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Dopo i lacrimogeni, i dubbi del Cecchi Point

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Il 4 marzo il corteo degli anarchici in sostegno ad Alfredo Cospito ha attraversato il centro storico di Torino. A giorni di distanza, camminando lungo via della Consolata, i segni sono ancora evidenti. Il percorso della manifestazione è facilmente riconoscibile: le vetrine infrante e le scritte “No 41bis” sulle pareti dei palazzi, guidano la strada. Dal centro, poi, le tracce arrivano fino a Porta Palazzo, dove le forze dell’ordine hanno dirottato la folla di manifestanti. “San Paolo finanzia la guerra” si legge di fianco alla vetrina di una filiale della banca e dall’altro lato della strada, nelle vie che durante il weekend ospitano le bancarelle del Balon, “Il Mediterraneo è un cimitero. Stragista lo Stato”.

Al termine della manifestazione la polizia ha indirizzato il corteo verso il quartiere Aurora, fino in via Antonio Cecchi. Mentre le forze dell’ordine bloccavano l’isolato con decine di mezzi blindati, all’interno della Casa del Quartiere Cecchi Point, si stavano svolgendo attività sociali e l’area esterna del cortile era aperta al pubblico. Un gruppo di ragazzi giocava nel campo da calcio, diverse persone erano sedute ai tavoli del ristorante e gli operatori stavano conducendo il presidio educativo serale. Fino a pochi minuti prima, erano presenti negli spazi dell’Hub anche dei minori.

“Tutte queste persone si sono trovate, improvvisamente, assediate dalla polizia e oggetto di un fittissimo lancio di lacrimogeni”, denunciano tre giorni dopo le associazioni che lavorano nel Cecchi Point, in un post su Facebook. Infatti, quando una parte del corteo è entrata nel cortile del centro per cercare riparo dalle cariche delle forze dell’ordine, la polizia ha bloccato le entrate e le uscite del Cecchi Point, generando “una situazione di panico generale”. “In pochi minuti ci si è ritrovati ad affrontare una situazione pericolosissima, che ha visto centinaia di persone chiuse in un unico spazio, senza possibilità di uscita e completamente circondati da un’aria irrespirabile, a cui non era possibile sottrarsi a causa dello schieramento di forze dell’ordine che impediva a chiunque di uscire dal Cecchi Point”, scrivono. Le associazioni e le cooperative del Cecchi Point si chiedono “se questa gestione della situazione non sia anche frutto di una visione della città che prevede quartieri e cittadini di serie A e serie B” e pretendono che “siano chiarite le responsabilità di chi ha gestito le operazioni”.

Oggi, al Cecchi Point rimangono le bruciature sul campo di erba sintetica e quasi cinquanta lacrimogeni. “Diverse persone vomitavano e piangevano”, racconta Paolo Angeletti, presidente dell’associazione Educadora. “Ci chiediamo come sia possibile che qualcuno abbia pensato che fosse un’azione sensata. È gravissimo che non ci si sia minimamente preoccupati della salute delle persone presenti”, dice dopo il confronto avvenuto tra le associazioni e le cooperative che operano nello spazio civico.

Continuano le indagini per individuare i responsabili dei disordini: sono state fermate in tutto 47 persone. Alla condanna del sindaco Stefano Lo Russo, si aggiunge quella del Consiglio regionale con l’approvazione, a larghissima maggioranza, di due ordini del giorno. Il primo, proposto dal presidente Stefano Allasia di Lega Nord, chiede che la Giunta si costituisca parte civile e che eventuali risarcimenti vengano destinati agli esercizi commerciali colpiti. Il secondo, su iniziativa di Paolo Bongioanni di Fdi, esprime solidarietà agli agenti di polizia feriti. Soprattutto, impegna la Giunta a collaborare con il Ministero dell’Interno e la prefettura per maggiori controlli alle frontiere e a rafforzare la cooperazione con Europol e Interpol per lo scambio di informazioni sui soggetti a rischio.

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