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Nel vercellese assistenza ai bambini per i genitori che lavorano, ma non è un ritorno in classe

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Riaprono i locali delle scuole, ma non è un ritorno anticipato in aula. Da domani, 12 maggio, parte il servizio di assistenza ai minori in tre Comuni del vercellese. Una risposta pubblica ai problemi di quelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e non c’è la possibilità di affidare i figli a parenti o vicini, in questo periodo di chiusura prolungata delle scuole. L’iniziativa, lanciata dal sindaco di Borgosesia e deputato della Lega Paolo Tiramani, è stata sposata dai colleghi dei vicini Comuni di Varallo e Quarona, i più popolosi dell’Unione Montana Valsesia. Ne è nato un protocollo avallato dalla Giunta regionale, revisionato e validato dal virologo Giovanni Di Perri, membro della task force sanitaria piemontese.
“Abbiamo pensato a una formula per offrire un servizio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. L’inizio era previsto per lunedì, ma oggi dobbiamo ancora attendere la validazione dei test sierologici a cui sono stati sottoposti sia gli operatori delle cooperative sia i genitori che hanno aderito” ha spiegato Tiramani. Un gruppo di educatori seguirà quindi una trentina di bambini di età compresa tra i 3 e i 10 anni, venti a Borgosesia, nove a Quarona e due a Varallo. I bambini svolgeranno i compiti assegnati da remoto dagli insegnanti delle loro scuole dell’infanzia e primaria. “Questo non è un servizio educativo, i nostri bambini delle elementari non entreranno nemmeno a scuola, ma saranno ospitati nei locali dell’oratorio parrocchiale per cui abbiamo ottenuto il permesso di utilizzo dalla Diocesi di Novara” ha spiegato il sindaco di Quarona Francesco Pietrasanta. “Il nostro non è un atto di ribellione verso il dpcm del Governo, non ci saranno assembramenti, a ogni operatore saranno affidati al massimo cinque bambini. Utilizzeranno i dispositivi di protezione obbligatori e tutti hanno una polizza assicurativa riguardante il Covid”.
Il primo cittadino di Varallo, Eraldo Botta, esprime soddisfazione: “È un progetto pilota, può essere un modo per cominciare a pensare al futuro e studiare soluzioni per chi non ha alternative nell’assistenza ai figli”.
Il costo per ogni bambino è di 15 euro al giorno, incluso il pasto fornito dalla mensa. Per ragioni sanitarie è stata negata la possibilità di portarsi il pranzo da casa. L’iniziativa durerà un mese esatto, fino al 12 giugno. Nel frattempo si valuteranno ipotesi per l’estate. Non ci sono ancora state reazioni ufficiali dal Governo. Le critiche sono arrivate dal gruppo del Movimento 5 Stelle regionale, con la consigliera Francesca Frediani che ha parlato di “sfida continua da parte delle amministrazioni di centrodestra”. Il vicepresidente della Commissione Sanità regionale, Domenico Rossi del Partito Democratico, ha chiesto approfondimenti per “capire se ci sono le condizioni normative e di sicurezza sanitaria per una sperimentazione di questo tipo”.
Il ministero dell’Istruzione sembra non aver gradito, ma la posizione dei sindaci è chiara: “Nel momento in cui sono state riaperte le aziende è mancata una risposta da parte del Governo ai bisogni delle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Quando hanno un problema i cittadini vengono a chiedere risposte a noi e il nostro dovere è fare tutto il possibile per loro”.

LUCA PARENA