“Scrivevo 400 articoli all’anno e quando ho chiesto di essere assunto e mi hanno lasciato a casa”, questa la frase di Valerio Tripi, giornalista palermitano collaboratore di La Repubblica dal 1999, che campeggia sui fogli dei manifestanti. Questa mattina, di fronte al palazzo di giustizia Bruno Caccia in corso Vittorio Emanuele II, l’Associazione Stampa Subalpina, la Fnsi e la Clan hanno manifestato per il rispetto dei diritti del lavoro dei giornalisti, chiedendo il diritto all’assunzione, al riconoscimento di tutele e per combattere la precarietà nel mondo dell’informazione.
Il presidio, che ha visto la partecipazione del presidente regioanale dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte Stefano Tallia e del consigliere regionale di Leu Marco Grimaldi, si è svolto questa mattina alle 9.30 di fronte alla sede del tribunale in occasione della prima udienza del processo di Tripi contro il gruppo editoriale Gedi, proprietario di Repubblica, per il riconoscimento del suo rapporto di lavoro subordinato dopo oltre 20 anni di collaborazione con il quotidiano. Il giornalista, che lavorava nella redazione palermitana, al momento della richiesta di assunzione, è stato licenziato ed ha deciso di procedere per via legale.
Il caso Tripi non è una mosca bianca. Il problema della precarietà nel mondo della stampa è un tema ricorrente che da anni è nell’agenda tanto dell’ordine quanto dei sindacati. Il tema ha portato il Consiglio Nazionale dell’Ordine nel 2011 ad apporvare la Carta di Firenze, un documento deontologico inserito nel Testo Unico dei Doveri. La Carta è stata dedicata alla memoria di Pierpaolo Faggiano, giornalista del Correre del Mezzogiorno, che nel 2011 si tolse la vita motivando il gesto con il dolore causato dalla sua situazione di precarietà lavorativa.
“Tripi ha fatto una richiesta legittima e l’azienda ha sospeso ogni tipo rapporto di lavoro con lui – spiega Silvia Garbarino dell’Associazione Stampa Subalpina –. Il collega insieme al Coordinamento dei precari di Repubblica, costituito 2 anni fa, ha intentato causa a La Repubblica. Ci troviamo qui perché, pur essendo Tripi palermitano, la sede legale di Gedi è a Torino”.
Garbarino ricorda che i sindacati cercano di offrire una soluzione di accordo tra giornalisti e datori di lavoro, ma stavolta non è stato possibile: “Noi offriamo da molti anni assistenza legale ai nostri iscritti. Cerchiamo di fare da mediatori, ma questo è uno di quei casi estremi in cui bisogna agire per vie legali. Il motivo per cui siamo qui a svolgere questo presidio simbolico è che il caso Tripi non è isolato. Nella sua situazione ci sono anche molte altre persone. Si può essere collaboratori per tutta la vita, ma sempre senza tutele, senza diritto alla malattia, e se un giorno ti infortuni, il tuo stipendio è ridotto delle giornate che non lavori. Solo nel Piemonte, l’80% dei giornalisti sono dei precari”.
Stefano Tallia ha espresso la ragione della sua partecipazione e del sostegno dell’ordine all’iniziativa: “Penso che un sistema dell’informazione che si fonda sul lavoro precario sia un sistema che non solo non garantisce i colleghi che lavorano, ma non garantisce nemmeno i fondamenti di una informazione libera. Le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo non sono in grado di difendere le prerogative del lavoro giornalistico. Questa battaglia riguarda tutti, non solo i giornalisti. Difendere le condizioni di chi c’informa è come difendere chi mantiene l’aria pulita, perché è l’aria che respiriamo tutti noi”.
L’evento ha raccolto adesioni anche da fuori del Piemonte: “Sono venuti qui perché questa battaglia è un interesse complessivo per la tenuta democratica del Paese. – afferma Nicola Chiarini, refernte del sindacato giornalisti del Veneto – Il giornalista sfruttato non può svolgere il diritto/dovere di informare. Il problema è presente da nord a sud ed è un tema al centro dell’agenda del sindacato. L’importanza dell’informazione per la tenuta democratica è stata ricordata anche nell’ultimo discorso di insediamento del presidente Sergio Mattarella. Un’informazione precaria porta una democrazia precaria”.
La discussione sui diritti dei giornalisti, come si è detto, è aperta da anni, ma la strada per l’equità sembra ancora lunga e in salita.