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MADRI – La rivincita di Valentina

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Secondo l’ultima analisi dei dati del sistema informativo nazionale delle dipendenze, nel 2021 sono stati 123.871 i soggetti dipendenti da sostanze assistiti dai servizi italiani. Di questi, il 12,6% sono nuovi utenti, cioè 15.653. In questa schiera di “invisibili”, le donne sono la minoranza: il rapporto è di una ogni sei maschi, prevalentemente di età compresa tra i 35 e i 54 anni. In riferimento alla condizione abitativa, coloro che hanno figli vivono con loro in circa il 46,4% dei casi. Del resto, solo il 58,9% dei pazienti ha una fissa dimora e il lavoro rappresenta un ulteriore tasto dolente: le persone disoccupate sono il 29,5% negli utenti già in carico e il 26,1% nei nuovi utenti.

Un cane che si morde la coda insomma, una situazione di indigenza che trascina dietro di sé situazioni di grave precarietà. Ma la tossicodipendenza va spesso a braccetto anche con un altro male sommerso: l’alcolismo. L’Istituto superiore di sanità parla di 63.490 persone prese in carico dai servizi nel 2021. A queste vanno aggiunti poi i cosiddetti “consumatori dannosi”, assimilati clinicamente agli alcoldipendenti e quindi da prendere in carico presso i servizi territoriali: in Italia, ben 750mila persone solo nel 2021, di cui 300mila donne.

Un altro fronte della fragilità sociale è legato alle situazioni di violenza, di abuso, di stalking. L’ultimo rapporto Benessere equo e sostenibile, curato ed edito dall’Istat, parla di un aumento nel 2022 delle chiamate al servizio di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking. Il luogo dove più frequentemente si consuma la violenza continua a essere la casa della vittima: l’82% delle donne dichiara che l’atto di violento si è verificato nella propria abitazione. Del resto, nel 54,8% dei casi l’autore della violenza è il partner attuale, nel 22,9% un ex partner, nel 12,5% un altro familiare o parente. Tuttavia, la quota delle vittime che denunciano la violenza continua a rimanere molto bassa: nel 2022 solo il 14,8% dichiara di aver presentato una denuncia a cui va aggiunto un 3,1% delle vittime che ha presentato la denuncia ma poi l’ha ritirata. Un dato però è certo: le donne, nella quasi totalità dei casi, arrivano con il bisogno primario di essere ascoltate (93,8%) e accolte (73,2%). Le conseguenze possono infatti determinare isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli.

La storia di Valentina (nome di fantasia per garantire l’anonimato), madre torinese di 49 anni, mostra come violenze, difficoltà economiche e dipendenze si accaniscano e si alimentino a vicenda. La maternità in queste situazioni rappresenta una sfida al limite dell’impossibile: c’è bisogno di aiuto. Attualmente, Valentina ha appena concluso il percorso Forza mamme di Specchio dei Tempi, grazie al quale ha potuto intraprendere la lunga e tortuosa via dell’emancipazione.

“Chi è Valentina?”

“Valentina? È una mamma con venti miliardi di problemi”. Lei risponde diretta, senza pensarci due volte. Poi abbandona la terza persona: “Sono autolesionista”, dice mostrando le braccia. Le cicatrici sono almeno una decina, rilevate e una vicina all’altra. A tratti si sovrappongono, come se lo spazio per provare dolore – rimasto libero tra una ferita e l’altra – non fosse mai abbastanza. Ormai sono parte di lei, tatuaggi indelebili di una vita tormentata. “Questi però sono solo una piccola parte”, sussurra. Sembra una confessione, un po’ come si fa con i segreti.

Consapevole delle sue fragilità, Valentina è seguita da uno psichiatra. “Devo solo evitare di avere delle crisi che mi buttano giù, perché da quel momento nella mia testa scatta qualcosa che mi uccide”, continua. “Sai, ho sempre frequentato persone che mi hanno fatto stare male”, racconta, cercando di risalire alla radice del problema. “Purtroppo mi affeziono subito alla gente: molto ingenuamente, do il massimo a tutti. Il problema è che non so distinguere le persone buone da quelle cattive. Lo imparo solo dopo a mie spese”.

