Se il cambiamento climatico minaccia la salute

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Torino ha un problema di adattamento al cambiamento climatico. Un problema che si ripercuote sulla salute e sulla sicurezza delle persone più vulnerabili agli effetti che l’aumento delle temperature causa nei contesti urbani. Secondo quanto riscontrato nell’ambito di una ricerca condotta dalla fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), negli ultimi anni i torinesi si sono ritrovati più esposti ai rischi di salute derivanti dal moltiplicarsi delle giornate esitve e non solo, in cui le temperature sforano le medie di stagione.

Donne e anziani più esposti ai rischi del caldo cittadino

Come in molte altre città di grandi dimensioni, anche a Torino si verificano quelle dinamiche climatiche riconducibili alle “isole di calore”, quel fenomeno per il quale, nei contesti urbani, si sviluppano microclimi che generalmente alzano le medie tipiche delle zone contraddistinte da determinate caratteristiche morfologiche. Queste condizioni determinano l’insorgere di nuovi rischi per la salute degli abitanti.

La ricerca diffusa da Cmcc considera i dati raccolti lungo un periodo di quasi quarant’anni, dal 1982 al 2018. Un periodo in cui, complessivamente, i pericoli di salute per gli abitanti di Torino risultano aumentati. L’indagine condotto riguarda i irischi “indiretti” per la salute, cioè quelli che si riversano sugli esseri umani solo dopo che una variazione decisiva nelle temperature ha causato una modificazione nell’ecosistema – come una maggiore capacità di trasmissione di malattie attraverso insetti, un peggioramento della qualità dell’acqua, del cibo etc.

In questa categoria rientrano, per esempio, la malattie respiratorie causate dall’inquinamento, infezioni, virus, allergie, malattie mentali e disordini da stress. Tali effetti sono spesso strettamente legati a fattori di carattere socio-economico, che rivelano come le minacce alla salute non investano le persone in maniera indiscriminata. Prendendo in esame una serie di fattori, infatti, emerge che il rischio di salute legato a temperature più alte è più alto nelle donne rispetto agli uomini. Allo stesso tempo, considerando il grado di coinvolgimento sociale delle persone intervistate emerge come siano quelle più isolate, spesso per ragioni d’età, a patire maggiormente.

Torino più calda rispetto a 30 anni fa

In una precedente ricerca pubblicata da Cmcc, si legge come Torino – al pari di altre città nel nord Italia – sia caratterizzata da un maggior eccesso di mortalità dovuta al calore rispetto ad altree aree d’Italia. Nello specifico, la ricerca afferma come “Torino sia caratterizzata da una forte associazione positiva tra mortalità estiva e temperature medie giornaliere”.

Paragonando le temperature massime registrate a Torino nel 2018 con i valori pubblicati dall’Istat relativi al periodo 1971 – al 2000, si nota un aumento pari a 2.04°C. “Queste stime sono in linea con quanto riportato all’interno del Piano di Vulnerabilità della città – si legge nella ricerca di Cmcc – che evince come nel corso degli ultimi 30 anni, la tendenza della temperatura sia stata positiva, con incrementi considerevoli soprattutto durante le stagioni estive”.

“Tra le azioni a livello locale ch si potrebbero adottare per migliorare la capacità di adattamento della città – spiega Marta Ellena del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – si potrebbe guardare a quanto fatto recentemente in Francia, dove è stato creato un database che comprende i soggetti più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici nelle isole di calore delle grandi città. Dati che vengono poi utilizzati dai servizi di assistenza sanitaria e dalle associazioni di volontari presenti nel territorio per aiutare questi soggetti”.

Gli effetti sociali del cambiamento climatico

Il lavoro di Cmcc, che ha preso Torino come caso studio, insiste nel solco di ricerca segnato dall’ultimo rapporto pubblicato dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) delle Nazioni Unite, dal titolo “Climate change 2022: impacts, vulnerability and adaptation”. Tra le altre cose, nel documento è possibile leggere come, nei contesti urbani maggiormente sviluppati, non sempre l’esistenza di una capacità “strutturale“ di risposta alle conseguenze del cambiamento climatico corrisponde ad una velocità di formulazione e messa in partica di politiche di contrasto condivise e economicamente sostenibili. In sostanza, contesti locali e nazionali più ricchi e tecnologicamente avanzati devono comunque fare fronte ai possibili ostacoli di natura politica e finanziaria nell’affrontare le sfide del cambiamento climatico.

Le politiche di quei Paesi che godono di maggiori strumenti e in cui la cultura della transizione ecologica e energetica ha avuto maggior successo – che spesso sono oltre che caricarsi, per così dire, della responsabilità di fornire un approccio di risposta più equilibrato e attento, che tenga conto delle necessità economiche, naturali e sociali. Come sottolinea il report dell’Ipcc, infatti, al momento gran parte dell’impegno finanziario per rispondere al cambiamento climatico sembra lasciare indietro le implicazioni sociali di tale fenomeno, mentre scarse in tutto il mondo sono le prove di un impegno diretto delle amministrazioni verso i cosiddetti insediamenti informali, che restano vere e proprie terre di nessuno di cui l’azione politica difficilmente si interessa.