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Il coronavirus e le presidenziali degli Stati Uniti

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Cosa sta succedendo negli Stati Uniti? L’emergenza sanitaria ha imposto le sue regole anche agli attori politici d’oltreoceano, impegnati nella corsa alle elezioni presidenziali di novembre. Sul fronte dem Bernie Sanders ha annunciato il suo ritiro dalle primarie con un “special message” in diretta streaming. Una settimana dopo, il senatore del Vermont ha annunciato, partecipando a una diretta del suo ex rivale, il suo sostegno a Joe Biden, ex numero due di Barack Obama, che il 14 aprile ha ufficializzato l’endorsement con un discorso (ovviamente da casa) molto rilanciato. Alla Casa Bianca invece l’aggiornamento quotidiano sull’emergenza è diventato un appuntamento fisso con cui Trump parla con i cittadini.

Insomma, le modalità cambiano, ma come cambia la sostanza della corsa? Marco Mariano, professore di Storia e istituzioni delle Americhe dell’Università di Torino, offre un’analisi sugli effetti della pandemia sull’appuntamento più atteso dagli statunitensi e non solo.

Professore che impatto ha avuto l’emergenza sanitaria sulla comunicazione politica pre elettorale?

La prima conseguenza, e anche quella più evidente, è l’annullamento degli ultimi faccia a faccia previsti per le primarie del Partito democratico. Il passaggio alla modalità delle videoconferenze, che ha toccato principalmente il confronto tra Biden e Sanders, è stato abbastanza significativo perché fino a quel momento i dibattiti televisivi in presenza dei candidati democratici erano stati il fulcro della competizione all’interno del partito per la scelta del candidato alle presidenziali. L’altra novità importante dal punto di vista comunicativo è stato l’appuntamento ormai quotidiano televisivo del presidente Trump, circondato dai suoi collaboratori e dalla task force nominata per l’occasione, in cui viene fatto il punto dell’emergenza. In questo momento storico la variabile comunicativa è ancora più importante rispetto al passato. Siamo in una situazione in cui il Presidente, a differenza della situazione ordinaria, ha una opportunità quotidiana di comunicazione diretta con il pubblico attraverso il canale televisivo. E questa è sì un’opportunità, ma anche un rischio.

Sembra dunque che il lockdown abbia provocato una disparità comunicativa tra il candidato democratico e Trump. È cosi?

Esatto. L’elemento che gioca a favore di Trump è questa ribalta quotidiana che i democratici non hanno per ovvi motivi. Attenzione però: rivolgersi quotidianamente alla nazione è un’arma a doppio taglio. Molto spesso queste conferenze stampa hanno creato situazioni imbarazzanti per il Presidente, contraddizioni interne tra ciò che dice a distanza di pochissimi giorni, tensioni tra ciò che riporta lui e ciò che affermano gli specialisti della task force. Non a caso la risposta dell’elettorato è già cambiata. Mentre fino a metà marzo è stata piuttosto positiva, ora di nuovo la curva di gradimento è scesa e Trump è tornato al 40-42% di approval rating. C’è stato un passo in avanti che è già rientrato. Attenzione dunque a quello che potrebbe succedere.

Spostando l’attenzione sul fronte democratico, che ruolo ha giocato l’emergenza coronavirus nel ritiro di Bernie Sanders dalla corsa alle primarie?

È stata sicuramente una novità ed è stato anche l’occasione per Sanders di fare un’uscita elegante e responsabile in una situazione in cui i rapporti di forza erano già delineati in modo piuttosto netto. Il percorso delle ultime consultazioni prima della pandemia avevano dato indicazioni molto chiare sul fatto che la posizione di Sanders era difficilissima. Per un po’ ha lasciato aperta la porta per poi chiudere definitivamente la partita. È importante però che Sanders abbia approfittato di questo per fare subito un appello unitario per mobilitare le proprie forze a sostegno di Biden. La questione dell’unità tra le fila democratiche è molto importante perché le primarie sono state molto combattute e con uno schieramento molto ampio e articolato, forse anche troppo secondo molti osservatori. Ma anche perché secondo le analisi più accreditate per battere Trump è fondamentale che il candidato democratico riesca a portare alle urne tutti, dai moderati ai progressisti. Seppur con i limiti del momento l’uscita di scena di Sanders e il suo endorsement a Biden pur se inconsueti sono stati elementi comunicativi importanti.

Il tema della sanità si è imposto nelle agende di entrambi gli schieramenti. Sarà determinante in questa campagna?

L’evento della pandemia porta la questione sanitaria alla ribalta. Paradossalmente è stata al centro soprattutto della competizione all’interno del Partito Democratico nella fase delle primarie. Dico paradossalmente perché si è discusso dell’eredità del cosiddetto “Obamacare”, l’Affordable Care Act approvato dall’amministrazione Obama. Tutti i candidati democratici, pur con differenze interne, concordavano sulla necessità di partire dall’Obamacare per espanderlo. Nella competizione tra Biden e Trump questo è un problema per quest’ultimo, perché è una riforma che è diventata molto popolare anche in settori dell’elettorato non così schierati come il Partito Democratico: centristi, indipendenti e anche molti repubblicani riconoscono che è stato un passo avanti. Ora gli effetti della pandemia stanno evidenziando una grande differenza tra fasce di età, reddito, comunità etnico-razziali che sono colpite in modo molto diverso dalla pandemia. Si può prevedere che per Trump questo sarà un tema di fronte al quale potrà avere una posizione solo difensiva, ma molto difficilmente potrà andare all’attacco. Si tratta invece di un terreno che potrebbe essere ben sfruttato dal candidato dem che è stato il vicepresidente di Obama e ha avuto un ruolo importante nella realizzazione della riforma che nonostante limiti e carenze è stato un passo in avanti significativo nella protezione di milioni di americani che prima non erano assicurati.

C’è il rischio di un rinvio per le elezioni?

Mi risulta che un rinvio non sia sul tavolo. Semmai si sta discutendo di potenziare il più possibile tecniche alternative. Molti già votano per posta, lo abbiamo già visto nel caso delle primarie ma non solo. Questo è enorme problema perché chiama in causa la possibilità effettiva dell’esercizio del diritto di voto che negli Stati Uniti è particolarmente complessa, soprattutto in alcuni stati in cui sono state messe in atto negli ultimi anni una serie di iniziative per limitare l’accesso al voto per alcune minoranze. Tenderei però ad escludere l’ipotesi del rinvio.

ROBERTA LANCELLOTTI