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La Torino dei grandi eventi ha bisogno di Iren

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Dal Papa a Madonna e gli U2, dal Salone del Gusto a quello dell’Auto: Torino si veste di grandi eventi e migliaia di persone in una sola location vogliono dire anche decine di tonnellate di rifiuti che non possono essere gestite normalmente. E se all’evento partecipa una personalità “sensibile”, non si fa attendere l’ordine dalla Questura di rendere off-limits tutti i cestini lungo il tragitto per garantire maggiore sicurezza.

Come gestire tutto questo dal punto di vista ambientale?

“Con progetti mirati, in collaborazione con gli organizzatori degli eventi. è una vera sfida”, spiega Roberto Bergandi, responsabile della comunicazione Iren. La società, infatti, si è occupata sia del concerto di Ligabue a Campovolo che del Salone del Gusto a Torino e ha lavorato con l’obiettivo di renderli eventi ecosostenibili. Per quest’ultimo, ad esempio, la collaborazione con Slow Food e l’Università, ha portato a campagne come Ecofun, progetto di sensibilizzazione dei partecipanti che ha raggiunto, spiega Bergandi, livelli record di differenziata pari al 70%. Una sfida anche la visita del Papa nel 2015, “un nostro capolavoro, per chiamarlo così, con tempi strettissimi e un numero importante di fedeli” o il concerto di Vasco Rossi nel 2013 (il video). Poi ci sono i ponti festivi, le partite della Juve e molte altre occasioni in cui l’aumento del flusso turistico di Torino mette a dura prova l’ambiente. Ma il rapporto tra Amiat e Comune è ben più ampio, precisamente di venti anni. Tanto dura il contratto da 160milioni di euro annuali che sancisce l’affidamento di vari servizi, dallo spazzamento alla raccolta rifiuti ad Amiat e che ha portato nel 2015 a raggiungere il 43% di differenziata con un servizio diviso tra il porta a porta per 14 quartieri e 440mila persone, e il servizio stradale per il resto del territorio. Cifre ancora distanti dal 65% che la città, come assicurato dall’assessore Giannuzzi,  intende raggiungere nel 2020, in conformità con il Piano Regionale dei rifiuti. La strada, però, è in salita. Secondo alcune associazioni ambientaliste Amiat avrebbe calcolato un costo di due milioni di euro per ogni punto percentuale di aumento, per un totale di almeno 30 milioni di euro per raggiungere l’obiettivo. “Può essere persino una stima ottimistica. Ma il calcolo del costo non è così lineare – aggiunge Bergandi – infatti, più l’investimento guarda a lungo termine e più è possibile risparmiare”. Con gli imminenti avvii del porta a porta nei quartieri di San Salvario, Vanchiglia e Santa Rita si stanno accelerando i tempi in concomitanza con una riduzione dei rifiuti prodotti: “Dal 2006 circa 100mila tonnellate in meno perché si punta ad altre forme di consumo. Anche i quotidiani, ad esempio, con l’arrivo del digitale non si buttano più”, fanno sapere da Iren. Il gruppo però si occupa anche della gestione degli impianti, come il termovalorizzatore Trm. Una convivenza che per alcuni, tra questi anche attivisti del Movimento 5 Stelle, potrebbe avere implicazione sulla gestione della raccolta e gli obiettivi fissati. Visione non condivisa dalla stessa società. “Lo dice il nome – risponde Bergandi -, il termovalorizzatore valorizza rifiuti non recuperabili. Il cittadino deve entrare nell’ottica che non si può pensare di bruciare materiale che vale meno del consumo necessario per recuperarlo. Insomma, chi dice che le società che hanno termovalorizzatori non vogliono fare la differenziata, dice una ‘balla’”.

CRISTINA PALAZZO