Se non è blackout poco ci manca. Oltre 20mila lavoratori della filiera italiana di Amazon hanno aderito allo sciopero indetto dalle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. Secondo le prime stime, la mobilitazione ha coinvolto un esercito di 9.500 addetti al magazzino e 15 mila driver. La serrata è stata decisa dopo che la trattativa per la contrattazione di secondo livello si è interrotta bruscamente a causa dell’indisponibilità del gruppo ad affrontare positivamente le tematiche poste dal sindacato.
Le rivendicazioni dei lavoratori sono composite: dalla verifica dei carichi di lavoro alla contrattazione dei turni, fino al corretto inquadramento professionale del personale e alla riduzione dell’orario di lavoro dei driver.
Fit-Cisl Piemonte: “C’è spazio per il dialogo”
“Questa mattina, negli stabilimenti di Torrazza e Brandizzo, abbiamo registrato una partecipazione significativa, pari a quasi il 75%. Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di lavoratori under 35 assunti come magazzinieri”, ha dichiarato Francesco Tutone, Segretario Regionale Fit-Cisl Piemonte. “Uno dei nodi fondamentali della protesta concerne il cosiddetto turnover, ossia la discontinuità contrattuale che colpisce i lavoratori somministrati, sistematicamente lasciati a casa e abbandonati al loro destino dopo un periodo di tempo determinato”.
Nonostante lo sciopero di oggi, Tutone ha mostrato un certo ottimismo nei confronti del raggiungimento dell’obiettivo, incentivato dalla disponibilità al dialogo che, negli ultimi anni, ha caratterizzato l’operato di Amazon: “Siamo consapevoli di aver avviato una discussione virtuosa: l’azienda ha spesso fornito risposte occupazionali importanti, ad esempio assumendo personale con più di cinquant’anni di età che, altrimenti, sarebbe stato escluso dal mercato del lavoro. Inoltre, ha sempre prestato massima attenzione alla salute del personale e al rispetto del Contratto Nazionale. Ma si può sempre migliorare”.
La condizione dei driver di Amazon, tra algoritmi e precarietà contrattuale
Tra i tanti temi affrontati dalla mobilitazione odierna, c’è anche il nodo delicato dei driver: “Amazon ha aziende che lavorano in appalto al suo interno, in primis quelle che si occupano delle consegne. Quando una commessa viene portata a compimento, spesso, gli autisti vengono lasciati a casa, dato che l’azienda subentrante non ha l’obbligo di assumerli. Per ovviare a questa criticità, proporremo l’inserimento di una clausola sociale che garantisca una continuità occupazionale anche a questa forza lavoro,” prosegue Tutone.
Anche l’utilizzo degli algoritmi per monitorare la produttività dei corrieri è materia di rivendicazione da parte delle sigle in difesa delle parti sociali: “Attualmente, per quanto riguarda le consegne in prossimità degli stabilimenti, il tempo stimato per portare a compimento un ordine è di circa quattro minuti; tuttavia questa previsione non considera la possibilità che insorgano fattori esterni come furti e incidenti.”
Sempre in relazione ai driver, un’altra lacuna da colmare è quella legata alla mancanza di punti di ristoro: “La pandemia ha sostanzialmente azzerato le possibilità per i corrieri di usufruire dei punti di sosta rappresentati da bar e ristoranti. Chiediamo che l’azienda possa siglare al più presto una convenzione con alcuni esercizi privati per garantire agli autisti di trovare un minimo di ristoro in caso di necessità”.