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“Caro Pier Paolo”: le lettere di Dacia Maraini per l’amico Pasolini

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“Ho visto Pier Paolo in sogno e per questo ho deciso di scrivere il libro”. È l’amica di una vita: Dacia Maraini rievoca Pasolini nel centenario dalla sua nascita, con un’opera che tiene insieme tanti particolari di una personalità sfaccettata e di incredibile fascino. “Nella mia visione onirica, era vivo. Camminava sul mio terrazzo e mi diceva di voler riprendere a fare film”, continua la scrittrice. “E non era solo. C’erano anche i suoi tecnici, che misteriosamente erano apparsi dietro di me, brontolavano e mi chiedevano: ‘Dacia, per favore, digli che è molto e non può più fare film’. Io mi sentivo in imbarazzo, non volevo mortificarlo. Così prendevo tempo. Poi improvvisamente Pasolini è scomparso, insieme con lui anche i suoi tecnici”. Il sogno è finito, ma Maraini lo interpreta come un segno e riannoda in un libro i fili di un’esistenza breve ma intensa.

“Caro Pier Paolo”, uscito a marzo per Neri Pozza, è un memoir fatto di ricordi, di esperienze condivise, di idee, in forma di lettere aperte, da cui emergono diverse peculiarità del carattere di Pasolini. “Un intellettuale libero e sincero che ha pagato con la vita la sua sincerità”. Così lo definisce Dacia Maraini. Si conobbero probabilmente a Roma, negli anni ’60, nel fermento d’idee di un’epoca nuova, elettrizzante. Era usuale che scrittori, musicisti e pittori trascorressero del tempo insieme nei caffè della città. Si parlava di progetti, di futuro, di cambiamento. Aspetti che trapelano tra le righe delle lettere di Maraini a Pasolini: ci sono gli incontri personali e pubblici, ci sono i viaggi – lo Yemen e soprattutto l’Africa in compagnia di Maria Callas, segretamente innamorata di lui -, c’è Roma, c’è Alberto Moravia, compagno di Maraini, ci sono le discussioni sulla borghesia e sul capitalismo.

Un dialogo ininterrotto di memorie condivise, che neppure la morte prematura dello scrittore – avvenuta il 2 novembre 1975 in circostanze misteriose – può arrestare. “Con questo libro chiedo a Pasolini di ricordare con me le tante cose stravaganti che abbiamo vissuto insieme”, spiega Maraini, che traccia, lettera dopo lettera, la geografia di un carattere: il suo essere provocatorio e contrario ai luoghi comuni, la sua schiettezza nell’affrontare la realtà, ma anche la solitudine a cui fu irrimediabilmente condannato, sempre, per i suoi 50 anni di vita. Ma a parlare, in “Caro Pier Paolo”, non è solo l’autrice: i versi di Pasolini emergono qua e là, intervallando il tessuto delle lettere, come in una melodia cadenzata a due voci. “Io credo che il suo testo più attuale non appartenga agli scritti sociali e politici”, spiega Maraini. “Ciò potrebbe sembrare paradossale, ma penso che per capire Pier Paolo si debba partire dalle poesie e dai suoi brevi romanzi postumi, intensissimi e coraggiosi: ‘Amado mio’ e ‘Atti impuri’, in gran parte autobiografici”.

Un diario di vita, più che un congedo: con “Caro Pier Paolo”, Dacia Maraini lancia un messaggio d’affetto, di stima e rispetto, a un amico che non c’è più. Un legame sincero, cementato da anni di condivisione e scambio: “L’amicizia, io credo, nasce quando si scopre che si può stare vicino all’altro senza sentire il dovere di intrattenerlo, per il semplice piacere di stare insieme”. Un legame che va oltre i confini del tempo.



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