Ieri, lunedì 21 giugno, per Patrick George Zaki è stato il giorno numero 500 trascorso nel carcere per detenuti politici di Tora, al Cairo. Il ricercatore egiziano, da poco 30enne, è iscritto dal 2019 al Gemma, il master universitario internazionale per gli studi di genere dell’Università di Bologna. È stato arrestato e incarcerato dalle autorità egiziane subito dopo essere atterrato al Cairo, dove aveva in programma di visitare la sua famiglia. Le accuse contro di lui vanno dalla pubblicazione informazioni sulla situazione interna del Paese a danno della sicurezza nazionale egiziana, al tentativo di “rovesciare il regime”. Accuse che potrebbero portarlo a condanne molto gravi, inclusi diversi anni di reclusione o addirittura l’ergastolo.
Ripercorriamo le tappe principali che hanno segnato la detenzione del ragazzo, a sostegno del quale sono nate tante manifestazioni di solidarietà da parte della società civile. Ma l’azione di universitari, docenti, personaggi dello spettacolo e alcuni politici è stata mitigata dall’atteggiamento molto più prudente tenuto dai due governi che si sono passati il testimone di questa crisi bilaterale tra Italia e Egitto, nella quale il ruolo dell’Europa resta pressoché impalpabile, eccezion fatta per pochi pronunciamenti ufficiali, perlopiù simbolici. Giace inoltre una richiesta di concessione della cittadinanza italiana a Patrick, sul quale si è pronunciato il Parlamento, ma che aspetta ancora un via libera dall’esecutivo.
7 febbraio 2020
Alle 4 di mattina circa ora locale, Patrick atterra all’Aeroporto Internazionale del Cairo. È appena tornato in Egitto da Bologna, città nella quale studia, per rivedere i suoi familiari. Esibisce il proprio passaporto per oltrepassare i controlli di polizia, ma viene fermato da alcuni agenti in borghese e trattenuto in un’area isolata dell’aeroporto.
Sul trattamento riservato a Zaki nelle ore trascorse, dall’atterraggio al Cairo, alla ricomparsa a chilometri di distanza davanti ai giudici della città di Mansura, si sono spese molte parole, spesso in analogia con il caso di Giulio Regeni. Come riportato dal Corriere della Sera pochi giorni dopo l’arresto di Zaki, il legale Wael Ghally che lo ha preso in carico sin dai primi giorni, lo ha descritto come “pieno di segni delle botte ricevute”. Relativamente alle torture subite durante l’interrogatorio a cui è stato sottoposto subito dopo il suo arresto, l’avvocato ha aggiunto che “sono stati attenti. Professionali. Hanno usato cavi elettrici “volanti”, nessuno strumento che lasciasse intravedere l’utilizzo dell’elettroshock. Si tratta di vere torture. Cose che in Egitto sono diventate normali, se uno si occupa di diritti e libertà”.
8 febbraio 2020 – L’arresto
Dopo alcune ore di sparizione forzata nelle mani delle autorità egiziane, l’Egyptian Inititive for Personal Rights (Eipr) – associazione impegnata nella difesa dei diritti umani, con la quali Zaki ha collaborato – annucia l’arresto del ragazzo. Zaki è titolare, secondo l’accusa, di capi di imputazione gravissimi: nel mandato di cattura sono contenute accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. L’8 febbraio, Zaki compare di fronte alla procura della città di Mansura per la convalida dell’arresto. In Italia, la notizia viene resa nota da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia che, da lì iavanti, seguirà il caso Zaki tramite la campagna “FREE PATRICK ZAKI”.
Le comunicazioni dell’Eipr furono molto importanti per inquadrare lo sviluppo della vicenda nei primi giorni. Contemporaneamente, l’arresto di Zaki portò alla luce situazioni analoghe che avevano coinvolto alcuni membri dell’associazione nei mesi precedenti. Da ottobre 2019 infatti, ben sei membri dello staff dell’Eipr sono stati temporaneamente detenuti e interrogati dalle autorità egiziane. Il governo del Cairo continua a temere gli sforzi di ricerca e inchiesta portati avanti dagli attivisti e da soggetti politicamente attivi sparsi sul territorio. Per questa ragione, molte operazioni dell’Eipr vengono considerate illegali dalle forze di Abdel Fattah al-Sisi.
