Il contenuto diventa filiera: a Torino nasce Icci, rete per l’industria culturale

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“L’industria culturale e creativa? Oltre alle coreografie su Tiktok c’è tutto un mondo complesso e ricchissimo che va organizzato, perché in Italia siamo rimasti indietro”. Con una battuta, Paolo Giovine, chairman di PubCoder e socio di Conversa, sintetizza così la ragione che ha spinto lui e altre aziende, professionisti e organizzazioni dell’industria culturale italiana a far nascere, a Torino, Icci, Italian cultural content industry.

L’industria creativa ha storicamente faticato a percepirsi e lavorare come comparto, ma prova a fare il grande salto con il primo polo che mira a creare una rete di imprese che si occupano di distribuzione e produzione di contenuti. “Si tratta di una filiera – spiega Marzia Camarda, presidente di Icci – che nel nostro Paese genera un fatturato di miliardi di euro, ma sopratutto produce innovazione per tutti gli altri”. Al momento l’associazione conta 30 soci fondatori, e l’obiettivo è quello di espandersi nei prossimi mesi.

Dall’editoria agli spettacoli, dalla stampa alla tv, dal marketing all’architettura, sono moltissimi i settori che possono unirsi a questa nuova realtà. “Icci dev’essere un facilitatore – prosegue Camarda – un hub dove mettere a sistema e condividere conoscenze e tecnologie, così da valorizzare quello che è un asset degli italiani, la capacità creativa e quella di trasformare quest’ultima in impresa”. Le grandi direttrici su cui opera l’associazione sono la digitalizzazione dei contenuti, l’internazionalizzazione e la formazione: ciò è possibile anche grazie all’attenzione riservata al coinvolgimento dell’utente, curata dal socio torinese Synesthesia attraverso il game thinking, l’utilizzo di strutture tipiche del mondo dei videogiochi. In quest’ottica, una delle criticità riscontrate dalle imprese fondatrici di Icci è la carenza di professionalità adeguate nel campo dell’ingegneria informatica. “Il problema comune – racconta Paolo Giovine – è trovare persone con competenze adatte a lavorare con noi: a Torino abbiamo 2mila posti non coperti per quanto riguarda gli sviluppatori”.

Una delle principali missioni del team di Icci è quella di convincere dell’importanza dell’innovazione digitale gli esponenti del mondo della cultura e dell’editoria, dove la tecnologia è spesso vista in chiave negativa, come distruttrice di posti di lavoro. “Mettersi in rete – spiega ancora Camarda – consentirebbe la possibilità di investire nel tech anche alle piccole-medie imprese che da sole non sarebbero in grado di affrontare: attraverso essa diluiamo i rischi di impresa sui singoli, aumentiamo le risorse collettive e troviamo insieme le soluzioni più intelligenti alle sfide del futuro”.