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Corruzione, “manca un approccio culturale”. Raffaele Cantone al Festival Internazionale del Giornalismo

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La corruzione è un reato. Un illecito che va combattuto con metodi repressivi. Ma anche con maggiore trasparenza. “Dobbiamo sapere come vengono spesi i soldi pubblici. Troppe volte gli appalti vengono fatti da amministrazioni incapaci e non in grado di gestire bandi e indire gare”. É quello che sostiene Raffaele Cantone, magistrato e presidente dell’Associazione nazionale Anticorruzione (ANAC).

Mercoledì 4 aprile, Cantone, intervistato da Amalia De Simone, giornalista del Corriere.it, in occasione del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia, ha discusso di corruzione e di lotta ai fenomeni corruttivi. Una lotta che si gioca spesso sul terreno degli appalti. “Mancano i tecnici per far funzionare una gara. Come Anac siamo intervenuti spesso per l’istituzione dei bandi. Tuttavia i problemi rimangono nella fase successiva”. Gli appalti si bloccano e non proseguono. “Abbiamo un’amministrazione invecchiata e inefficace”, ha sostenuto Cantone. 

Passi in avanti nella lotta alla corruzione, soprattutto in materia di trasparenza sono stati fatti: negli ultimi cinque anni l’Italia è avanzata di  quindici posizioni nella classifica di Transparency International. E, nel 2013, il nostro paese ha approvato una legge che disciplina e regolarizza la trasparenza e la diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni. “Grazie a quel provvedimento tutte le amministrazioni sono state obbligate a creare nei rispettivi siti istituzionali una nuova sezione, Amministrazione Trasparente, che permette di conoscere dati importanti quali curriculum, nominativi e patrimoni finanziari di chi gestisce gli enti o ricopre cariche istituzionali”, ha spiegato il presidente dell’Anac. Una risorsa preziosa per i giornalisti: “grazie a criteri di open data, è possibile trovare informazioni che in passato non c’erano”. I professionisti dell’informazione sono poi chiamati a un ruolo importante nella lotta alla corruzione. “Negli Stati dove il giornalismo d’inchiesta è forte, la corruzione risulta più difficile. Chi fa informazione seria migliora la democrazia di un paese”.

Anche i cittadini sono chiamati a svolgere un ruolo importante. La lotta ai fenomeni corruttivi richiede un cambio di mentalità, una battaglia culturale. La legge sul Whistleblowing lo dimostra. Il provvedimento – in vigore dal 2017 – “viene attuato con enormi difficoltà”, ha affermato Cantone. “Ci sono tante denunce e segnalazioni”, ma l’idea che un dipendente pubblico faccia il nome di un suo collega “non attecchisce molto in Italia”. “Denunciare gli illeciti pubblici significa denunciare i propri vicini, in sistemi dove troppo spesso regna la connivenza e l’omertà”. Il presidente dell’Anac cita il caso di Andrea Franzoso e della sua storia, che ha permesso l’istituzione della legge. Franzoso, whisteblower di Ferrovie Nord, denunciò le irregolarità compiute dall’amministratore delegato. Ma la segnalazione costò cara al lavoratore: finì isolato dai colleghi e decise di dimettersi. “Manca un approccio culturale alla corruzione. Se uno denuncia e poi nessuno solidarizza, forse abbiamo un problema”, ha affermato Cantone.

È possibile rivedere il filmato dell’incontro qui.

 

RICCARDO PIERONI