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Concorso scuola: troppi bocciati, ma impossibile che tutti siano inadeguati

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Il concorso ordinario della scuola era atteso da anni da circa mezzo milione di candidati. Una platea variegata, che va dalle persone neolaureate in cerca di una prima porta d’ingresso nel mondo del lavoro a chi naviga a vista da anni nel sottobosco dell’istruzione, senza riuscire a uscire una volta per tutte da una routine scandita da precarietà e incertezza costanti.

Purtroppo, contrariamente alle aspettative di chi anelava alla tanto agognata cattedra di ruolo, la percentuale dei bocciati nelle prime rilevazioni è stata altissima (in alcune classi di concorso si è arrivati addirittura a picchi dell’80%, come accaduto in Piemonte, Friuli, Lombardia e Puglia).

Ci sono commissioni che hanno fatto registrare zero ammessi e moltissime non più del 5%; una delle “migliori” performance è stata registrata in Puglia, dove per la classe di concorso di Inglese – AB24 e AB25 – ha superato la prova un quarto dei partecipanti; sempre in Puglia, è esemplare quello che è accaduto con la A022 (Italiano, Storia, Geografia nella scuola secondaria di primo grado), con la prova computer based del 21 e 22 marzo superata soltanto da 87 aspiranti docenti a fronte di 2.300 candidati, con appena il 3,7% di partecipanti allo scritto che potrà svolgere l’orale.

Vista dall’ottica della maggior parte dei candidati, la prova d’ammissione ha avuto l’aspetto di una specie di terno al lotto. Lo conferma anche Mauro, che insegna da anni nelle scuole superiori e ha un curriculum di assoluto valore, in cui spiccano un dottorato di ricerca e un Visiting Fellow alla Yale Divinity School. “Le domande non erano particolarmente difficili”, spiega Mauro, “il problema, semmai, erano le risposte, che alle volte avevano dell’assurdo: ad esempio, si assomigliavano tantissimo tra loro o presentavano più di un’opzione valida. Io non sono sfavorevole a priori alle domande a risposta multipla, ma devono essere fatte con cognizione di causa, premiare un’ottica qualitativa. Questo test, strutturato secondo queste modalità, incarna tutto ciò che la scuola non dovrebbe essere: un luogo in cui ingannare gli altri”.