La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

La voce (ignorata) dell’endometriosi

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“Per la mia ginecologa i sintomi non erano veri, diceva che li ingigantivo per attirare l’attenzione. Ti porta a pensare ‘ma allora non sono dolori reali, me li sto creando io'”. Alessia Astolfi ha trent’anni, da quando ne ha dodici convive con l’endometriosi. L’endometriosi è una patologia cronica, caratterizzata dalla presenza anomala all’esterno dell’utero di tessuto endometriale, una mucosa di rivestimento, normalmente presente nella cavità interna dell’utero. Colpisce circa 1 donna su 10 in età riproduttiva: in Italia si stima che ci siano circa 3 milioni di donne affette da endometriosi, quasi 200 milioni nel mondo. “Da fuori sembra che stiamo bene. In realtà i dolori sono lancinanti. Oltre a quello, la malattia porta all’infertilità, ma non solo”. Uno dei sintomi registrati è un dolore cronico e persistente, nel periodo delle mestruazioni – che aggravano i sintomi – ma anche durante orinazione e defecazione, che spesso sono accompagnate da perdite di sangue. Un altro sintomo comune è il dolore durante i rapporti sessuali: “L’endometriosi viene anche definita la malattia allontana-mariti”.

Convivere con la malattia

Non esiste una cura, solo trattamenti per alleviare i sintomi, come la terapia ormonale tramite l’assunzione della pillola anticoncezionale. Non è il caso di Alessia. È costretta ad assumere antidolorifici molto pesanti, prima soltanto durante le mestruazioni, ora invece deve prenderli sempre, o “non starei in piedi”. Soprattutto, Alessia deve convivere con un sacchetto attaccato a un rene: “Sentirsi dire a trent’anni che l’unica soluzione è vivere così… per questo l’unica alternativa che mi si prospetta è quella dell’intervento”. Quello in programma il 31 marzo sarà l’ottavo intervento chirurgico a cui dovrà sottoporsi: “Dovrà venire un medico dall’estero, perché anche nei centri specializzati non si azzardano, vista la gravità del caso”.

Una diagnosi difficile

Alessia gira medici da quando aveva dodici anni, in cerca di risposte: “Avevo vomito, svenimenti durante le mestruazioni. I miei esami però erano perfetti, quindi automaticamente ero pazza”. Uno dei problemi delle donne affette da endometriosi è proprio quello della difficoltà nel riconoscerla. “A sedici anni la mia ginecologa – tra l’altro anche lei affetta da endometriosi – mi ha prescritto degli psicofarmaci. I medici mi dicevano che non volevo andare a scuola, che non avevo amici. Invece di amici ne avevo tantissimi. Mi dicevano che volevo attirare l’attenzione”.

Alessia Astolfi

Secondo la Fondazione italiana endometriosi, in media ci vogliono tra i sette e gli otto anni per ricevere una diagnosi. Per Alessia ce ne sono voluti cinque: “Il mio attuale ginecologo mi ha dato la diagnosi a diciassette anni. È stato un miscuglio di emozioni, ero molto sollevata perché finalmente sapevo cosa combattevo, il nemico aveva un nome”. Per riconoscere e trattare la patologia bisogna rivolgersi a centri specializzati e non esistono esami specifici in grado di riconoscerla. Alessia ogni volta che ha bisogno di una risonanza magnetica deve partire da Torino e andare fino a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova: 520 chilometri tra andata e ritorno. Per quanto riguarda gli esami del sangue, invece, vengono usati dei marcatori tumorali, che normalmente servono per la diagnosi del cancro all’ovaio. Quelli di Alessia sono perfetti, come sono perfette le ecografie transvaginali: “Nel mio caso l’endometriosi è molto profonda, va a coinvolgere anche i nervi, quindi non si vede nulla”.

La voce dell’endometriosi

Per questo l’anno scorso è nata l’esigenza per Alessia e la sua amica Vania Mento di fondare un’associazione: La voce dell’endometriosi. “Il nostro obiettivo è quello di supportare le donne, aiutarle a non arrendersi”.

Alessia Astolfi e Vania Mento, fondatrici di La voce dell’endometriosi

Una delle loro iniziative più importanti è il Telefono giallo: “Ovviamente non diamo consigli medici. Diamo appoggio e consigliamo il centro specializzato più vicino a cui rivolgersi”. La maggior parte delle chiamate viene da ragazze, qualcuna anche da donne di quaranta, cinquanta anni. Spesso hanno passato gran parte della loro vita nel dolore senza saperne il motivo: “C’era tanta ignoranza, non se ne parlava. Quando dall’altra parte c’è qualcuno che ti capisce è tutto un po’ più semplice”.

Il Telefono giallo è attivo al numero 800 189 411
Dal lunedì al venerdì dalle 17:00 alle 19:00