Spinta sull’acceleratore per l’autonomia differenziata. La Regione Piemonte risponde così dopo la visita di venerdì 24 febbraio a Palazzo Lascaris del ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli. Colui che una volta si sarebbe presentato in cravatta verde, pronto a difendere a spada tratta i disegni secessionisti o i progetti di devolution, ieri ha illustrato l’attuale cavallo di battaglia leghista in settima commissione del Consiglio regionale: il disegno di legge sulle autonomie.
Un credito verso lo Stato di 11 miliardi di euro
A fargli da sponda, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio: “I piemontesi hanno un residuo fiscale di 11 miliardi di euro con lo Stato italiano, è l’ammontare in più della somma dei servizi che ricevono. Credo che ci sia una stortura di fondo”. È così che ha motivato il suo benestare, accodando il Piemonte alle altre regioni favorevoli alla riforma: “Ancora oggi manca equità e c’è un sistema centralista. Con l’autonomia differenziata siamo certi che attraverso la via della responsabilità degli amministratori e delle competenze lasciate ai territori si possa ottenere maggior trasparenza, efficienza e risparmio”.
“Partire dalle materie meno complesse”
Un disegno di legge ancora in definizione, ma che chiuderebbe il cerchio del federalismo fiscale avviato nel 2008, ha spiegato il ministro (“Oggi va completato”). Cardine del testo, se non altro, è il ping pong di competenze legislative fra Stato e regioni: “Ne segnalo 23 in tutto, sotto ogni dicitura si comprendono ulteriori competenze e soprattutto sono in progressione – ha detto Calderoli – Ho visto che il Piemonte chiede 17 materie. L’autonomia regionale potrà comunque chiedere una o più materie, ma ragionevolmente bisogna partire da quelle meno complesse per verificarne la fattibilità e poi progredire“. Il punto di partenza? “Le regioni devono dimostrare il merito, i conti in ordine e devono far vedere d’avere amministrato bene quanto a loro disposizione”.
Il ritorno delle province
Altro tema in gioco è il ripristino delle province come ente locale. Perfette come “ente intermedio che colleghi la Regione ai piccoli comuni”, ha affermato il vicepresidente della Regione Fabio Carosso, che poi ha proseguito: “Bene ha fatto il ministro a sottolineare come la riforma Del Rio sia stata problematica. Ben venga una riforma che possa farci tornare alle province. Noi abbiamo il 51% di territorio montano e quindi sappiamo quanto sia importante anche rivedere la normativa che riguarda questa fondamentale fetta del territorio piemontese e italiano”.
Il no delle opposizioni
Oltre alle critiche grilline per “il solito comizio in pompa magna” e l’assenza di Unione popolare in aula (fra l’altro, anche di FdI), il Partito democratico ha storto il naso di fronte al testo: “Rischia di spaccare in due l’Italia – ha commentato il consigliere dem Domenico Ravetti – Occorre eliminare la devoluzione su scuola e sanità, aprire un confronto serio e, soprattutto, scrivere insieme una riforma che, realizzata in questo modo, rischia di mettere in crisi il Paese, aumentando le diseguaglianze”. Accuse che il ministro Calderoli ha subito rispedito ai mittenti, prima dicendo di “star attuando una parte della Costituzione, relativa a diritti civili e sociali, senza mettere bandiere politiche” e poi mettendo i puntini sulle i: “L’Italia non ha due ma 5 o 6 velocità già oggi. Noi vogliamo adeguare tutti a un’alta velocità con il Nord come locomotiva e il Sud locomotore di spinta”.