La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Giornata Mondiale dell’Acqua, un bene sempre più globalizzato

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Restituire valore all’acqua. È il concetto che i ricercatori del progetto europeo Cwasi (Coping with Water Scarcity In a globalized world) rimarcano per descrivere l’importanza di un prodotto, l’acqua, divenuto nel tempo ormai oggetto di scambio internazionale.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, evento che si celebra ogni 22 marzo, il dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente del Politecnico di Torino ha ospitato infatti la conferenza “Il cibo che mangi, l’acqua che non vedi“. Protagonista l’elemento acquatico, raccontato sotto gli aspetti più disparati. A cominciare, come dice Luca Ridolfi, dalle modalità di estrazione: “L’acqua può arrivare dalle piogge, dai fiumi, dai laghi o dalle falde acquifere. Ma è la capacità di prelievo che ne rende sostenibile o meno il consumo. Altrimenti, si può incorrere in effetti devastanti, come il rischio di prosciugamenti”.

Fattori che comportano la discesa in campo del rapporto tra uomo e ambiente. Equilibrio che, negli anni, ha provocato una letterale globalizzazione dell’acqua. Elemento considerato nel tempo dunque come molti dei prodotti destinati al commercio: estraibile, consumabile, esportabile.

Un modello di business osservabile nella rete degli alimenti, sempre secondo Ridolfi: “Ormai un terzo del cibo prodotto proviene dall’estero. È interessante capire come, alla base di questi scambi, derivino addirittura le relazioni tra gli stati. Possono esserci interessi politici, economici, o addirittura culturali dietro all’acqua”.

Una rete che può dimostrare aspetti positivi oppure di forza. In una catena virtuosa infatti, il sostentamento di un paese può essere condiviso dagli sforzi di molti. Tuttavia, una singola crisi, climatica o economica, può provocare l’interruzione del percorso internazionale condotto dall’acqua, con esiti catastrofici nell’ordine, anche sociale, degli stati più scoperti di questo commercio internazionale.

Un viaggio che termina sulle nostre tavole. Ogni alimento che mangiamo è stato prodotto con una certa misura d’acqua. Parametri che si riflettono con il potere d’acquisto delle società, soprattutto in quelle più sviluppate. Il mondo occidentale risulta infatti il principale consumatore di piatti ad alto consumo d’acqua, come nel caso della carne.

Una situazione che Guido Chiarotti sfrutta per lanciare un monito per il futuro: “Il cibo è un elemento anche identitario che emerge nella nostra quotidianità. Proprio per questo, una maggiore consapevolezza delle nostre scelte ci permetterebbe di influenzare positivamente questo commercio. Se saremo capaci di imporre una dieta composta da alimenti sostenibili, nel tempo rafforzeremo una serie di modelli positivi e sostenibili per il consumo dell’acqua”.