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L’emergenza coronavirus dal punto di vista dei pazienti con disturbi psichiatrici

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Un mondo nel cuore e non riuscire a esprimerlo con le parole. Prendendo in prestito i versi di De Andrè, è questo che si pensa in generale delle persone affette da disturbi psichiatrici. Ma le cose, come dimostra la canzone, non stanno proprio così.

“Io penso che in questo momento molti di quelli che soffrono di un disturbo psichico non è detto che vadano più fuori di noi. Anzi. Mi sembra che il problema di salute mentale sia più per il resto della popolazione. Per le cosiddette persone ‘normali’”. Così Danila Mezzano, presidente della Cooperativa Sociale Progetto Muret di Torino, rovescia il punto di vista e pensa alle ricadute che, invece, avrà o che sta già producendo l’emergenza sanitaria Coronavirus sugli italiani in quarantena. “Perché – aggiunge – qui almeno non siamo soli”.

Il Progetto Muret è nato nel 1988 per abbattere i muri dello stigma, dell’indifferenza, dell’isolamento sociale. Promuove e favorisce l’integrazione sociale dei diversabili psichici. Offre servizi residenziali e domiciliari a cittadini con problemi psichiatrici e alle loro famiglie.

“I nostri pazienti, che siano in struttura o a casa, sono seguiti. Non sono abbandonati a loro stessi, si confrontano quotidianamente sulle loro paure e ansie”. Certo, fa notare la presidente, patiscono la lontananza dai familiari e amici o il fatto di non poter girare liberamente in città. “Ma avendo sempre gli operatori al loro fianco, reggono abbastanza bene”.

La cooperativa ha dovuto ridurre le prestazioni: i pazienti a casa ricevono visite solo per la consegna della spesa. Ma il lavoro di monitoraggio telefonico è un filo mai interrotto e quotidiano.

Invece, nelle strutture dove alloggiano la questione è ancora più complessa. I pazienti sono abituati solitamente ad uscire, gli operatori lavorano tanto sulla loro riabilitazione. “Per noi – spiega Danila Mezzano – è importante che le persone facciano una vita il più possibile inclusiva dal punto di vista sociale. Doverli tenere in casa è sicuramente molto difficile. Siamo costretti a evitare le attività sociali e possibili contagi dall’esterno. I familiari non possono venire in visita”.

Educatori e lavoratori devono rispettare le distanze di sicurezza e misurare costantemente la temperatura prima di entrare in servizio. Le riunioni di équipe avvengono via Skype.

 

La vera emergenza è la carenza di mascherine

“Il problema grave è che non ci arrivano i dispositivi di sicurezza, in particolare le mascherine. Noi le stiamo terminando. Abbiamo fatto ordini grossi mettendoci in rete tra più cooperative, però non stanno arrivando. Le priorità vanno alle Rsa per anziani. Ci sono cooperative che le stanno autoproducendo però non sono certificate. La verità è che le strutture psichiatriche sono meno tutelate rispetto ad altri servizi”.

La presidente invita le istituzioni a superare più celermente le barriere burocratiche: “La Regione dovrebbe declinare i decreti varati del governo in base ai vari servizi. Non è ancora conclusa la fase di predisposizione di una serie di protocolli. La psichiatria in questo momento non sembra privilegiata. Noi però siamo in prima linea. I pazienti non sono soli. Continuiamo a gestire i servizi. Se così non fosse, probabilmente si intaserebbero i pronto soccorsi degli ospedali”.

NICOLA TEOFILO