Salvini cerca un modo per fermare Berlusconi, ormai con poche chance, mentre il Cavaliere non vuole mollare il pallino del gioco. Anche per continuare a dire la sua sul prossimo inquilino del Colle. Marco Damilano, direttore de L’Espresso, mette in chiaro che la partita è ancora aperta ma che gli scenari si iniziano a delineare. E a sei giorni dall’elezione del 13° Presidente della Repubblica, l’autore del saggio Il Presidente (La Nave di Teseo, 2020) e del podcast Romanzo Quirinale, prodotto in collaborazione con Chora Media, con prudenza, indica i nomi, che, finora, restano i più papabili.
Partiamo dall’attualità: cosa significa il dietrofront di Salvini di ieri e come Berlusconi sta cercando di difendere la sua candidatura?
“Salvini sta cercando un modo per far capire a Berlusconi che la sua candidatura non esiste. Io credo che Berlusconi stia cercando di difendere soprattutto il suo ruolo, che in questo momento è quello del candidato ma che, nel giro di qualche ora, potrebbe diventare quello del kingmaker (espressione che indica chi ha il potere necessario a fare eleggere un’altra persona in un ruolo importante, ndr) di un altro candidato. La partita tra i due è duplice, e riguarda sia la candidatura di Berlusconi (come difenderla, per il primo, come affossarla, per Salvini) sia come proporsi prima dell’altro come kingmaker del centrodestra”.
C’è un nome che potrebbe ricompattare il centrodestra in questa fase?
“Non so se ci sarà un nome che ricompatta il centrodestra, però penso che i nomi che possono ricompattare tutto l’arco parlamentare siano pochissimi: Mario Draghi, Sergio Mattarella (se tutti glielo chiedessero) e, forse, Giuliano Amato, ma soprattutto i primi due”.
In questo gioco, come possiamo leggere a sei giorni dalla prima votazione la candidatura di Mario Draghi?
“Mario Draghi non ha mai negato di essere uno dei candidati al Quirinale, sta aspettando le decisioni dei partiti e ci sarà un momento in cui entrerà in scena per dire ‘sono disponibile’ o smentire questa possibilità. Siamo ancora nel momento dell’attesa”.
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e la presidente del Senato ed ex membro del Csm Elisabetta Casellati sono nomi spesso citati. Ma quali possibilità hanno?
“Sono profili credibili ma sono anche candidature molto di parte, lontane dalle caratteristiche che Pd e Movimento 5 stelle chiedono al (o alla) persona presidenziabile”.
Recentemente, Prodi ha dichiarato che i veti continuano a contare più dei voti. I franchi tiratori possono fare la differenza?
“Dipende da cosa faranno i kingmaker. Se si creerà una situazione risicata, saranno dei protagonisti; qualora dovesse venire raggiunto un accordo generale, i franchi tiratori saranno frustrati nel loro tentativo di essere determinanti”.
Parliamo anche di chi sta per congedarsi: cosa rimarrà del settennato di Sergio Mattarella?
“Prima di tutto uno stile di sobrietà, di distacco dagli orpelli del potere e di grande vicinanza con la società italiana, soprattutto con quelle parti che vivono una sofferenza, un dolore e che in questi sette anni hanno visto acuirsi le disuguaglianze. Poi una lezione di unità, che in un paese come il nostro, diviso per territori, fasce d’età, genere e politica, non è uno slogan vuoto. La sua è una lezione di ‘ricucitura’ e ‘ricostruzione’, due parole che Mattarella ha utilizzato in più occasioni nel corso del suo settennato”.
Come si è evoluta, nel corso della storia repubblicana, la figura del Presidente? Sappiamo che non è stato solo un “garante”, come giustamente fai notare nel libro. La stessa Costituzione ha scelto di riservare, per questa figura, la parola “Capo”, anche se usciti dall’esperienza della dittatura.
“Si è evoluta insieme al sistema politico. Fino al 1992 (ma in realtà era già stata messa in crisi nel 1978, con l’omicidio di Aldo Moro) ha tenuto la Repubblica dei partiti. In quel contesto, il Presidente aveva un ruolo più notarile. Con la seconda Repubblica, fondata sulla personalizzazione della politica, il ruolo è mutato sensibilmente: i presidenti, Scalfaro, Ciampi, Napolitano e Mattarella, diversi tra di loro per carattere personale e provenienza politica, hanno guidato il gioco, perché i partiti non erano più capaci di farlo. Ora siamo al punto massimo di questa evoluzione, ecco perché questa elezione è così importante”.