Se il Politecnico conta circa il 10 percento di iscritti stranieri, l’Università non vuole essere da meno. Nel 2022 sono stati 890 gli studenti stranieri iscritti al primo anno, sui 13mila complessivi: circa il sette percento del totale delle matricole. In tutto, 5mila su 82mila: il cinque percento. Prima del Covid il numero si aggirava attorno al quattro o cinque percento: con la pandemia si è andati anche sotto l’un percento. La media nazionale è del tre percento, ma il rettore dell’Università di Torino Stefano Geuna vuole come minimo raggiungere le quote del Politecnico.
In questo senso, il percorso intrapreso dal bilancio partecipativo un anno fa è stato fondamentale. UniTo è il primo ateneo in Italia a introdurre un modello decisionale che include la comunità universitaria nel suo complesso. Il tema centrale del primo anno di attuazione è stato proprio l’internazionalizzazione: obiettivo, il miglioramento delle condizioni di vita e di studio degli studenti stranieri. Le oltre 50 idee presentate a inizio anno sono quasi totalmente confluite in 11 proposte avanzate dal gruppo di lavoro: la tendenza era quella di provare a inserire tutti i problemi emersi, evitando di selezionare le idee presentate. Si tratta di iniziative che si sviluppano nel tempo. La scommessa è stata quella di individuare un argomento che non fosse di nicchia ma di impatto, sfruttando la creatività di tutto l’ateneo.
L’idea del bilancio partecipativo è quella di sfruttare l’esperienza di chi già lavora su tematiche effettive. “Bisogna avere in mente – spiega il direttore generale dell’Università di Torino Andrea Silvestri – che l’intelligenza collettiva è superiore a quella di tanti singoli: sono uscite idee interessanti solo grazie al confronto”. Un progetto innovativo per un ateneo che conta circa 85mila studenti e 5mila dipendenti. Le persone coinvolte sono state un centinaio, provenienti dalle tre anime dell’ateneo: studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo. Un passo in avanti in vista dell’obiettivo del rapporto uno a uno tra docenti e personale, la macchina che sta dietro a tutto. “La comunità ci ha fatto capire che poteva essere fatto molto di più e non solo, ci ha anche dato le soluzioni”, continua Geuna.
La questione residenziale
Gli incontri nel 2022 sono stati otto, di cui quello iniziale e quello finale, a cui ha partecipato solo la Conferenza di Ateneo, erano rivolti al bilancio previsionale del 2023. Il budget di 950mila euro è stato suddiviso in 700mila per le iniziative di ateneo e 150mila per l’iniziativa Torino Student Housing, un progetto parallelo a quelli previsti dal bilancio partecipativo. Queste iniziative si sposano bene perché vanno tutte a supporto della residenzialità. Lo Student Housing si prefigge di ampliare l’offerta di abitazioni tramite il recupero dei circa 50mila appartamenti sfitti presenti in città. Il progetto non è ancora partito perché Università, Politecnico, Edisu e Comune, ossia gli enti coinvolti, devono occuparsi anche della ristrutturazione degli immobili interessati.
Il professor Alessandro Barge approfondisce l’aspetto residenziale dei progetti previsti dal bilancio partecipativo. “La situazione abitativa – dice il docente – è molto delicata: quello che possiamo fare è rendere facilmente rintracciabili i siti delle agenzie pubbliche che si occupano di abitazioni, non possiamo garantire per le attività dei privati”. Le informazioni devono essere visibili prima che lo studente scelga di iscriversi all’università. Perché la sua scelta avviene dopo un’attenta analisi della situazione abitativa della città. Quando lo studente è arrivato a Torino, poi, c’è bisogno che qualcuno medi con il suo padrone di casa, soprattutto nel momento della firma del contratto di locazione. In sostanza, si cerca di andare incontro alle necessità. “Non abbiamo un ruolo da protagonisti nel panorama residenziale, ma serviamo da stimolo – spiega Barge -. Gli studenti stranieri devono possedere tutte le informazioni necessarie prima di venire qui e tutto il supporto possibile una volta arrivati”. Il fondo è destinato agli studenti che arrivano dall’estero per aiutarli a orientarsi all’interno del panorama universitario. Non solo migliorando la residenzialità, ma anche favorendo gli scambi all’interno della comunità universitaria. Silvestri specifica che l’investimento non è limitato a corsi di laurea, master e specializzazioni, ma anche ad esempio alla Summer school, che riempie l’università in un momento vuoto come il mese di agosto.
“L’obiettivo dell’accoglienza – ribadisce il rettore – va oltre il discorso linguistico, per il quale abbiamo la fortuna di avere un dipartimento che copre praticamente tutte le lingue del mondo: è un discorso anche culturale”. In questo senso, bisogna tenere conto delle dinamiche sociali che spesso divergono da paese a paese. Per il lavoro dell’Università è molto importante il passaparola che si dispiega a livello globale: le comunità degli studenti stranieri parlano molto tra di loro, quindi è fondamentale presentare un biglietto da visita soddisfacente. Il 50 percento degli studenti stranieri che compilano la domanda di pre iscrizione, disponibile già da febbraio o marzo, finisce per non immatricolarsi. Ciò dipende dall’immagine che l’Università mette in campo rispetto alla disponibilità e ai servizi offerti: non è un problema di costi ma di presenza e tempestività, per cui può essere importante potenziare il personale. “La sfida ce la giochiamo su quello perché chi poi si iscrive difficilmente abbandona”, dice Geuna. Il rettore ha come obiettivo quello di annullare la percentuale di perdite dovute a questa finestra di sei mesi.
Partecipazione oltre alla rappresentatività
Mentre gli enti locali attuano da tempo una modalità di lavoro simile al bilancio partecipativo, per l’università è un mondo nuovo. Il contatto con la comunità diventa diretto: chiunque abbia delle proposte può farsi avanti. Alla rappresentatività del passato si aggiunge oggi la partecipazione. Tramite la piattaforma LiquidFeedback, ogni cittadino può proporre delle idee. Queste verranno prese in considerazione se innovative. Perché non tutte le proposte sono realizzabili, il più delle volte per mancanza di risorse: Geuna spera di poter aumentare il nuovo budget rispetto ai 700mila euro del 2022. Non era stato imposto a monte un limite di spesa, trattandosi del primo esperimento. “La sorpresa positiva è stata che si è assistito a una sorta di autoregolamentazione del bilancio: nessuno ha proposto iniziative che richiedessero ingenti esborsi”, spiega Silvestri.
Il lavoro si compone di due fasi: le idee vengono raccolte e poi analizzate a livello tecnico dal gruppo di lavoro. Quando viene messo a punto un progetto si allega il budget e il piano di lavoro, in modo tale che sia proponibile agli ordini dell’ateneo che dovranno approvare il finanziamento. Qualche criticità è stata riscontrata alle prime battute: “La comunità non era molto incline alla prospettiva di avere un ulteriore impegno”, racconta Geuna. In un secondo momento, però, l’iniziativa ha trovato maggior successo in quanto il progetto è riuscito a rimanere snello, non presentando troppa burocrazia. Col tempo si è compreso che non sarebbe stata una perdita di tempo: il rettore crede che per questo secondo anno la partecipazione sarà più importante. E l’idea è quella di alzare il livello nella scelta della tematica per avere ancora più impatto.
Geuna ha anche anticipato le notizie positive che verrano fuori dal bilancio consultivo di fine aprile: l’utile è di 28,8 milioni di euro, in linea con i 29 dell’anno scorso. Un buon risultato, per il rettore, se si considera l’innalzamento dei costi dell’energia. Questo permetterà la messa in campo di nuovi progetti.