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Atp Finals: le nostre pagelle

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Non sono ancora finite, ma per le Atp Finals a Torino è già tempo di bilanci, anzi, di voti. Certo, mancano ancora diverse partite per chiudere il più prestigioso torneo di tennis al mondo, ma un evento del genere va oltre lo sport. Fuori dal campo da tennis, le Finals muovono migliaia di persone, creano un’atmosfera nuova, generano anche un ritorno economico per la popolazione… almeno nelle intenzioni degli organizzatori e degli amministratori.

Ecco le nostre pagelle per le prime Atp Finals torinesi, al netto dei risultati sportivi ancora da registrare.

Il clima: voto 5 +, fuori dal centro l’inverno è più freddo

Anche l’occhio vuole la sua parte, e l’estetica di queste Atp Finals è stata segnata da un kitsch rurale. Entrando in Piazza San Carlo, con i suoi due enormi capannoni blu elettrico plastificati, si ha più l’impressione di partecipare alla Sagra del peperone di Carmagnola, e non a uno dei più importanti tornei di tennis professionistico al mondo. Poi è stato sistemato nei ditorni il logo di “Torino so much of everything” messo un po’ a caso per terra, qualche pallina da tennis che sbuca dalle vetrine di via Roma, e alcuni calzettoni, visiere, completini per addobbare i negozi del centro. Uno stile debole, ma la vera pecca sta nella mancata capillarizzazione dell’evento. Ci sono due poli: il Pala Alpitour e piazza San Carlo, andando oltre diventa sempre più rarefatta l’aria di festa. Superato il raggio di un chilometro è difficile ricordarsi che Torino sta ospitando le Atp Finals. Anche i ristoratori sono vittime di questa centralizzazione, tanto da definirsi di Serie B, se non sono proprio in Piazza Castello e Piazza San Carlo. L’evento poteva essere un buon modo per creare rete e scambi, ma non è stato così, ancora una volta le periferie sono state dimenticate, e il centro ha vissuto le Finals a macchia di leopardo. Un 5 perchè non si è raggiunta la sufficienza, il + d’incoraggiamento per i prossimi anni. 

I ritorni economici: voto 6/7, i turisti arrivano ma stanno in centro

Uno dei punti cruciali per valutare l’impatto delle Finals sulla città: il commercio e il turismo hanno avuto benefici? Per Fabio Borio, presidente di Federalberghi Torino, sì: “Siamo soddisfatti, considerate le condizioni: siamo in un anno di pandemia e il tennis non ha l’attrattiva immediata del calcio. Serviva un anno ‘di ingresso’, ma nei prossimi ci aspettiamo un’affluenza ancora più alta, sia perchè si spera che la capienza del PalaAlpitour sarà al 100%, sia perchè si potranno organizzare altri eventi legati alle Atp che valorizzino non solo l’aspetto sportivo, ma anche il territorio”. Il caos dei biglietti annullati ha colpito anche gli alberghi? “Sì, in parte, abbiamo avuto diverse cancellazioni purtroppo. Ci sono stati anche arrivi last minute, però, che in parte hanno coperto il danno”. 

Sulle attività più strettamente turistiche, come le attrazioni culturali, è invece presto per dare i numeri. L’ente comunale Turismo Torino sta ancora raccogliendo dati, specialmente nella zona di piazza San Carlo, per creare un profilo del “turista tipo” delle Atp Finals. Chi ha sentito meno l’effetto Finals, apparentemente, sono i commercianti fuori dal centro. Un barista di via Po, non esattamente periferia, racconta di essersi sentito come “di Serie B” e di non aver avuto un aumento di clientela legato ai turisti. Un’altra, in piazza Castello, conferma invece che tra turisti e appassionati di sport, italiani e non, i clienti sono aumentati. Un impatto chirurgico, quindi. Probabilmente non proprio quello che speravano le giunte Appendino e Lo Russo.

