Steve Della Casa: “Pasolini è inesauribile”

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Pasolini è inesauribile, “perché ogni volta che ci scavi dentro trovi qualcosa”, a dirlo è Steve Della Casa, direttore artistico del Festival del Cinema di Torino. Forse per questo non bastano cento anni. Pasolini non è uno che si ricorda, è uno che si vive, perché il sale che ha gettato nelle ferite dell’Italia brucia ancora. Violento, crudo, spregiudicato. Pasolini apre squarci dolorosi, preme sui nervi scoperti della società. Lui provoc, e, per dirla alla Bertolt Brecht, la provocazione è un modo di rimettere la realtà in piedi.

Chi è Pasolini per Steve Della Casa?

Un rivoluzionario. È una delle persone che maggiormente ha rinnovato il cinema italiano negli anni 70 con un percorso personale, originale. Ha avuto nel cinema italiano lo stesso impatto di Godard sul cinema francese. Del resto hanno fatto anche un film insieme, Rogopag. Avevano lavorato anche con Rossellini e Gregoretti, da lì il nome Rogopag. 

Moravia nell’orazione funebre per Pasolini diceva che la sua sarebbe stata una voce vera anche tra 100 anni. Oggi, nel centenario dalla sua nascita, è così?

Continua ad avere una modernità enorme, fortissima, sorprendente. Non solo dal punto di vista del linguaggio cinematografico, Pasolini è stato profetico all’epoca e riesce a essere attuale ancora oggi. Lui, prima di tutti, ha visto cose che sarebbero arrivate poi dopo. 

Per esempio?

Intanto è stato il primo a capire che l’Italia degli anni ‘70 sarebbe cambiata in modo irreversibile. C’era il boom industriale e economico, nulla sarebbe rimasto come prima. E così è stato. L’Italia era un paese rurale, religioso, parsimonioso, si è trasformata nel giro di poco tempo in metropolitano, laico e consumista. Pasolini l’ha colto e l’ha raccontato benissimo. E poi il lavoro su Petrolio, il libro che non ha potuto finire. È stato il primo a capire quanto nelle trame nere, nei tentativi di golpe, ci fossero i grandi industriali, in quel caso i petrolieri, in particolare Eugenio Cefis che era a capo dell’Eni. Anche su quello è arrivato prima di molti altri.

Muccino qualche anno fa aveva detto che Pasolini non era un vero regista, cosa ne pensi?

Penso esattamente all’opposto. Lui era uno sceneggiatore di successo, si pensi alla Notte brava di Bolognini tratto dal racconto di Pasolini. Ha cominciato a fare il regista proprio perché era insoddisfatto di come venivano trasportate sullo schermo le sue sceneggiature. Gli sembravano film troppo leccati, troppo perfetti, curati. Lui voleva essere portatore di uno stile più selvaggio e innovativo, cosa che ha fatto. Si pensi ad Accattone, Mamma Roma, il Vangelo secondo Matteo, sono film imbevuti di quello spirito rivoluzionario della Nouvelle Vague francese. Lavorava con attori non professionisti, usava troupe molto leggere, erano film non troppo scritti, non erano schiavi della sceneggiatura, molto lavorati sul momento, usava immagini sporche. Un cambio di passo totale.

Anche sui temi. Pasolini è stato maestro di scandalo, impossibile non pensare a Salò: coprofagia, feticismo, violenza. Oggi, in un mondo dove non sembra più esserci nulla da dissacrare, cosa creerebbe scandalo nel cinema?

Per me Salò, un film che ha quasi 50 anni, rimane ancora oggi il film più disturbante. Pasolini vuole raccontare il sesso che da elemento di liberaizione si trasforma in arma di oppressione. Salò arriva dopo la trilogia della vita, era il primo film della trilogia della morte, che non ha concluso, e riesce in maniera violenta a raccontare proprio quella cosa lì, il sesso usato dal potere per controllare le persone, mostra la mercificazione del corpo. Si pensi ai quattro fascisti che portano i ragazzi in una casa di campagna sfogando sui loro corpi perversità terribili. La forza di quelle immagini è estremamente disturbante, dirompente. Ha la capacità di leggere proprio come sono i meccanismi di microfisica del potere, come direbbe Jean Baudrillard. 

Ancora oggi?

Assolutamente. L’ho rivisto l’ultima volta tre anni fa, stavo preparando Pasolini per l’Espresso, e mi sono proprio reso conto che è un film di una forza impressionante, ha capacità di essere disturbante, impressionante. È uno che sa creare scandalo perché va a toccare nervi scoperti, dentro di noi e dentro la società.

È il suo film preferito di Pasolini?

Sì, insieme a Mamma Roma. Lì c’è un pezzo che trovo straordinario: quando Anna Magnani è sul marciapiede, lei fa la prostituta e inizia quel monologo accompagnata da gente che le sta dietro, poi se ne va, arrivano altri ancora, tutto si incastra in un lungo piano sequenza, una delle sequenze cinematografiche più complesse e difficili e lui riesce a dare una naturalezza impressionante: un capolavoro. 

Per il centenario quali sono le iniziative più interessanti dedicate a lui ?

Ce ne sono tante, una che segnalo è la proiezione de La macchinazione di David Greco. Un film molto bello che racconta una controinchiesta che lui ha fatto sulla morte di Pasolini. Un progetto forte, importante, è una delle migliori maniere di ricordarlo. L’altra è quella di vedere i suoi film con attenzione, perchè guardano ancora all’oggi e parleranno anche al domani

C’è qualche regista oggi che ti ricorda Pasolini?

No. Non credo ci sia qualcuno con una complessità paragonabile alla sua.