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Presidio di Extinction Rebellion contro il bilancio regionale: “Nessun fondo per il clima”

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Sotto il sole graffiante, si radunano in gruppo, fianco a fianco, davanti a Palazzo Lascaris. Campanelle alla mano e striscioni sotto braccio, le attiviste e gli attivisti di Extinction Rebellion protestano di fronte alla sede del consiglio regionale piemontese. Laddove nel pomeriggio di mercoledì 19 aprile è passato il voto al bilancio di previsione regionale 2023-2025. Un documento duramente contestato in cui “mancano reali soluzioni alla crisi climatica ed ecologica che stiamo vivendo”, spiega l’attivista 26enne Davide.

Con indosso simbolicamente tuta gialla e salopettes a mo’ di minions, per oltre un’ora, dalle 10 del mattino, via Alfieri rimbomba di grida e scampanellate. Srotolati gli striscioni “Il pianeta brucia ribelliamoci per salvarlo” e “Crimine del secolo distruggere il clima”, di fronte alle forze dell’ordine la ventina di partecipanti appicca musica, balli e tante, tante proteste al microfono. “Non c’è un finanziamento strutturale per contrastare la crisi climatica, mentre numerosi sono i finanziamenti alle associazioni anti abortiste con il raddoppio dei fondi a Vita Nascente”, denunciano le attiviste e gli attivisti.

Proteste contro la giunta

Posizionata una grossa ampolla al centro di via Alfieri, vari rappresentanti della giunta sono stati inseguiti dai manifestanti con le campanelle. La necessità di farsi sentire e di essere ascoltati. C’è però chi osserva da vicino la manifestazione, come i consiglieri del Partito Democratico Domenico Rossi e Diego Sarno e la capogruppo regionale del Movimento 5 Stelle, Sarah Disabato. “Vanno ascoltati – commenta Rossi – poi sta a noi trasformare in politiche le loro richieste, non vanno criminalizzati come invece sta facendo il governo. Li ringrazio perché sono qui a dire con forza quello che noi stiamo cercando di sottolineare da anni, ossia che questa Regione non sta facendo nulla per questa crisi ambientale ed ecologica”.

La sordità della maggioranza di centrodestra è la denuncia di Extinction Rebellion. Un’accusa che una delegazione del movimento aveva già fatto presente in commissione Ambiente del consiglio regionale lo scorso fine dicembre. “Siamo messi a tacere da una regione che sceglie di cementificare, rimandare a domani o al massimo mettere pezze oggi” alza la voce al microfono un’attivista. Un’altra rincara la dose: “In questi 8 mesi abbiamo continuano a lottare e a chiedere di agire, a imporci agli occhi e alle orecchie dei consiglieri della regione perché non vogliamo più essere presi in giro ed essere preoccupati per un’estate in arrivo più calda di quella precedente con l’evidente aridità che ha visto la sofferenza di Po e Dora ben visibile”.

Il punto sulle denunce

Extinction Rebellion si è fatto conoscere per proteste d’impatto, che fanno discutere l’opinione pubblica negli ultimi mesi. Dall’imbrattamento di monumenti (come il noto caso di Palazzo Vecchio) fino al blocco del traffico in strada. Azioni che hanno portato a fermi e all’apertura di procedimenti penali nei confronti degli attivisti ambientali. A Torino, per l’esattezza, se ne contano 37, legate a tre manifestazioni differenti: in primis, quella dello scorso luglio, quando due attiviste si erano arrampicate sul balcone del palazzo della Regione in piazza Castello. Dopodiché, la contestazione di fronte al grattacielo di Intesa Sanpaolo dello scorso ottobre e, infine, quella più recente dello spargimento di quintali di letame davanti al grattacielo della Regione Piemonte, per cui le denunce stanno giungendo in questo momento. Si tratta principalmente di accuse mosse per manifestazione non preavvisata, possesso d’armi (a quanto pare, nella protesta d’Intesa alcuni partecipanti avevano megafoni e un estintore) e invasione d’edificio pubblico.

“Potremmo arrivare a ottanta denunce, distribuite tra quaranta persone”, spiegano gli attivisti che intanto richiamano l’attenzione all’inasprimento di trattamento (“intimidazioni”, così l’ha definito Annalisa, una delle portavoce di Extinction Rebellion) nei confronti di chi manifesta con le loro modalità contro il riscaldamento globale. Com’è successo ad un attivista, Mattia, di Vercelli che lo scorso 16 aprile ha protestato bendando una statua in piazza. “Era una forma di protesta estesa a livello nazionale – ha spiegato Annalisa – La mattina del giorno dopo la polizia l’ha preso da casa sua, portato in questura e denunciato”.