Dalle violenze alla richiesta di aiuto

Valentina racconta di essere stata picchiata, più volte. La sua voce, prima squillante, a questo punto si affievolisce. Valentina è una delle (troppe) donne ancora vittime di violenza: il fenomeno coinvolge una donna su tre, nel mondo. In Italia, i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica (4 milioni 353 mila) o sessuale (4 milioni e 520 mila) e che le forme più gravi sono esercitate dalle persone più vicine: partner, parenti o amici. Si pensi agli stupri, che sono commessi nel 62,7% dei casi da partner. Anche le violenze fisiche, come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi, sono per la maggior parte opera dei partner o ex, mentre gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali.

Eppure, Valentina non è l’unica della famiglia ad essere divenuta vittima. “Mia figlia all’età di quattro anni ha subito un episodio di violenza”, racconta con voce flebile. È a quel punto che tutto è crollato. “Sono andata fuori di testa – racconta -. È stato un calvario e ho tentato di farmi del male in ogni modo, nei modi peggiori che una persona possa pensare. Ho anche tentato di farmi fuori, ingerendo botticini e botticini di un farmaco. Non riuscivo neanche a toccare o a lavare mia figlia in quel periodo. Per fortuna c’era una mia amica che mi aiutava, perché io non capivo niente”.

È a quel punto che Valentina, che soffriva anche di alcolismo, si è fatta aiutare da un ospedale psichiatrico e sua figlia è stata presa in affido. “Io avevo bisogno che mi aiutassero per mia figlia. Volevo che lei stesse bene e io in quel momento non ero a posto con la testa. Era giusto così”, dice. Per nove anni sua figlia ha quindi vissuto in una casa famiglia, ma Valentina ha sempre mantenuto i contatti con lei: “La vedevo e la sentivo sempre, anche con i servizi sociali. Per lei darei la vita”. Certo è che, comunque, a quel tempo la figlia non conosceva del tutto i motivi dell’affidamento. Ne è venuta a conoscenza solo crescendo grazie al sostegno di un neuropsichiatra.

Valentina fa riferimento anche ai problemi di tossicodipendenza dell’ex compagno, di cui tutt’ora soffre. “So che forse non era in grado di capire ciò che era successo. Ancora tutt’ora nega, ma per le condizioni in cui è lo capisco”, afferma. Tuttavia, non ha mai impedito alla figlia – ora maggiorenne – di vederlo. “Io non sono nessuno per farlo”, spiega. “Io sono sua mamma e la proteggo, ma non le dirò mai cosa è giusto. Il cuore è suo, la testa è sua. Solo ed esclusivamente lei può decidere a chi volere bene e a chi no, non posso farlo io”.

Il ricongiungimento con la figlia

Durante il periodo di affido della figlia, Valentina è stata nei dormitori, vivendo in strada durante il giorno. Ne parla con difficoltà: “Vai lì a dormire dalle otto di sera, ma alle sette di mattina devi uscire. E se è estate, se è primavera, se c’è Natale, Pasqua, la domenica, tu non sei lì dentro al riparo, ma sei fuori. Che ci sia il sole o che cada la pioggia o la neve non cambia: sei fuori”. 

Valentina però non si è mai arresa e da due anni sua figlia è nuovamente con lei. Quando ne parla, fatica a trattenere le lacrime. Finalmente, nonostante le difficoltà, si dice “felice”. “Sai – continua –, quando una persona vive tanto in collegio come me e in affidamento come lei, le vite sono molto diverse da quelle di una persona che ha vissuto in famiglia… Sì insomma, da una persona che ha vissuto una vita normale. Però ce l’ho fatta e sono fiera di lei. Ma lo sarò per tutta la mia vita perché è una ragazza con la testa sul collo”.

