Una transizione da un modello di assistenza agli anziani basato sulla permanenza nelle Rsa ad un nuovo modello fondato sull’assistenza domiciliare è possibile? È il tema dell’incontro promosso nella mattinata di oggi, 3 marzo, dalle sezioni piemontesi di SPI-CGIL, FNP-CISL e UIL Pensionati, intitolato “È ora di cambiare. Superare l’attuale modello delle RSA.”
“Non è un’utopia sviluppare un piano di promozione della salute che consolidi il senso di comunità, in cui ad assistere gli anziani non siano solo il medico e l’infermiere, ma anche il vicino di casa”, dice Salvatore Rao, presidente de La Bottega del Possibile, associazione piemontese che ha per finalità proprio la diffusione della cultura della domiciliarità. E gli esempi virtuosi in Piemonte non mancano: Chiara Fornara, direttrice del Consorzio Servizi Sociali del Verbano, ha promosso il programma “La Cura è di Casa”, che consta di una rete di offerta di servizi domiciliari, composta da 126 operatori professionali e 181 volontari, che si occupano della presa in carico degli anziani. Inoltre 20 volontari si sono attivati per organizzare “la telefonata amica”: “Due volte a settimana si raggiungono gli anziani soli al telefono, dando inizio a un rapporto di amicizia”.
Un nuovo modello di assistenza al quale si ispira anche la Diaconia Valdese delle Valli, che opera nelle aree più occidentali della città metropolitana di Torino. Oltre a garantire ospitalità nelle strutture assistenziali, offre servizi di domiciliarità ad anziani e disabili, mediante interventi di tipo infermieristico o di sostegno psicologico, con l’obiettivo di mantenere il benessere, l’autonomia e le abitudini delle persone.
L’obiettivo è trasformare la cura territoriale abbandonando la visione settoriale e passando a quella di una “comunità competente” nella quale ai professionisti socio-sanitari (medici, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, fisioterapisti, educatori, assistenti sociali) si aggiungono volontari che partecipano alle azioni di bassa soglia, aziende che promuovono il welfare aziendale a favore dei propri dipendenti e dei loro familiari, e la cittadinanza che dev’essere coinvolta nelle iniziative di raccolta fondi e nei progetti di partecipazione attiva.
Un’esigenza che si è fatta sempre più pressante con lo scoppio della pandemia da Covid-19, che ha portato alla nascita di numerosi focolai all’interno delle Rsa, con conseguenze spesso fatali nei confronti di persone già gravemente debilitate. Già all’inizio della prima ondata varie associazioni piemontesi hanno chiesto a gran voce un rafforzamento del sistema di assistenza domiciliare, che garantisca adeguate cure a chi non vive nelle case di riposo. Un altro modello di assistenza agli anziani è possibile.