Dal 9 febbraio 2020 – 1 giorno
Con il diffondersi della notizia, le piazze italiane si riempiono di mobilitazioni per la liberazione di Zaki. Quella con maggiore eco internazionale è Bologna, città nella quale ragazzo stava frequentando il master. Il 10 febbraio, dopo un flashmob organizzato in Piazza Maggiore, l’intera comunità universitaria dell’Alma Mater si riunisce per chiedere chiarezza sull’incarcerazione del dottorando. “La ricerca non si arresta” è il messaggio dell’iniziativa. Nelle ore successive all’arresto, l’ateneo di Bologna crea un gruppo di crisi interno, responsabile dell’avvio di una collaborazione con l’allora Ministero dell’università Gaetano Manfredi. Intanto le spinte di piazza non si fermano, estendendosi a tutto il territorio nazionale e interessando anche i social. A pochi giorni dal lancio su Change.org, la petizione “Patrick libero” conta già 150mila adesioni.
13 febbraio 2020 – 5 giorni
Dalla stazione di polizia di Mansura-2, Zaki passa a quella di Talkha, situata a breve distanza. Per l’occasione, riceve una visita dalla famiglia e dai legali dell’ Eipr. Questi riferiscono che il ragazzo si trova in condizioni di detenzione “meno favorevoli” rispetto all’altro luogo, aggiungendo tuttavia che Patrick”non è stato maltrattato”. È altrettanto importante sottolineare la durata dell’incontro, che alcune fonti riportano di appena un minuto. Troppo poco, dunque, per avere certezza sulle reali condizioni di salute del ragazzo. Nello stesso giorno, la procura di Mansoura fissa per sabato 15 febbraio 2020 la prima udienza. L’appuntamento in tribunale raccoglierà l’appello dei legali di Zaki contro l’ordinanza si custodia cautelare emessa una settimana prima.
15 febbraio 2020 – 7 giorni
La giustizia egiziana sferra il primo, duro colpo a Zaki e ai suoi legali. I giudici respingono la richiesta di scarcerazione dopo un’udienza lampo di appena 10 minuti. Nel commentare la decisione, il procuratore generale al Cairo Hamada El Sawi afferma che “Patrick Zaki ha usato i suoi profili social per diffondere informazioni false e disturbare la pace e l’ordine pubblico”. A partire da questa prima sentenza, inizia un iter farraginoso destinato a durare nei mesi, che sfrutta i continui rinvii e le proproghe della custodia cautelare stabiliti dalle corte locale.
5 marzo 2020 – 26 giorni
Walid Hassan, uno dei legali di Zaki, comunica che il giovane è stato trasferito dal carcere di Mansura a quello di Tora, lo stesso in cui si trova ancora oggi. L’istituto penitenziario della capitale è conosciuto per ospitare una sezione dedicata alla detenzione di prigionieri politici.
13 luglio 2020 – 156 giorni
Il tribunale egiziano dispone ancora una volta il rinnovo della detenzione di Zaki, questa volta per ben 45 giorni. Lo rendono noto i legali del ragazzo, che il giorno prima erano potuti tornare in aula, per la prima volta dopo settimane, nonostante Zaki non fosse presente all’udienza. Riccardo Noury di Amnesty Italia si dice “scioccato” dall’esito dell’udienza.
26 luglio 2020 – 169 giorni
Nella giornata di domenica, Zaki – che i legali descrivono come “visibilmente dimagrito” – ottiene il primo colloquio con i suoi avvocati dal 7 marzo.
29 agosto 2020 – 204 giorni
Il gruppo Free Patrick riporta che la madre del ragazzo è riuscita a incontrarlo dopo oltre cinque mesi di detenzione. L’incontro sarebbe avvenuto quattro giorni prima rispetto alla diffusione della notizia. La donna racconta di uno Zaki in buona salute, ma molto preoccupato per la propria situazione, ancora senza la minima speranza di definizione.
