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Raccontare le stragi: giornalismo d’inchiesta e documenti mancanti

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Le stragi del periodo 1969-1980 hanno rappresentato un periodo buio della storia repubblicana italiana. Non soltanto per la violenza che l’ha caratterizzato, ma anche per le persone e le dinamiche implicate: la cosiddetta “strategia della tensione” è stata infatti portata avanti da gruppi di terroristi di estrema destra, che le inchieste giudiziarie hanno dimostrato essere legati ad alcune frange dei servizi segreti italiani e ad alcuni apparati dello Stato. Per rivelare queste trame ha avuto e continua ad avere una grande importanza il giornalismo d’inchiesta, così come il lavoro d’archivio sui documenti, come sottolineano Paolo Biondani – giornalista dell’Espresso – e Benedetta Tobagi – giornalista, storica e scrittrice – al Festival internazionale del giornalismo di Perugia.

Il primo evento scatenante di questa stagione fu l’attentato di piazza Fontana a Milano, alla Banca nazionale dell’agricoltura. “La perdita dell’innocenza dell’Italia” racconta Biondani. I primi colpevoli individuati furono degli anarchici, tra cui Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli – morto mentre veniva interrogato in questura dopo l’attentato -, ma alcuni giornalisti d’inchiesta si opposero a questa versione. Giornalisti come Corrado Stajano, Marco Nozza, Camilla Cederna e Giampaolo Pansa misero da parte la competizione tra le testate e decisero di lavorare di squadra per far emergere la verità. Da subito i giornalisti scrissero dell’innocenza di Pinelli. “Era la prima volta che i giornalisti andavano contro la versione ufficiale”. Ora le ricostruzioni dei giornali si basano anche sugli atti dei processi giudiziari, che hanno ricostruito – per quanto possibile – la verità. E questi atti sono l’appoggio per dimostrare la veridicità dei fatti di cui si parla.

Qui entra in gioco un altro problema di quella fase. “Le stragi sono casi di studio pazzeschi su dinamiche di controllo degli archivi per farli diventare strumenti di potere” dice Benedetta Tobagi. I documenti dei servizi segreti su Gladio, per esempio, erano gestiti parzialmente attraverso brogliacci o addirittura le informazioni venivano condivise a voce. O alcuni documenti venivano distrutti, come la cartella di un terrorista di destra appartenente a Gladio. Su questo Biondani sostiene che possa anche essere giusto che alcuni documenti siano secretati, ma se invece vengono distrutti, anche a distanza di 50 o 100 anni non si potrà sapere la realtà.