Carceri, doppio allarme: con il sovraffollamento vaccinazioni al palo

Le carceri non possono rimanere chiuse ai vaccini, e i detenuti non devono essere trattati soggetti di diritto di serie B nello svolgimento della campagna vaccinale, a maggior ragione in una congiuntura delicata come quella attuale, contrassegnata da una escalation in termini di contagi: è questo il messaggio fondamentale del sit-in che, questa mattina, ha visto coinvolti in Piazza Castello gli esponenti cittadini della sezione locale del Partito Radicale.

Secondo il portavoce nazionale e presidente dell’associazione Marco Pannella di Torino Sergio Rovasio, i nodi da sciogliere sono, essenzialmente, due: “La prima necessità è quella di stimolare un’accelerazione delle somministrazioni all’interno degli istituti di detenzione. La garante dei detenuti della città di Asti ha annunciato negli scorsi giorni l’inizio delle inoculazioni, incentivata dalla rilevazione di un focolaio gravissimo all’interno del carcere di Asti, che ha coinvolto detenuti e personale penitenziario. Purtroppo, la penuria di informazioni sul tema complica moltissimo il nostro lavoro”. L’altra spinosità è quella connessa al tema dei colloqui: “Anche in questo caso abbiamo registrato delle gravi carenze: ai detenuti è consentito contattare i parenti con WhatsApp, usufruendo degli smartphone messi in dotazione dai penitenziari, dal momento che gli incontri vis-à-vis continuano a essere vietati. Tale provvedimento però, rischia di aggravare la crisi in atto, dal momento che il passaggio dei dispositivi tra i detenuti potrebbe costituire un ulteriore fattore di contagio,” conclude Rovasio.

Anche Oltre il virus, il diciassettesimo rapporto sulle condizioni di detenzione stilato dall’Associazione Antigone, pubblicato a inizio marzo, fotografa una situazione preoccupante, principalmente dovuta alla condizione di sovraffollamento tipica delle carceri italiane: in un anno c’è stato un calo di circa il 12 per cento del numero dei detenuti nelle carceri italiane, ma resta ancora superiore a quello dei posti regolamentari. E per rientrare nella “legalità” occorrerebbe “deflazionare il sistema” di 4-8mila persone. Non dovesse bastare, in un anno fortemente condizionato dall’emergenza coronavirus, il sovraffollamento, “da condizione oggettiva di trattamento degradante” è “diventato – sottolinea l’associazione, che dal 1998 entra con i suoi osservatori negli istituti di pena per monitorarne le condizioni di vita – anche questione di salute pubblica”: è quindi necessario alleggerire ancora la pressione.