La casa delle donne di Alessandria lunedì, il 4 aprile, non ci sarà più. O almeno, queste sarebbero le intenzioni della giunta leghista e del suo sindaco, Gianfranco Cuttica di Revigliasco. Non si sa con certezza, perché il Comune non ne ha dato alcuna comunicazione: “Ne siamo venute a conoscenza da fonti traverse, assolutamente affidabili, quindi sappiamo il giorno in cui è programmato lo sgombero. Però non abbiamo ricevuto nulla di ufficiale, non siamo neanche in grado di ricostruire chi abbia attivato la procedura”. A parlare è Marta, una delle attiviste di Non una di meno.
L’associazione transfemminista, insieme ad altre realtà, come Adl Cobas, Fridays for future e il coordinamento studentesco cittadino, occupa lo stabile in via Santa Maria di Castello dal 2018: “È un luogo importante di aggregazione giovanile. Noi facciamo un po’ di tutto, iniziativa politica transfemminista, presentazioni di libri, musica, teatro, eventi culturali. Organizziamo un festival ogni anno, ‘MIA’, dedicato alle arti”.
Ma facciamo un passo indietro: la sezione cittadina di Non una di meno nasce nel 2017. Da subito si presenta la necessità di trovare uno spazio. Prima di occupare, nel 2018, Marta racconta che Non una di meno ha cercato il dialogo con l’amministrazione: “Abbiamo raccolto migliaia di firme che abbiamo portato in Comune, abbiamo parlato con l’assessora alle Pari opportunità. Abbiamo anche organizzato una manifestazione l’8 marzo che verteva proprio sulla richiesta di apertura di una casa. Tutto assolutamente vano”.
A questo punto, le attiviste si guardano intorno e l’ex asilo salesiano sembra il posto più adatto per costruire una casa: “Lo stabile è di proprietà dell’Ipab, l’ente di previdenza e beneficenza sociale della regione. Per anni è stato un luogo simbolo della città, poi ha chiuso. Quando noi siamo entrate era abbandonato da due o tre anni, la chiesetta all’ingresso era completamente lasciata a se stessa”. Con l’aiuto di tutta la cittadinanza lo ristrutturano e dall’estate del 2018 iniziano le loro attività: “Prima della pandemia avevamo sportelli di consulenza sul lavoro, consulenza ostetrica e di accompagnamento all’interruzione volontaria di gravidanza, sostegno psicologico. Poi nel 2020 abbiamo condensato tutto in uno sportello elettronico”.
Hanno però sempre saputo che prima o poi questo giorno sarebbe dovuto arrivare. E infatti arriva, a un passo dalle elezioni comunali: “In questi anni abbiamo dato fastidio alla parte più bigotta e leghista della città. Ad esempio qualche anno fa si voleva far passare in comune una mozione per il finanziamento di associazioni pro vita: abbiamo organizzato una mobilitazione enorme e siamo riuscite a farla ritirare”. Proprio perché lo sapevano, non si sono fatte trovare impreparate: “Abbiamo organizzato questi tre giorni di iniziative, che arriveranno fino a martedì (5 aprile, ndr) inoltrato”. Dopo lo sgombero, che sarebbe previsto per questo lunedì: “Qui dentro c’è la storia di un pezzo dei movimenti femministi di questa città, non può essere cancellata con un colpo di spugna. La nostra non è una protesta di facciata. Se saremo costrette ad andarcene, sabato 9 aprile scenderemo in piazza. Ci riprenderemo la Casa delle donne”.