La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Mal’aria, Mezzalama: “A Torino siamo fermi da 15 anni”

condividi

“Siamo seduti su problemi che esistono da 15 anni. Non c’è una vera riduzione delle emissioni, siamo a un plateau” così Roberto Mezzalama risponde al Report “Mal’Aria” di Legambiente che vede Torino come città con la peggiore qualità dell’aria d’Italia. “I miglioramenti che ci sono stati sono frutto di decisioni prese altrove” le misure di contenimento sono merito solo dell’Unione Europea e dell’OMS, denuncia il rappresentante dell’Osservatorio Civico per il Clima di Torino. 

Mal’aria non lascia spazio a fraintendimenti. Il capoluogo piemontese ha superato per 98 giorni, quasi tre mesi, il limite delle polveri sottili Pm10 (è consentito eccedere 35 volte all’anno). Seguono Milano (84 sforamenti) e Asti (79). L’obiettivo delle direttive dell’OMS e dell’Unione Europea è tutelare la salute dei cittadini e permettere alle città di diventare Carbon neutral entro il 2030, ovvero a “emissioni zero” di carbonio. Torino nel decennio 2011-2021 ha ridotto l’inquinamento complessivo di circa il 5%, ma per raggiungere la neutralità nei prossimi sette anni dovrà arrivare a dimezzare le attuali emissioni. Un obiettivo al momento irraggiungibile ma a cui si deve tendere, secondo le dichiarazioni concordi del Comune di Torino e della Città metropolitana. Di questo passo, serviranno altri 17 anni per rientrare nei parametri.

Al centro, il problema della salute dei cittadini. Secondo il report sono 900 i morti da inquinamento nell’ultimo anno a Torino. “Serve un coinvolgimento tra cittadini e istituzioni” commenta Mezzalama “bisogna procedere in maniera parallela. Questi decessi non sono accettabili”. 

Cosa si può fare di concreto?

“La priorità è limitare la velocità di circolazione. Così si ottiene un effetto immediato sulle emissioni e allo stesso tempo si inducono le persone a utilizzare di meno l’auto. Si chiama “gerarchia di mitigazione”: il primo livello è spingere i cittadini a scegliere di spostarsi in altro modo. Poi, far sì che il mezzo sia il meno inquinante possibile. Anche sulle autostrade i limiti dovrebbero scendere ai 110 km/h, c’è una bella differenza in termini di inquinamento rispetto ai 130 km/h. Per non parlare, poi, di quanto costa mantenere un’auto”. 

Quali sono le altre priorità?

“Controllare il riscaldamento e ridurre le emissioni di ammoniaca e di metano che vengono dall’agricoltura”. 

Ridurre la produzione delle industrie non penalizza l’economia della Regione?

“Bisogna uscire dall’idea che la salvaguardia dell’ambiente sia in contrasto con il guadagno delle aziende. Oggi le tecnologie pulite sono vantaggiose: un impianto fotovoltaico, per esempio, costa un quinto rispetto a dieci anni fa. Nel tempo l’investimento si ripaga, ad oggi si spende di più per finanziare un’attività inquinante”.

Il blocco dei diesel Euro 5 previsto dalla Regione per settembre 2023 (che fa parte di una delibera pubblicata nel 2021) è una prima soluzione?

“Sì e no. Le misure di emergenza si prendono nei momenti in cui c’è già una certa quantità di inquinamento, quindi diventa difficile invertire il trend solo fermando le macchine. È una misura non così efficace proprio perché l’accumulo di inquinanti bisogna prevenirlo”.

Tra politica e cittadini, da dove deve partire il cambiamento?

“Le cose devono andare avanti parallelamente. Il limite principale delle amministrazioni è che quando vengono prese delle misure per il clima non vengono mai spiegate a sufficienza alle persone. Se crediamo veramente che il tema della riduzione delle emissioni sia fondamentale, che è quello che ci dicono gli scienziati, dobbiamo affrontarlo tutti i giorni, non una volta l’anno. In qualunque organizzazione la domanda “quanto costa?” è automatica. Dopodiché bisogna chiedersi: “Quali sono gli effetti sulle emissioni e sulla salute? Che messaggio viene mandato rispetto al tema della transizione ecologica?”. Se facciamo così, allora da lì può iniziare il cambiamento”. 

E i cittadini?

“Ai cittadini bisogna dire le cose in maniera più chiara. Serve che il sindaco di Torino spieghi alle persone che non è accettabile avere 900 morti all’anno per l’inquinamento. Chi manifesta per il clima in questo momento viene criminalizzato. Poi, sicuramente bisogna cambiare le abitudini di molte persone. Quando si prendono decisioni impopolari la responsabilità dei cittadini è alta. Però c’è un’ipocrisia di fondo, per cui nei sondaggi si è sensibili al tema, ma poi la propria auto non la si lascia mai”.

C’è un dialogo aperto con le istituzioni sul tema?

“Noi abbiamo fatto un tentativo. A nome di circa trenta associazioni abbiamo scritto al sindaco Lorusso e all’assessora alla transizione ecologica Foglietta. Lui non ha mai risposto, con lei si sta cercando di instaurare un dialogo. Questa amministrazione deve decidere se abbracciare il tema della transizione ecologica come impegno politico complessivo”.