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La lezione di Emanuele Artom, 80 anni dopo

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La storia di Emanuele Artom è forse una delle più tragiche degli anni della Seconda guerra mondiale, della Resistenza, della Shoah e della guerra civile. E ci lascia una lezione, emersa con forza in occasione della marcia in suo ricordo: la dignità umana è un bene non negoziabile.

Sotto una fitta pioggia, la camminata — partita dal binario 17 della stazione Porta Nuova e conclusasi alla Sinagoga di Torino — nell’ottantesimo anniversario dalla sua morte si è arricchita di significati, timori e messaggi nuovi. “La pace è un valore che mai come in questo momento è di una straordinaria attualità – commenta Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino –, con due conflitti tremendi che insanguinano da un lato il cuore dell’Europa, dall’altro il Medio Oriente e che speriamo veramente possano avviarsi in tempi ragionevoli verso una soluzione giusta per tutti i popoli della regione e che finalmente possa portare la pace in tutto il mondo”.

La commemorazione nella Sinagoga

Lo sguardo verso Emanuele Artom non è rivolto al passato, ma rivolto all’avvenire, “perché lui ha creduto che valesse la pena spendere la sua vita per un futuro di pace – continua Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant’Egidio a Torino –. E questo è anche un impegno per noi, in un tempo in cui ci rassegniamo tutti che arriverà una guerra più grande invece che sperare a una pace domani, a costruirla concretamente”.

La marcia — con la partecipazione delle classi dell’Istituto Comprensivo “Ugo Foscolo”, delle scuole ebraiche “Colonna e Finzi” ed “Emanuele Artom” di Torino —, ha visto la presenza delle autorità: Gianna Pentenero (assessore al Lavoro e alla sicurezza al Comune di Torino e candidata del Pd per le regionali 2024 in Piemonte), Daniele Valle (vicepresidente del Consiglio regionale e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte), Michele Lastella (viceprefetto di Torino) e Nino Boeti (presidente della sezione Anpi di Torino). I ragazzi, nella Sinagoga, hanno letto pensieri e riflessioni citando i noti Diari di Emanuele Artom, e intonato canti per la pace e la libertà.

Murales in ricordo di Emanuele Artom

La vita di Emanuele Artom

Emanuele Artom, proveniente da una famiglia della colta borghesia ebraica Torinese, è cresciuto e si è formato tra quel clima di intellettuali che avrebbe segnato un’epoca nella storia italiana. Prima di intraprendere l’università, aveva frequentato infatti il Liceo classico Massimo d’Azeglio, da dove sarebbero passati tra i più illustri personaggi della storia culturale piemontese e italiana: Cesare Pavese, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Primo Levi, Fernanda Pivano, Gianni e Umberto Agnelli, Piero Angela.

Una vita, quella di Emanuele, però costellata di sfortune e sofferenze: una tra tutte la morte dell’unico fratello Ennio, in un incidente in montagna nel 1940. Da quell’esperienza il giovane intellettuale iniziò a rifugiarsi nello studio e nella scrittura, che ebbero nei Diari la manifestazione più nota. Sia un’affidabile cronologia delle vicende della città di Torino negli anni della guerra, sia un mezzo per comunicare l’essenza più intima di un giovane alle prese con problemi sentimentali, sensibile e malinconico. “Siamo delle particelle trascurabili del mondo […] dopo la nostra morte il tutto procederà come prima”.

Una foto di Emanuele Artom

La ricerca di un alto ideale per dare un senso alla sua vita lo portò, con l’armistizio dell’8 settembre, a unirsi alla lotta partigiana. Artom partecipò a una delle prime battaglie contro fascisti e tedeschi a Cavour nel dicembre 1943, dove ci furono i primi morti da tutte e tre le parti. E ebbe modo di constatare in prima persona il carattere totale di quella guerra. I partigiani in quei giorni passarono per le armi due fascisti e abbandonarono i loro cadaveri, i tedeschi impiccarono il partigiano Alfredo Sforzini a un balcone di Cavour, dopo averlo torturato. A proposito di questi fatti Artom avrebbe scritto sui suoi Diari: “Cadono dei partigiani, cadono dei fascisti, i giornali tutti i giorni annunciano nuove stragi e la guerra procede nel tempo lentissima e pesante come una mostruosa enorme lumaca, che lasci dietro di sé una larga striscia di sangue”.

In seguito a un grande rastrellamento nazifascista, il 25 marzo del 1944 Artom fu catturato insieme a Ruggero Levi da un gruppo di Ss italiane. Condotto alla caserma Airali di Luserna San Giovanni insieme ad altri ostaggi — tra cui il professor Jacopo Lombardini e alcuni partigiani catturati nel corso del rastrellamento —, fu orribilmente torturato. Si spense in carcere a Torino il 7 aprile del 1944 e il suo corpo, sepolto sulle rive del Sangone, non fu mai ritrovato.