Il progetto “Devi vedere” di Radicali italiani ha avuto inizio dalla domanda: “Come possiamo noi contribuire allo sviluppo di una coscienza critica sulle reali condizioni dei detenuti?”. A raccontarlo è Lorenzo Iorianni, coordinatore della campagna insieme al consigliere regionale del Lazio Alessandro Capriccioli.
Nel 2021 Iorianni entra per la prima volta in un carcere come visitatore esterno. Vede la casa circondariale Lorusso e Cotugno di Torino. “La mia prima impressione è stata di insensatezza completa”, racconta. Poi, descrive le sensazioni provate durante quell’esperienza, fotografando con le parole il mondo delle carceri italiane: “È una realtà che esiste nella nostra società, ma che funziona con regole sue. È un luogo fatto di attese interminabili per qualsiasi cosa, di domande formalizzate per ogni minima parte della vita umana”. Oggi ha fatto ormai trenta visite in istituti penitenziari diversi e sa che ogni struttura è un caso a parte. In molte case circondariali ha avuto l’impressione che si cercasse di fare tutto il possibile “per rendere più umana un’istituzione che non è pensata per l’essere umano né nelle condizioni di lavoro né in quelle di detenzione”. In verità in alcune, si può immaginare un vero percorso di risocializzazione e rieducazione. Un esempio è la terza casa di Rebibbia, progettata per ospitare detenuti a custodia attenuata, tossicodipendenti e semiliberi.
Tuttavia, proprio dalla consapevolezza che per comprendere il carcere sia necessario vedere, nasce la campagna che vuole permettere alle cittadine e ai cittadini di visitare gli istituti penitenziari, dopo una formazione. Nel 2022 l’iniziativa ha coinvolto 70 persone e tutte le strutture del Lazio, ad esclusione di quella di Viterbo. Dall’inizio del 2023 il progetto è stato ampliato al territorio nazionale, coinvolgendo i coordinatori regionali. “Le risposte sono state abbastanza positive: abbiamo ricevuto finora richiesta da 350 persone e abbiamo iniziato ad organizzare diverse visite”, dice Iorianni. Le principali difficoltà incontrate, per dare il via a “Devi vedere” sono state di tipo organizzativo. Innanzitutto, riuscire a mantenere i contatti con il direttore dell’istituto. “Dirigere un carcere è un’impresa ardua”, spiega Iorianni. “Fare una visita comporta un aggravio di lavoro per gli agenti, perché bisogna gestire tutto questo flusso di persone. Poi molto spesso le visite sono di sabato, quando il personale magari è a casa”.
All’interno delle carceri, durante la loro visita, le persone non vedono solo i luoghi, ma incontrano anche la direzione, gli agenti e i detenuti. “Parliamo, ma soprattutto ascoltiamo quello che ci dicono i detenuti e gli agenti di sezione”, racconta Iorianni, spiegando come sia fondamentale avere un atteggiamento non giudicante, ma di comprensione. “Noi riteniamo che sia l’istituzione il problema, non le persone che la animano”, afferma. Inoltre, Iorianni precisa: “Si ha la tentazione di dividere in due quello che succede all’interno degli istituti: detenuti da una parte, agenti dall’altra. Entrando ci rendiamo conto che non esiste uno scontro frontale. Detenuti e agenti si trovano a condividere spazi e tempi, magari per tanti anni”. Denuncia, poi, le condizioni di lavoro all’interno delle case circondariali, nelle quali gli agenti si trovano a svolgere ruoli che non sono il loro, come quello dell’educatore o dello psicologo. “Con “Devi vedere” si fa un tentativo di ridare complessità a questo tema, provando non solo a raccontarlo, ma facendo sì che appunto, i cittadini e le cittadine vedano con i propri occhi che alla fine i detenuti sono persone, non sono categorie, e come tali vanno considerate”, conclude Iorianni.