Mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra contro il presidente russo Vladimir Putin. La Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato d’arresto che potrebbe rappresentare una svolta nel conflitto tra Russia e Ucraina, ma lo scenario è più intricato di quel che sembra. Accolto con favore dal presidente americano Biden, secondo cui Putin ha “chiaramente commesso crimini di guerra”, il provvedimento di arresto è arrivato alla vigilia dell’annunciato vertice tra il leader cinese Xi Jinping e mette in forse il “piano di pace” cinese. Ma non può essere considerato un provvedimento politico, come sostengono i cinesi, visto che né Stati Uniti, né Cina, né Russia hanno sottoscritto il trattato che istituì l’Icc-Cpi, fondata nel 2002.
Il fatto
La Corte ha avviato da tempo un processo per indagare i crimini di guerra perpetrati dalla Russia ai danni dell’Ucraina dal 24 febbraio 2022. Su tutti, la deportazione di bambini e adolescenti dalle zone del Donbass e dalla Crimea per essere “rieducati” in strutture ad hoc situate territorio russo. Stime internazionali indicano seimila giovani, mentre Kiev parla di un numero che si aggirerebbe intorno alle 16mila unità. Il provvedimento dell’Aia colpisce Putin ma anche Maria Lvova-Belova, commissaria russa per i diritti dei bambini, accusata di aver facilitato o comunque non aver impedito le deportazioni, in uno scenario straziante che vede i bambini trattati come bottino di guerra, strappati alle famiglie in virtù di una rieducazione dall’essere ucraini.
Putin può essere arrestato?
A questo punto, però, ciò che tutti si chiedono è di una semplicità disarmante: Putin può essere arrestato? Come ha spiegato Nello Scavo, corrispondente da Kiev di Avvenire in un’intervista rilasciata a Futura News le scorse settimane, il bisogno di giustizia internazionale cozza contro i meccanismi che regolano il funzionamento della Corte e “l’unica soluzione sarebbe l’istituzione di un tribunale speciale”. Sta di fatto che, allo stato, Putin può essere arrestato ma a patto che esca dai confini russi e metta piede in uno dei 123 Paesi che aderiscono alla Corte dell’Aia, tra cui però non figurano Israele, Stati Uniti e Cina, oltre proprio alla Russia. A questo, si aggiunge la quasi totale certezza che mai Mosca riconoscerà l’estradizione ai danni del suo presidente: una ipotesi difficile anche nel caso di un (al momento improbabile) cambio di regime a Mosca. Come dire, prendetemi se ci riuscite.
Certo, per l’immagine e la reputazione di un capo di Stato è un colpo non da poco anche se ti chiami Vladimir Putin e hai in pugno la redini della (dis)informazione nel nuovo regno in cui non tramonta mai il sole. Ma se da un lato per il presidente russo sarà praticamente impossibile muoversi all’estero (col nodo dei meeting internazionali possibili solo in sparute – ma influenti – zone del mondo), c’è chi è pronto a muoversi per andare a trovare Putin direttamente al Cremlino. Il leader cinese Xi Jinping, infatti, è giunto a Mosca per la sua visita di Stato dal 20 al 22 marzo, determinante per il rafforzamento dell’asse tra Mosca e Pechino e per gli equilibri geopolitici mondiali.
Il precedente
Nella storia della Corte di giustizia internazionale dell’Aia c’è un precedente di non poco conto. Era il 2001 quando l’ex leader serbo Slobodan Milosevic venne accusato per i crimini di guerra perpetrati in Jugoslavia. Fu il primo capo di Stato a ricevere una tale accusa e, da quel momento, Belgrado scelse di virare in direzione dei trattati di pace. Quella in corso è una guerra “iniziata nel 2005, non un anno fa, in cui tutti gli strumenti sono validi per imporre la propria potenza” come ha sottolineato Alberto Masoero, docente dell’Università di Torino. C’è da vedere se questa decisione – senz’altro storica – sarà in grado di rappresentare una svolta decisiva nel conflitto.