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Allarme di Bonomi: “Pnrr impossibile per l’Italia”

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“L’ultima rata di questo debito la pagherà chi non è ancora nato”. I timori del presidente di Confindustria Carlo Bonomi sono inequivocabili. Intervenendo alla celebrazione dei cinquant’anni di Confindustria Piemonte, presso la Nuvola Lavazza, il leader degli industriali italiani non nasconde il suo pessimismo sulla capacità del sistema pubblico e del governo italiano di gestire i fondi del Pnrr. “Il Pnrr – attacca Bonomi – è uno strumento in aggiunta rispetto agli investimenti degli Stati. Purtroppo l’Italia per investire oltre i 100 milioni ci mette in media 15,7 anni, quindi entro il 2026 è impossibile”. L’obiettivo del Pnrr, prosegue Bonomi, sarebbe anche quello di indurre gli stati a fare le riforme per lavorare sui gap e modernizzarsi. Ma l’Italia non lo sta facendo abbastanza: “Il mio timore è che rendicontiamo qualsiasi cosa per far vedere che siamo in grado di spendere”.

Il presidente degli industriali è cautamente positivo sul cuneo fiscale: “Pensiamo sia l’inizio di un percorso, ma perché abbia un effetto concreto è necessario che sia un intervento, importante intorno ai 16 miliardi. Certo, in corso d’anno è difficile un intervento strutturale. Prendiamo come buon auspicio avere dedicato quelle poche risorse. La vera sfida sarà la legge di bilancio”. Bonomi ribadisce che gli industriali sono disponibili a rinunciare alla tax expenditure purché il governo li metta tutti sul taglio strutturale del cuneo fiscale: “Stiamo parlando di quasi 14 miliardi. Noi siamo disposti a questa sfida, adesso sta il governo”.

Bonomi ha chiuso una mattinata di confronto tra politici e imprenditori aperta dall’intervento del padrone di casa, Marco Lavazza. Per Lavazza il Pnrr non basta a cambiare il Paese: “Serve maggiore collaborazione tra pubblico e privato”. Per Lavazza la pandemia ci ha insegnato che si può lavorare insieme e da lì si deve partire. Per il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, in videocollegamento, si deve incrociare il fattore demografico con la formazione: “Siamo una società anziana che ha bisogno di reinventarsi: occorre fare leva soprattutto sui grandi atenei”. E sul cambiamento climatico Pichetto Fratin ricorda che “ci sono direttive europee che siamo obbligati a rispettare. Dobbiamo cercare un percorso di equilibrio considerando anche le nostre debolezze”.

Per il presidente della Regione Alberto Cirio, sul Pnrr la sua Regione non sta facendo male: “Su sei miliardi assegnati, ne abbiamo già impiegati quattro. I restanti saranno opere e investimenti sui servizi”. Ma il problema delle lungaggini burocratiche è reale: “In un Paese complicato come il nostro – denuncia – ‘quelli del no’ hanno talmente tante opportunità di fermare le cose che saremo sempre fermi”. Per il governatore l’ambiente è un tema chiave, ma con senso della realtà: “Essere pragmatici non vuol dire non amare l’ambiente, ma far prevalere la soluzione dei problemi”. E conferma la sua posizione a favore del termovalorizzatore e del nucleare in Italia: “Non dobbiamo avere paura che si dica sì al nucleare nel nostro Paese”.

Sui fondi europei, il sindaco Stefano Lo Russo, si è rivolto direttamente al governo, lanciando una provocazione: “Diano le risorse a chi ce la fa. Alcune amministrazioni non riescono a spendere i soldi del Pnrr, non rimandateli indietro all’Europa. Dateli a Torino piuttosto, visto che riusciamo a spenderli”.

Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, dopo aver ricordato l’imprenditore torinese Giuseppe Pichetto, scomparso lo scorso 5 maggio, ha chiesto che il Pnrr sia accompagnato dal contributo delle imprese, ma pure dalle riforme, “attese da oltre vent’anni”.

Il ministro alla Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo prova a smorzare i toni: “Abbiamo un programma di modernizzazione, a partire dal capitale umano. La vera sfida è che sia all’altezza, vogliamo rendere attrattiva la nostra organizzazione. Basta parlare di posto fisso”. Per semplificare la burocrazia, l’Unione europea ha dato indicazioni chiare: “Abbiamo 600 procedure da alleggerire entro il 2026, la prima metà entro l’anno prossimo, ma stiamo lavorando per concludere entro il 2023”. Ma anche su questo punto, Bonomi incalza: “Quando noi imprenditori sentiamo parlare di semplificazione ci vengono i brividi, perché ogni volta che si cerca di fare un passo avanti alla fine se ne fanno due indietro”.

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