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L’abuso degli psicofarmaci nei Cpr, l’inchiesta

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“Mentre sono addormentati o storditi, le richieste dei migranti diminuiscono: così le persone trattenute nel Cpr non mangiano, non fanno ‘casino’, vengono rimpatriate e non pretendono i propri diritti. E soprattutto l’ente gestore risparmia, perché gli psicofarmaci costano poco. Il cibo e una persona ‘attiva’, invece, molto di più”. La testimonianza di un operatore di un Cpr apre il report di Luca Rondi e Lorenzo Figoni sull’abuso degli psicofarmaci nei centri per il rimpatrio. I due giornalisti di Altreconomia hanno raccolto i dati delle spese sanitarie di dieci Cpr, denunciando l’ampio uso – e abuso – degli psicofarmaci, che vengono somministrati “a persone che a volte non sanno nemmeno che cosa siano”, dice Rondi. La presentazione dell’inchiesta Richiusi e sedati è stata annunciata con poche ore di anticipo ma ha riempito tutto il tendone di Comala, lo spazio polifunzionale di corso Ferrucci a Torino.

I dati

Negli ultimi cinque anni nel Cpr di Torino il 31% dei farmaci erano psicofarmaci. A Milano il 64%, di cui la metà solo in Rivotril, un antiepilettico. A Roma nell’ultimo quinquennio i detenuti hanno assunto in media 36 pastiglie di Buscopan, quando una dose normale sarebbe di 15 compresse. Antiepilettici, antidepressivi e antipsicotici. “A Torino dal 2017 al 2022 sono stati spesi 12.719 euro in psicofarmaci, ovvero il 31% della spesa sanitaria totale (41.647 euro), con picchi fino al 44%” spiega Rondi. Solo nel 2021 al centro di corso Brunelleschi sono transitate 776 persone, per una spesa di 9.191 euro in farmaci, di cui il 23% erano psicofarmaci. Il centro di Vercelli ha speso 80 volte meno. “Per esperienza sono proprio le persone dentro i Cpr a chiedere queste cure. Chi entra in questi centri non entra con una situazione psicologica particolare – racconta Luisa Mondo, epidemiologa di Gris Piemonte, la Società italiana di Medicina delle Migrazioni -. Gran parte della sofferenza e dello stress provengono proprio dalla situazione di incertezza di chi piomba nei Cpr. In più, nei centri non c’è alcun tipo di attività, impazzire è il minimo che può accadere”.

Un rimbalzo continuo

“Abbiamo ottenuto i dati da cinque centri su dieci – dice Rondi con una punta di amarezza -. La Prefettura ci ha detto di chiedere all’Asl, perché sono loro che si occupano dei farmaci. Ma l’Asl dice di non avere la competenza di fare prescrizioni a persone irregolari”. Un rimbalzo tra i due enti che ha richiesto tempo e pazienza. “Non lo dico per vantarmi di quanto siamo stati ‘bravi’, ma penso che la difficoltà nel reperire questi dati sia significativa” commenta Rondi. “Sembra che nessuno abbia le redini della situazione. Se la Prefettura non rielabora i dati, come fa a sapere quanti farmaci di tipo psichiatrico vengono acquistati?”

Il “controsenso” della scabbia

Negli ultimi 4 anni Torino ha speso quasi 3mila euro per un gel antiscabbia, la Permetrina. Questo farmaco costa 1,7 euro a persona. La presenza di spese per farmaci che curano infezioni di questo tipo rappresenta un’incongruenza. Per poter accedere ai Cpr, alle persone viene richiesta un’idoneità. “Secondo quanto stabilito dalla direttiva del maggio 2022 la visita di idoneità serve a escludere patologie evidenti come malattie infettive contagiose, disturbi psichiatrici, patologie acute o cronico degenerative che non possano ricevere le cure adeguate in comunità ristrette”, spiega il report. E dunque, l’assunzione di un farmaco antiscabbia all’interno dei centri è un controsenso, perché dimostra che “l’ingresso al Cpr non dipende dalla presenza di un’infezione come questa” dice Rondi. “Se una prescrizione legislativa specifica che persone con determinate patologie non possono stare nel centro e poi abbiamo percentuali di spesa così alte per farmaci ‘congruenti’ con quel profilo c’è una frizione molto forte” spiega Maurizio Veglio, avvocato e socio dell’Asgi specializzato in materia di detenzione amministrativa.

Omissione di soccorso?

La visita per stabilire l’idoneità viene effettuata da un medico dell’Asl o di un’azienda ospedaliera. Le persone non idonee, che quindi presentano le malattie o i disturbi qui sopra citati, vengono congedate con una lettera che ne attesta il rilascio dal centro. “Però nessuno inoltra queste persone a un medico competente per curare queste patologie – denuncia Luisa Mondo -. È omissione di soccorso”. In più, può capitare che una persona sia affetta da una patologia che non può essere curata nel suo Paese di origine, dunque in questi casi si tratterebbe di “un motivo valido per ottenere il permesso di restare in Italia”, spiega Mondo.