microchip”. Nel sud est, dove vengono prodotti, la pandemia ha rallentato la produzione. Questa situazione può spingere a un ripensamento verso una filiera più concentrata? 

I microchip sono un buon esempio. L’Europa non ha mai puntato alla produzione, mancano proprio le fabbriche, si è sempre appoggiata al mercato asiatico. Un investimento in questo senso sarebbe molto intelligente, nelle auto elettriche, ma non solo. I microchip sono necessari per l’infotainment, il telefono collegato con l’auto, il navigatore, i sensori, quindi è un componente necessario. Un sogno sarebbe riuscire ad  attrarre investimenti per la produzione di microchip. L’alternativa è costruire ex novo imprese per fabbricarli. 

E poi c’è il nodo batterie: in Italia si prevedono investimenti del gruppo Stellantis ma c’è il problema delle materie prime…

Esatto. E non sappiamo se basteranno per produrre tutte le batterie necessarie. In questo momento queste risorse si trovano in Africa, Cina e Sud America, di recente è stato anche trovato anche un giacimento di litio in Serbia. Un altro problema, che non è immediato ma su cui sarà necessario riflettere, è lo smaltimento. Anche questo potrebbe essere un campo su cui investire per cercare soluzioni alternative.

Le auto elettriche soppianteranno l’auto tradizionale?

Ci sono molti dubbi, sicuramente ci sarà una crescita e uno sviluppo. Il passaggio al 100% di tutte le auto, è difficile da immaginare entro il 2030 o 2040. C’è da dire che al momento sul mercato sono presenti motori diesel molto innovativi che ad oggi emettono una quantità di Co2 davvero bassa, e se noi facessimo una comparazione con l’auto elettrica non so quale delle due vincerebbe la gara di chi inquina meno. 

In Piemonte ci sono imprese che hanno un secolo di competenze alle spalle ma che non trovano spazio nella transizione verso l’elettrico, come possono sopravvivere? (se possono)

Questa è una domanda difficile. In Piemonte, proprio perché possiede capacità così sviluppate, e competenze radicate e specializzate nel settore dell’automotive, sarà ancora più difficile la riconversione. 

Usare queste competenze per creare auto tradizionali che inquinano meno e si inseriscono in modo parallelo all’auto elettrica può essere un’opzione per queste aziende? 

Secondo me si. Secondo i policy maker no. L’Unione europea ha detto che si dovrà passare all’auto elettrica. Ci sono grandi costruttori, come Volkswagen, che hanno escluso la possibilità di riuscirci nei prossimi 20 anni, altri tacciono e attendono, per capire quanto faranno effettivamente sul serio i decisori politici. C’è da dire che si parte sempre con obiettivi molto rigidi e poi le soluzioni di compromesso arrivano con il tempo. Anche perché, a causa della transizione verso le auto elettriche, molte aziende dovranno far fronte a licenziamenti importanti, alcune rischiano di chiudere.

A proposito, i fondi richiesti dal sindaco Lo Russo come dovrebbero essere distribuiti? Andranno a tamponare il problema dei licenziamenti o serviranno per investire nell’innovazione?

Non si può pensare di dividere la città in due, una che guarda al futuro e una che viene lasciata indietro. Sarebbe per esempio interessante creare un ente che potrebbe sia appoggiare le imprese che esistono già, sia ascoltare le start up e da valutare come ridistribuire i fondi. Serve una visione totale sul territorio per creare un dialogo costruttivo.