Mancano poco più di due settimane alle primarie del centrosinistra del 12 e 13 giugno, che decideranno il candidato che sfiderà Paolo Damilano per la corsa a sindaco di Torino. Il favorito è Stefano Lo Russo, docente del Politecnico e capogruppo del Pd in consiglio comunale, dove la sua forte opposizione alla giunta del sindaco uscente Chiara Appendino ha di fatto chiuso le porte ad un accordo elettorale con il Movimento 5 Stelle, come chiedevano i vertici nazionali. Lo Russo, che ha incassato l’endorsement dei big del centrosinistra cittadino come gli ex sindaci Chiamparino e Castellani, alle primarie dovrà vedersela con il radicale Igor Boni, con l’ex assessore della giunta Fassino Enzo Lavolta e con il civico Francesco Tresso. Ieri era presente all’inaugurazione della piazzola restaurata di Alberto Ascari, dove abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda.
Esclude categoricamente un apparentamento con il Movimento 5 stelle al secondo turno?
Intanto pensiamo a fare le primarie, per sviluppare la campagna elettorale ci sarà tempo. Io non penso a queste cose: il tema è la crisi di questa città, non chi dev’essere mio avversario o mio alleato. Di tutti quelli con cui parlo nessuno mi chiede dell’alleanza con i 5 Stelle, mi sembra più un dibattito interno al ceto politico e non un tema d’interesse per le persone comuni. I torinesi che incontro fuori dai palazzi mi chiedono lavoro, prospettive di sviluppo, non chi sta con chi alle prossime elezioni. Dobbiamo combattere non contro le persone ma contro i problemi. Il nemico da battere non è il centrodestra o il M5s, ma la povertà, la disoccupazione e il decadimento economico di Torino.
Forse è un tema sentito più a livello nazionale, che vede nelle amministrative un laboratorio per un’alleanza stabile tra Pd e M5s. Ha ricevuto pressioni in merito?
Noi abbiamo fatto un percorso, il Partito democratico torinese ha proposto ai vertici nazionali uno schema su cui si è discusso, com’è normale fare in democrazia. Noi non abbiamo chi decide i candidati nelle segrete stanze romane, dove si ritrovano in tre per decidere quali saranno i candidati nelle varie città. Abbiamo uno stile diverso, che risulta il più delle volte più faticoso e difficile da comprendere, ma è una conseguenza culturale del non avere partiti azienda guidati da padroni, ma un partito fatto di persone, di militanti che tutti i giorni si spendono sui loro territori e che è giusto vengano ascoltate. Credo che questo sia un discrimine piuttosto importante per chi crede nella democrazia, soprattutto in un momento come questo in cui la deriva autoritaria è sempre dietro l’angolo.
Quali sono le vostre idee per ricqualificare le periferie?
Grazie ai fondi del Pnrr avremo l’opportunità di liberare risorse da destinare alle periferie, ma qui il tema da sollevare è quello della creazione di ricchezza: abbiamo l’esigenza di riportare il lavoro al centro della città e del ragionamento politico. Lavoro sarà la parola d’ordine della mia campagna per le primarie e spero per la candidatura a sindaco. È il lavoro la vera emergenza di Torino, se saremo in grado di dare opportunità di lavoro molti dei problemi che attanagliano le periferie potranno risolversi.
Cosa ne pensa della proposta di Enrico Letta di dote ai diciottenni? Potrebbe contribuire a risolvere i problemi di disuguaglianza e povertà che colpiscono la città?
La proposta del segretario Letta coglie un punto, che è quello della redistribuzione della ricchezza. La questione della redistribuzione è centrale, e credo fortemente che una società più equa e più sana serva anche alle persone che hanno più mezzi. È una delle proposte in campo, ma sono convinto ve ne saranno delle altre, e attraverso la dialettica politica si trovi la giusta mediazione per arrivare ad una riforma fiscale che faccia il bene del paese.
L’Università assume un ruolo sempre più importante nell’economia della città. Quali iniziative per i giovani intraprenderebbe se venisse eletto?
La città e l’Università sono sempre più interconnesse. Per questo un punto fondamentale del mio programma, che spero venga condiviso da tutto il centrosinistra, è che Torino debba sempre più diventare una città per giovani. C’è un tema gigantesco che riguarda sia i giovani torinesi che i ragazzi che vengono da fuori per studiare e formarsi. Rilanciare l’attività culturale è fondamentale per il rilancio della, e una delle mie proposte è quella di riaprire i Murazzi, nell’ottica di far ripartire l’industria dell’intrattenimento. Non è possibile che un ragazzo giovane oggi abbia a disposizione solo vinerie e ristoranti: c’è tutto un tema di promozione di attività culturali che dev’essere uno dei tasselli fondamentali intorno a cui concentrare le azioni della prossima amministrazione, visto che quella attuale i giovani se li è un po’ dimenticati.
C’è ancora un futuro per il settore industriale a Torino?
Credo che la transizione ecologica e la trasformazione industriale verso le nuove tecnologie green sia una grandissima opportunità di reindustrializzazione per la città, che potrà avviare un grande processo di conversione del comparto produttivo. Io credo moltissimo nel settore manifatturiero, Torino ha una storica tradizione riconosciuta in tutto il mondo e ha una fortissima interconnessione con l’alta formazione, sia quella di carattere accademico del Politecnico che quella di carattere tecnico degli ITS. La vocazione industriale è la vocazione di Torino: non possiamo permetterci di fare a meno di un settore così strategico per la città e per l’intero Paese ma dobbiamo accompagnarlo nella sua riqualificazione, su questo sono ottimista per il futuro.
Avremo l’Eurovision a Torino?
Io ho proposto la candidatura di Torino per organizzare l’evento, che è stata accolta e speriamo tutti abbia esito positivo. Dobbiamo rilanciare sull’organizzazione dei grandi eventi internazionali, su cui abbiamo perso tantissimo terreno negli ultimi anni, a partire dalla mancata candidatura alle Olimpiadi invernali del 2026. Concerti, manifestazioni ed eventi sportivi devono tornare a caratterizzare questa città. Nei prossimi anni ospiteremo le Atp Finals di tennis e le Universiadi invernali, con cui speriamo di recuperare il tempo perduto da questa amministrazione. Torino deve ritrovare lo spirito delle Olimpiadi del 2006, quell’orgoglio di essere torinesi che negli ultimi anni si è un po’ affievolito.