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Diseguaglianza, Cepernich: “Finalmente la politica torna a parlare di povertà”

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L’1% più ricco della popolazione mondiale possiede quanto il restante 99%. E si arricchisce sempre di più. L’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato nel mondo tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato in tasca a questi Paperoni, mentre al 50% più povero – 3,7 miliardi di persone – non è arrivato nulla. È quanto emerso dall’ultimo rapporto Oxfam, diffuso alla vigilia del World Economic Forum di Davos che registra un aumento del divario ricchi-poveri, con l’arrivo di un nuovo miliardario ogni due giorni. Abbiamo chiesto al professor Cristopher Cepernich, direttore dell’Osservatorio sulla Comunicazione politica del dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, se il tema della diseguaglianza è rilevante o meno nelle campagne elettorali e nei programmi di governo a livello nazionale e locale.

Professore, quanto è trattato il tema della diseguaglianza in questa campagna elettorale? Perché la politica nazionale non riesce ad affrontarlo in modo organico?

“Nella campagna attuale ci sono partiti come Liberi e Uguali che hanno uno slogan chiaro “Per i molti, non per i pochi” e il Movimento 5 Stelle che sta facendo una battaglia sul reddito di cittadinanza. La politica è in imbarazzo di fronte al tema delle diseguaglianze perché è il prodotto di spinte globali, mentre le scelte nazionali non hanno la capacità di incidere sul piano planetario. Perciò piuttosto che focalizzarsi su un tema che non può affrontare in maniera incisiva, spesso tende a rimuoverlo dall’agenda politica e comunicativa o a sostituirlo”.

Creare posti di lavoro può essere un metodo efficace per risolvere il problema della diseguaglianza?

“Sicuramente è un tema che consente di entrare più nello specifico nelle potenzialità delle politiche nazionali. I governi pongono attenzione su questo perché hanno possibilità di incidere su alcuni indicatori fondamentali dell’economia”.

Il presidente Trump si è mosso in questa direzione?

“La campagna elettorale di Trump è risultata vincente perché lui si è focalizzato sulla riduzione delle capacità economiche della classe media americana, che si è sentita depauperata, indebolita anche con le politiche pur incisive di Obama. Trump ha riconosciuto la centralità del tema delle disuguaglianze sulla classe media, molto importante negli Stati Uniti dal punto di vista numerico. È stata una leva fondamentale per la sua vittoria. Anche in Italia la classe media perde il potere d’acquisto, vede impoverire il suo portafoglio ogni giorno. LeU strizza l’occhio a questa classe media e a chi il lavoro non ce l’ha”.

Reddito di cittadinanza, reddito di dignità, reddito di inclusione. Tutte queste proposte sembrano copiarsi a vicenda. Per cosa si differenziano?

“Cambia la diversa capacità di copertura economica. Per esempio, il Partito Democratico non è per un reddito di cittadinanza tout court, ma si riferisce a chi non arriva a un certo reddito annuale. Lo fa per salvaguardare una progressività di stimolo e quindi la ricerca del lavoro. Ciò che accomuna tutte le proposte è il riconoscimento del problema della diseguaglianza come tema di campagna elettorale. Un passo avanti significativo rispetto al 2013, quando il tema era fuori dall’agenda”.

Colpa della crisi economica?

“Certamente. In quel momento il focus era la crisi economica e le sue conseguenze non erano ancora state individuate in termini di diseguaglianze. Questo è veramente il tema di questi giorni, è comprensibile che se ne parli oggi molto più di ieri”.

Quanto la politica del sindaco Appendino ricalca a Torino quelle dei 5 Stelle a livello nazionale?

“Chiara Appendino è fuori dalla campagna elettorale in prima persona, si concentra sulle problematiche specifiche del territorio. Far coincidere una comunicazione locale con quella nazionale non è mai una buona cosa. Il fatto di introdurre una variabilità nel costo dei parcheggi e delle strisce blu per i residenti è certamente riconducibile a una politica di riduzione della diseguaglianza. Risponde al principio “Chi più ha, paga di più”, quindi da questo punto di vista la scelta va nella direzione di affrontare la diseguaglianza in città”.

Ma quanto può incidere un sindaco su un tema come questo?

“In generale molto poco. Quando durante le campagne elettorali si parla di lavoro e di riduzione della disoccupazione si sta indubbiamente dopando la campagna elettorale perché quelle non sono leve nelle mani della città e del sindaco. Ormai si tende a spararla sempre un po’ più grossa di quello che è, anche a livello locale, perché il sindaco non ha grandi poteri”.

ARMANDO TORRO