Per il mondo dell’informazione il 3 maggio è una data fondamentale, una di quelle che bisogna segnare in rosso sul calendario: oggi si celebra, infatti, il World press freedom day, la giornata mondiale per la libertà di stampa. Nel 1993 l’Assemblea generale dell’Onu individuò, su proposta dell’Unesco, la ricorrenza del 3 maggio in memoria della dichiarazione di Windhoek, tenutasi nel 1991 in Namibia per promuovere la libertà di stampa nel continente africano. Oggi, a più di trent’anni dalla sua istituzione, il World press freedom day offre a istituzioni, cittadini e professionisti del settore l’opportunità di riflettere sulla necessità di un’informazione libera ed etica, valori da difendere contro gli attacchi che minano l’indipendenza dei media e che mettono a repentaglio la sicurezza dei giornalisti, compresi i tanti che ogni giorno perdono la vita o sono costretti a pesanti limitazioni della propria libertà personale.
L’impegno dell’informazione a tutela dell’ambiente
“Il mondo sta attraversando un’emergenza ambientale senza precedenti, una minaccia esistenziale per questa e le future generazioni. Le persone hanno bisogno di essere informate e il ruolo dei giornalisti è decisivo“
Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu
Ogni anno le Nazioni Unite individuano un tema centrale per il 3 maggio: il World press freedom day 2024 è dedicato alle crisi ambientali che stanno stravolgendo l’intero ecosistema mondiale, un fattore di crisi che rende quanto mai necessaria un’informazione in grado di rivolgersi in modo indipendente all’opinione pubblica, contribuendo a modellare una società democratica. Inquinamento, migrazioni climatiche, sfruttamento delle materie prime, estrazioni illegali e ancora traffico di animali, bracconaggio e deforestazione: su queste e tante altre urgenze il giornalismo è chiamato a guardare con occhio vigile e libero da condizionamenti per espletare al meglio il proprio ruolo di watchdog. Come sottolinea Guterres, gli operatori dei media hanno il compito di documentare anche il degrado ambientale e rendere noti gli atti di vandalismo perpetrati contro la natura, finendo per innescare forti pressioni da parte di aziende e istituzioni. “Il giornalismo ambientale è una professione sempre più pericolosa”, afferma il segretario generale Onu, evidenziando poi come, secondo l’Unesco, negli ultimi quindici anni si siano registrati circa 750 attacchi ai giornalisti e agli organi di informazione che riportavano notizie su temi ambientali.
“La libertà dei media è sotto assedio”
“In tutto il mondo, gli operatori dei media rischiano la vita cercando di portarci notizie su ogni ambito della società, dalla guerra alla democrazia”. Guterres si dice “scioccato e indignato dal gran numero di giornalisti uccisi durante le operazioni militari israeliane a Gaza”, rimarcando come le Nazioni Unite considerino il lavoro giornalistico un fattore inestimabile per assicurare che il pubblico sia informato e coinvolto. “Senza fatti, non possiamo combattere la disinformazione e la mancata informazione. Senza responsabilità, non avremo politiche solide. Senza libertà di stampa, non avremo alcuna libertà. Una stampa libera non è una scelta, ma una necessità”.
“Difendendo la libertà dei media, proteggiamo non solo il nostro diritto di sapere, ma la nostra stessa capacità di plasmare un futuro guidato dalla verità e dalla responsabilità“.
Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza
In occasione della recente plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, Borrell è intervenuto a proposito dell’uccisione di numerosi giornalisti (oltre ai civili e agli operatori sanitari) nella Striscia di Gaza. Un tema, questo, ripreso anche nel discorso in occasione del World press freedom day di quest’anno: “L’Unione europea condanna fermamente tutti gli atti di violenza, comprese le minacce, contro gli operatori dei media per l’esercizio della loro professione, che siano perpetrati da Stati, gruppi organizzati o singoli individui. Troppi giornalisti sono morti negli ultimi mesi a Gaza, ma continuano quotidianamente a rischiare la vita mentre lavorano in Ucraina, Myanmar, Sudan e in altri luoghi di conflitto”.
Ucraina, i limiti del giornalismo alle porte dell’Europa
L’Alto rappresentante Ue ha espresso “seria preoccupazione per la pratica di negare l’accesso ai media indipendenti nelle zone di conflitto, per controllare lo spazio informativo e ridurre l’accesso del pubblico a una copertura obiettiva”: una tendenza che, nell’Ucraina teatro dell’invasione da parte della Russia, continua a rappresentare un grave limite. Al recente Festival internazionale del giornalismo di Perugia, la redazione di Futura News ha approfondito la questione insieme alle direttrici di tre importanti tesatate ucraine.
Olga Rudenko, direttrice di The Kyiv Independent, ha parlato delle pressioni governative e della difficoltà di raccontare la guerra senza condizionamenti; Sevgil Musaieva, direttrice di Ukrayinska Pravda, ha fatto il punto sul giornalismo indipendente nel Paese; Maria Epifanova, cofondatrice e ceo di Novaya Gazeta Europe, ha affrontato invece il tema dei giornalisti russi in esilio.
Reporter senza frontiere: un 2024 senza tutele politiche
Ogni anno, in occasione del 3 maggio, Reporter senza frontiere pubblica il World press freedom index, l’indice aggiornato che tiene traccia del tasso di libertà di cui gode l’informazione in 180 Paesi del mondo. Prendendo in esame diversi fattori, l’edizione 2024 mostra un calo rilevante (-7,6 per cento) delle tutele rivolte al giornalismo da parte della politica, denunciando una flessione del supporto e del rispetto dell’autonomia dei media e un incremento delle pressioni da parte di enti statali o altri attori politici. Secondo Anne Bocandé, direttrice editoriale di Rsf, un dato preoccupante soprattutto se si tiene conto delle oltre 80 elezioni che nel corso dell’anno chiameranno alle urne più della metà della popolazione mondiale.
Tra i casi più critici spiccano la Palestina, al 157esimo posto su 180 ma tra i dieci Paesi in cui la sicurezza per i giornalisti è più a rischio e l’Argentina, passata dal 26esimo al 66esimo posto dopo l’avvento al potere di Javier Milei e la stangata alla principale agenzia di stampa nazionale. In Cina (172esima) e Vietnam (174esimo) pesa la stretta governativa sui network tradizionali e sui social media mentre, guardando alla virtuosa Europa (visto il podio composto da Norvegia, Danimarca e Svezia), emblematico è il caso della Slovacchia (29esima), dove la disinformazione politica si è avvalsa dei più sofisticati sistemi di intelligenza artificiale per la creazione di deepfake.
Le urgenze della professione in Italia tra criminalità e bisogno di fondi
Per quanto riguarda l’Italia, l’indice Rsf pone lo Stivale al 46esimo posto definendo “problematica” la situazione dei media: mafia, criminalità organizzata e gruppi estremisti risultano tra i principali ostacoli all’indipendenza giornalistica, assieme ai tentativi della politica di impedire la copertura di casi giudiziari “attraverso la cosiddetta legge bavaglio, all’apice delle comuni procedure di slapp diffuse in Italia”. Lo scorso anno, in occasione del World press freedom day, Futura News ha intervistato la giornalista e sindacalista Silvia Garbarino, segretaria dell’Associazione stampa subalpina: parlando delle difficoltà del mondo dell’informazione italiana, il nodo principale risultava l’indipendenza economica, primo strumento di difesa contro i rischi a cui è sottoposta la professione e antidoto per un giornalismo che sappia porre un argine alle pressioni esterne, da ogni luogo esse provengano.