L’organizzazione: voto 3 -, il caso biglietti è imperdonabile

Si è già partiti sotto il segno del ridimensionamento. Il progetto iniziale prevedeva un Villaggio intorno al Pala Alpitour che doveva ospitare padiglioni temporanei e il campo di riscaldamento dei campioni. L’obiettivo era coinvolgere, generando un effetto rimbalzo sul modello Torino 2006, strutture come la Piscina monumentale, la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, lo Sporting. Niente di questo, e va pure peggio. C’è la pandemia e il cambio di sindaco, due fattori che non hanno sicuramente aiutato. L’incertezza dettata dal Covid-19 ha fatto muovere quasi tutti in punta di piedi, il passaggio di testimone politico ha creato un cortocircuito: Appendino sapeva che non sarebbe più stata sindaco, e Lo Russo non poteva prevedere la vittoria con certezza. Ma sono attenuanti che non bastano a giustificare un’organizzazione sottotono e piena di falle. 

Un primo piano per raccontare il fallimento delle Atp Finals va fatto sulla decisione che ha escluso tra i 15-20 mila spettatori, quelli che mesi prima avevano regolarmente acquistato i pass. Non è ancora chiaro contro chi si deve puntare il dito, ma la figuraccia è indiscutibile. Ad alimentare la spirale di errori c’è la grande incognita di queste Finals: il criterio di annullamento dei biglietti. Non sembra seguire l’ordine cronologico, e sarà necessario non solo risarcire il danno, ma fare chiarezza e dare risposte. La revoca dei biglietti inoltre ha innescato altro caos, molti sono entrati nonostante i pass invalidati e la percepita disparità di trattamento ha creato malumori che hanno inevitabilmente segnato in negativo il ricordo di queste Atp Finals. 

Oltre il 3 non si può proprio andare, il meno è per l’organizzazione approssimativa. Quegli errori ingenui, che sarebbero potuti passare inosservati ma all’interno di un quadro già difficile, pesano tantissimo. Esempio principe sono le scale dei capannoni di Piazza San Carlo realizzate con materiali non adatti in caso di pioggia. È stato necessario coprirle con sgraziati teloni impermeabili per evitare che si inzuppassero d’acqua. Ora non prevedere la pioggia, a Torino, nel mese di novembre, è abbastanza ingenuo. 

Lo sport: voto 6 “politico”, tra eccellenze e sfortuna.

Tutto sommato, è questo che conta davvero. Dopo essersi sistemati negli alberghi, aver vissuto il clima della città e aver navigato le procedure di ingresso nel palazzetto, l’esperienza di turiste e turisti sportivi dipende dalla partita. Non si può dare un voto definitivo al lato sportivo (domani si giocano le semifinali, domenica la finale), ma si può partire con un 6 che è la media tra due voti. Da una parte, diamo 8 ai grandi campioni e alle nuove promesse: Djokovic si mangia il campo, ancora; Sinner ci fa sognare travolgendo Hurkacz e mettendo alle corde il numero 2 al mondo Medvedev – la partita finisce al tie-break del terzo set – nonostante la possibilità delle semifinali fosse già sfumata per colpa del regolamento. Dall’altra parte, voto 4 alla sfortuna dei ritiri: Berrettini prima, Tsitsipas poi, lasciano il torneo e l’amaro in bocca ai fan dello sport, anche al di là della nazionalità. Avranno altre occasioni in futuro, ma la prima edizione delle Finals torinesi non può non dirsi impoverita per averli persi. Si aggiunge, peraltro, anche un Hurkacz in chiara difficoltà fisica nella sua ultima partita, oltre ai vari Federer, Nadal e Thiem che nei mesi scorsi sono stati bloccati da infortuni: una conferma per chi, di anno in anno, sostiene che si giocano troppe partite, e così i giocatori arrivano a fine stagione rotti, semi-rotti o con le batterie scariche. Una nota in chiusura al regolamento che condanna Sinner già prima dell’incontro con Medvedev: è davvero necessario penalizzare le riserve in questo modo? Nella storia delle Finals, nessuna riserva (sono state 13) ha mai raggiunto le semifinali, anche quando ha vinto entrambe le partite a disposizione. Così, verrebbe da dire, meglio non farli giocare proprio.

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