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“Ogni parola che sapevo”, Andrea Vianello racconta la storia del suo ictus

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«Mia moglie arriva trafelata. […]Ha gli occhi sgranati. ‘Che succede? Che succede?’ mi chiede. La mia risposta è chiara: ‘Megpdeiigrhiaa!’ le dico concitato, ‘mrlaiofoourhdka uhfe giumhu’. Non si capisce niente, lei non capisce niente, nemmeno io capisco niente, parlo una lingua nuova, eppure lo so cosa voglio dire, ma un demone si è intrufolato nella mia bocca».

Andrea Vianello ha deciso di raccontare la storia del suo ictus nel libro “Ogni parola che sapevo”. Nel caso specifico si è trattato di un’ischemia cerebrale che il 2 febbraio 2019 ha colpito il lato sinistro del cervello, causata da una dissecazione della carotide. Operato d’urgenza, ha dovuto fare i conti con una riabilitazione lenta e logorante, che in molti casi trascina con sé danni senza possibilità di guarigione. Ma soprattutto ha dovuto affrontare una prospettiva terribile: le sue parole, così chiare e nette nella sua mente, erano perdute. Quell’atto così famigliare per lui – giornalista televisivo – era diventato una sfida quotidiana. La sua identità e il suo mestiere si erano tramutati in fonemi a caso, parole ingarbugliate, confusione totale.

Oggi Andrea Vianello è migliorato, sta tornando a condurre una vita normale e mostra quell’energia e eloquenza che lo hanno sempre contraddistinto.

Andrea Vianello, di tutta questa sua esperienza cosa pensa abbia pesato di più per scrivere questo libro?

È stato un anno difficilissimo che non posso certamente definire positivo. Ho passato momenti indicibili, rischiando anche la morte. E in queste situazioni si viene a creare un rapporto diverso con se stessi. È maturata in me una forza straordinaria e inaspettata che mi ha portato a scrivere questo libro, che è stato per me anche una terapia. Spero possa aiutarmi a ritrovare serenità ma spero anche che possa trasmettere consapevolezza a chi vive questo dramma.

Ora che sta meglio sente che le priorità sono cambiate?

Certamente sì. Finché non si affrontano questi drammi si vive la vita di tutti i giorni dando un peso sbagliato alle situazioni e alle relazioni. Capisci che ci sono cose che reputi centrali che invece sono prive di importanza. E proprio scrivere questo libro e averlo sempre affianco mi aiuta a ricordare che ci sono valori e legami che vengono prima di qualsiasi cosa. Bisogna vivere ogni giorno con orgoglio.

Dalle sue parole traspare grande sofferenza ma anche grande determinazione. Quali consigli si sente di dare a noi aspiranti giornalisti?

Trovare storie, dare le notizie e farlo sempre a testa alta e con la schiena dritta. Con il passare del tempo si acquisisce malizia ma anche consapevolezza. Sappiamo che per la nostra professione è un momento difficile ma con la perseveranza e un pizzico di malizia si possono raggiungere risultati importanti e togliersi parecchie soddisfazioni.

Continuerà ad occuparsi del Premio Morrione?

Certo. È un impegno e un grande piacere. Ero un grande amico di Roberto Morrione. Con questo gruppo di amici vogliamo portare avanti questo premio che permette ai giovani di fare inchieste. È una caratteristica unica e voglio continuare a dare il mio contributo per questa causa.

Ha detto di volersi impegnare per una maggiore trasparenza di osteopati e chiropratici per far conoscere i rischi delle manipolazioni cervicali. In che rapporti è rimasto con il medico che l’ha seguita?

Non c’è più alcun rapporto ma non è di lui che dobbiamo parlare. Da paziente – oltre che da giornalista – ho cercato di approfondire il tema dei rischi per chi si sottopone alle manipolazioni. Diversi neurochirurghi mi hanno confermato la possibilità di subire danni più o meno gravi nell’affidarsi a queste pratiche. Non è in discussione la professionalità degli operatori e della categoria, ma è importante parlarne e informare i pazienti per accrescere la trasparenza. Portare a compimento la creazione di un albo in cui i professionisti dichiarano i loro studi e le loro competenze dovrebbe essere una battaglia comune e spero la diventi.

FEDERICO CASANOVA