Anche Valentina ha infatti trascorso parte della sua infanzia e adolescenza lontana da casa, però non in una casa famiglia ma tra le mura di un collegio. Del resto, così come quella della figlia, anche la sua storia è stata travagliata fin dalla tenera età. “Subivo violenza domestica da mia madre”, racconta. “Tutt’ora ho problemi alla schiena per le percosse subite”. Ma Valentina non vuole rimanere nel passato e cambia argomento. Fa un sospiro profondo e si passa una mano sul viso, pronta a cambiare capitolo: dell’argomento come della vita. 

Specchio dei tempi mi ha salvato la vita

“Ho chiesto aiuto a Forza mamme perché purtroppo vivo di reddito di cittadinanza e non riuscivo a pagare le bollette. Inizialmente non volevo andare. Sai, non amo molto stare in mezzo alla gente. Ma adesso sto imparando. Ho sempre detto che nella vita devo farcela da sola, però ho capito che, in un modo nell’altro, una mano devi averla”, continua.

Valentina è talmente esuberante, vivace, che fatica a tenere il filo del discorso. Si perde tra mille digressioni, in cui emergono però le sue passioni. Tra queste, ora, c’è il volontariato, che insieme a Specchio dei tempi le ha salvato la vita. “Mi ero sempre detta che non ero in grado di fare niente, che non ho valori. Invece ho scoperto che non è così. Mi hanno aiutata a capire me stessa e a dire: ‘Io sono capace’”.

Economicamente, per Valentina il progetto è stato “importantissimo”. Dei buoni spesa di cui disponeva, però, ha dovuto rinunciare a quelli della verdura. “Non sono andata a prenderli perché erano in un posto in cui davvero non potevo andare”, rivela. Perché Valentina fa parte di quella fetta di donne (16,1%, per un totale di 3 milioni 466 mila) che, secondo i dati Istat, hanno subìto stalking.

Per Valentina l’incubo è stato doppio. Due episodi diversi nell’arco di sei anni, tra paure e difficoltà a essere creduta. Ora è tutto finito, ma per lei le ferite sono ancora aperte. Uno dei due stalking subiti è stato particolarmente traumatico: “Non potevo parlare con nessuno – afferma -. E rischiavo la vita: mi seguiva ovunque. Inizialmente andavo a fare le pulizie da lui, poi si è attaccato a me. Mi voleva a tutti i costi e ha usato di me. Mi aspettava sotto casa, veniva sotto la mia finestra. Stava lì ore, notti. Io non potevo uscire. Mi ha distrutto la vita. È stato denunciato, è stato dentro”.

Dallo stalking all’emancipazione

Se Valentina prima “viveva perché doveva”, ora vive perché vuole. Forza mamme le ha permesso di “sbloccarsi”, di riappropriarsi della sua vita e della sua identità. Avendo vissuto a lungo lontano dalla figlia, Valentina non riusciva infatti a capire se con lei si stesse comportando in maniera “giusta” o se stesse “sbagliando tutto”. Grazie al progetto, però, è riuscita a capire come interagirci, ma anche a “calmarsi” e ad arginare la sua forte emotività.

Per Valentina, le parole chiave sono due: conoscere e capire. Innanzitutto sé stessa, sua figlia e sé stessa con la figlia. Ma anche il mondo che la circonda. “Per esempio, mi hanno spiegato cosa sono e come funzionano lo Spid e la Pec. Come fai a sapere cosa sono se nessuno te li spiega? Per me è stato fondamentale”, racconta. Così come leggere le bollette e fare l’Isee. “Ringrazierò Forza mamme a vita”.

Ora Valentina si prende cura di un signore anziano e ha iniziato un corso online per diventare social media manager, ma la sua intenzione è entrare in una cooperativa di telemedicina. Il sogno nel cassetto, invece, è scrivere un libro su di sé. Chissà, forse per mandare un messaggio che ha cercato di trasmettere durante tutta l’intervista: non disprezzate chi soffre. Perché, dice Valentina, l’inclinazione al giudizio è tra le piaghe più grandi della nostra società. E invece “c’è bisogno di aiuto vero per aiutare le mamme, ma anche i papà e, più in generale, tutti, a salvare se stessi”. 

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