21 novembre 2020 – 287 giorni
La Corte d’assise al Cairo allunga di altri 45 giorni la detenzione di Zaki. Durissime le reazioni di Amnesty Italia, che definisce la decisione un “accanimento giudiziario”, esortando “un’azione diplomatica forte da parte delle autorità italiane”. Pochi giorni prima del rinnovo, era giunta dall’ Egitto la notizia dell’arresto di Mohammed Basheer, direttore di Zaki all’Eipr.
2 dicembre 2020 – 299 giorni
La portata internazionale della vicenda porta alla mobilitazione anche Scarlett Johansson, celebrata attrice di Hollywood. In un video pubblicato su Youtube, l’attrice americana chiede la scarcerazione immediata di quattro attivisti dell’ Eipr, tra i quali è citato anche Zaki. L’appello avrà effetti per tre di loro, che lasceranno Tora poco dopo. Zaki resterà in carcere.
18 dicembre 2020 – 316 giorni
Dopo 316 giorni, l’Italia ottiene, almeno da un punto di vista istituzionale e simbolico, il supporto del parlamento europeo. Passa infatti una risoluzione con cui l’assemblea dell’Unione europea condanna l’Egitto per il mancato rispetto dei diritti umani e chiede all’Ue di attivarsi per ottenere la scarcerazione di Zaki e la collaborazione delle autorità egiziane sull’omicidio di Giulio Regeni. Il bilancio dei voti espressi racconta di 434 favorevoli, 49 i contrari e 202 gli astenuti.
7 febbraio 2021 – 365 giorni
Siamo a un anno esatto dall’arresto. Pochi giorni prima, il tribunale del Cairo aveva prolungamento nuovamente la detenzione di Zaki nella la prigione di Tora, questa volta senza nemmeno informare il legali el ragazzo con il dovuto anticipo. In questo Tweet diffuso dalla rete di sosteitori di Zaki FreePatrick, alcuni esponenti del parlamento europeo parlano per l’occasione.
6 aprile 2021 – 423 giorni
La Corte d’assise del Cairo prolunga di altri 45 giorni la prigionia di Zaki e nega la richiesta dei legali del ragazzo, che il giorno precedente avevano invocato la sostituzione dei giudici chiamati a decidere sulla custodia cautelare del ragazzo. Al termine dell’udienza, l’avvocato Hoda Nasrallah aveva parlato di uno “stato psicologico pessimo” riscontrato in Patrick.
14 aprile 2021 – 431 giorni
Viene approvato il provvedimento per l’assegnazione della cittadinanza italiana a Zaki. L’approvazione della mozione avviene a Palazzo Madama con 208 voti favorevoli, nessun contrario e 33 astenuti, tra cui i senatori di Fratelli d’Italia. Alla discussione interviene anche la senatrice a vita Liliana Segre. Durante un’intervista rilasciata a Radio Popolare, Segre dichiara che “c’è qualcosa nella storia di Patrick Zaki che prende in modo particolare, ed è ricordare quando un innocente è in prigione. Questo l’ho provato anch’io e sarò sempre presente, almeno spiritualmente quando si parla di libertà”. Poche ore dopo l’approvazione della mozione, arrivano le dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, che “sfila” il governo da eventuali partecipazioni nell’ iniziativa della cittadinanza, definita di natura “parlamentare”. Le parole di Draghi, che suggeriscono una presa di distanza dalla questione, non vengono ben accolte né da Amnesty International, né da alcuni esponenti politici.
16 giugno 2020 – 494 giorni
Per festeggiare il suo 30esimo compleanno, Zaki consegna alla famiglia che gli ha fatto visita un biglietto per gli amici, i compagni e i docenti dell’università, e le tante persone che in questo anno e mezzo gli hanno dedicato un pensiero. Il messaggio, scritto in arabo, recita:”Grazie per i vostri felici auguri per il mio compleanno, il vostro sostegno attraversa i muri”.