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Concorso ordinario scuola: l’opinione delle candidate

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Dal 14 marzo sono iniziate le prove scritte dell’attesissimo – doveva svolgersi tra il 2020 e il 2021 secondo le promesse del ministero dell’Istruzioneconcorso ordinario di abilitazione all’insegnamento per medie e superiori. Tra i candidati e le candidate si sono subito accese le polemiche per il poco preavviso sul calendario delle prove – il concorso è stato bandito con sole tre settimane di preavviso – e sui programmi, che per alcune categorie non erano chiari. In particolare per le classi ab24 e ab25, quelle dell’insegnamento dell’inglese. Noi di FuturaNews abbiamo parlato con alcune candidate che hanno preso parte al concorso.

“L’abbiamo saputo praticamente due settimane prima – ci ha raccontato Antonella, abruzzese – dopo due anni durante i quali la prova è stata pure cambiata: siamo partiti da un esame preselettivo durissimo e ci siamo ritrovati con le crocette”. Lei, come quasi tutte le persone della sua batteria, è stata bocciata. In alcune regioni a passare lo scritto è stato il 20% dei e delle partecipanti. “A me è venuto da ridere, nei manuali che abbiamo usato per preparare l’esame c’era proprio scritto che il test a risposta multipla è il peggiore metodo di valutazione – ha continuato – che può non rispecchiare il livello di preparazione”. Ad esempio Antonella, che ha preso delle certificazioni Cambridge privatamente per attestare il suo livello, sente di “non essere stata valutata sulla lingua”, un aspetto fondamentale se si va ad insegnare inglese.

Laura invece, che vive a Torino ma ha fatto il test in Toscana, è passata, sia per insegnare alle medie sia alle superiori: “Quando abbiamo visto le domande c’è stato un momento di stupore generale. Ci siamo guardati negli occhi, non potevamo parlare. Abbiamo capito subito che il tipo di domande non era quello che ci aspettavamo”. Su 50 domande, 16 erano relative al Cefr, il quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue. In particolare, si chiedeva di conoscere nel dettaglio i “descrittori”, ovvero le definizioni utilizzate per stabilire il livello degli studenti. Ad esempio chi ha il B2 “comprende le idee principali di testi complessi su argomenti sia concreti che astratti, comprese le discussioni tecniche sul suo campo di specializzazione”, mentre chi ha il C1 “comprende un’ampia gamma di testi complessi e lunghi e ne sa riconoscere il significato implicito”. Dall’altra parte invece Laura lamenta che “le domande di letteratura si contavano sulle dita di una mano”. Una scelta “ingiustificata” per Laura, che ricorda che gli e le insegnanti non sono chiamati a valutare gli alunni in questi termini.

Persino per Valeria, torinese che ha passato lo scritto e non appoggia del tutto le polemiche, le domande sui descrittori erano “una cattiveria del ministero”: “Il quadro comune europeo è uno strumento di consultazione, è come un dizionario per noi”. Tuttavia, conoscere il Cefr per lei è fondamentale: “Il quadro è uno strumento con cui ci dobbiamo confrontare, non tanto per essere bravi o meno quanto perché i nostri studenti devono avere una competenza spendibile in ambito europeo. Conoscerne l’evoluzione teorica è importante perché deve portare un cambiamento anche nel modo di insegnare”. Ad esempio, se prima il percorso didattico si doveva basare su “listening, reading, writing, speaking” ora invece si parla di “reception, interaction, production, mediation” e secondo Valeria è compito dell’insegnante saperlo, per adeguarsi.