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Stellantis: Tavares incontra i sindacati a Mirafiori

Nessuna novità dopo l’incontro che si è tenuto ieri tra Carlos Tavares e i sindacati. L’amministratore delegato di Stellantis, arrivato a Mirafiori per il taglio del nastro dell’eDct Assembly Plant — il reparto per l’assemblaggio delle nuove trasmissioni per i veicoli elettrificati —, ha incontrato i sindacati per discutere della situazione dei lavoratori. Le richieste esposte dai sindacati sono chiare: stop alla cassa integrazione, nuove assunzioni e la produzione di un nuovo modello di automobile da affiancare alla Maserati e alla 500 elettrica, in modo da raggiungere le 200mila auto prodotte, cifra necessaria per riuscire a salvare la fabbrica. “Tra 6-7 anni, la stragrande maggioranza degli operai sarà andata in pensione e quindi lo stabilimento rischia di spegnersi per consunzione”, spiega Edi Lazzi, segretario generale della Fiom-Cgil di Torino. E queste esigenze verranno ribadite domani, quando i lavoratori scenderanno in piazza per il primo sciopero unitario del settore automotive piemontese degli ultimi 15 anni.

L’incontro di oggi però non ha portato nessuna soluzione concreta per Mirafiori e per gli altri stabilimenti di Stellantis. “Siamo all’inizio di un triennio molto importante per tutte le case costruttrici per capire se l’industria automobilistica in Europa vada in maniera più diretta verso l’elettrico oppure, a fronte dell’appuntamento con le europee, se ci possano essere dei rallentamenti. Bisogna arrivare alla fine delle tornate elettorali per capire dove si andrà nel prossimo triennio, quindi anche oltre il 2030. Tavares ha spiegato che, anche per questi motivi, non si può dare una strategia definita oltre il 2030”, ha commentato Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom con la delega all’automotive.

Per la prima volta però è stato esposto con chiarezza qual è il punto di vista dei lavoratori di Mirafiori e sono state portate alla luce le loro necessità. “Il problema di Mirafiori è un problema di Torino: la crisi della città è dovuta al calo delle produzioni. Quella di oggi è stata un’occasione per dire cosa servirebbe. Abbiamo detto chiaramente che c’è bisogno di una trattativa per cercare di capire cosa fare per raggiungere il giusto equilibrio tra le preoccupazioni e le esigenze delle aziende e quelle delle lavoratrici e dei lavoratori”, continua Lazzi.

Chi è in cassa integrazione però sottolinea la situazione critica in cui si trova. “Ho iniziato a lavorare nel 2013 alla Fiat di Grugliasco. Fino al 2016 non ci siamo mai fermati, poi è arrivata un po’ di cassa integrazione, ma si parlava di una settimana ogni tanto. L’ultimo anno abbiamo fatto parecchia cassa integrazione e avevamo il Cds (Contratto di solidarietà). Nel 2021 quella sede è stata chiusa e noi operai siamo stati trasferiti a Mirafiori a partire da gennaio 2022 — racconta Giuseppe Montalto, operaio di 42 anni —. L’anno scorso sono cominciati i primi segnali dell’arrivo della cassa integrazione. Prima lavoravamo su due turni. Da metà febbraio abbiamo cominciato con i turni unici. Le persone in più ruotano: una settimana sta a casa uno, la settimana dopo un altro. Poi ci sono stati anche dei periodi di fermo generale sulla produzione. Ho lavorato per l’ultima volta lo scorso mese, solo per cinque giorni”.