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Cinema, il Covid rischia di far riaprire le sale senza film

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Riaprire i cinema il 27 marzo? “Noi non riapriremo. Queste sono tutte chiacchiere e distintivo”. Sergio Troiano, direttore del cinema Ambrosio di Torino, cita Al Capone. Il tweet con cui il ministro Dario Franceschini ha annunciato la possibilità di riaprire le sale e i teatri non convince tutti. Non solo perché si prospettano nuove restrizioni per contrastare la terza ondata, ma anche perché il Covid non ha fatto altro che evidenziare “la difficoltà di un cambio inevitabile.

Il ministro della Cultura annuncia la riapertura di cinema e teatri nella giornata mondiale del teatro

Se i teatri faranno il possibile per riaprire non appena sarà consentito, la situazione è più complessa per le sale cinematografiche. “Sicuramente la data del 27 marzo slitterà. Ma, perlomeno, è un segnale positivo che si stia parlando di riapertura”, il commento di Simone Castagno, gestore con la sua famiglia del cinema Massaua. “Confidiamo che la campagna vaccinale di massa e l’arrivo del caldo possano garantirci una riapertura in serenità nel corso dell’estate – la speranza di Simone – Non è possibile immaginare che ai cinema si chiedano misure di sicurezza molto più stringenti di quelle che si chiedono a bar e ristoranti. L’ambiente cinematografico è un ambiente sicuro. Nelle sale è garantito il ricambio d’aria, il distanziamento interpersonale, gli accessi e le uscite differenziati. Lo scorso anno nelle nostre sale c’è stato solo un contagio”.

La riduzione al 25% dei posti a sedere e la prenotazione dei biglietti causerebbe un’inevitabile calo degli incassi.Ma il rispetto di protocolli rigidi e le perdite economiche che ne derivano sono solo la punta dell’iceberg di un’intera filiera impantanata.

Il rischio. Riaprire senza film

“Nei cinema si proiettano i film, senza questi non ci sono i cinema”, ricorda Troiano. L’ostacolo principale alla ripartenza è proprio questo. La chiusura prolungata delle sale ha indotto molte major a distribuire i titoli sulle piattaforme digitali. Netflix, per citarne una, ha registrato 37 milioni di abbonamenti in più solo nel 2020, superando quota 200 milioni di iscritti, con un’impennata nei primi mesi dello scorso anno. Il risultato è che i film attesi dalle sale, sono già disponibili in streaming.

A pagare il prezzo più alto potrebbero essere i cinema privati e i multisala. “Se la data di riapertura dovesse slittare a maggio o giugno, è ragionevole pensare che il prodotto italiano andrà in sala solo a settembre – la riflessione del cinema Massaua – Quindi, se dovessimo riaprire in estate lo faremo senza prodotto italiano, ma solo con quello americano”. Negli Usa, infatti, i primi effetti della campagna vaccinale e la recente riapertura delle sale sembra stia dando segnali incoraggianti per i grandi distributori.

Il cinema d’autore, invece, potrebbe non incontrare ostacoli così rilevanti. “Nel momento in cui si potrà riaprire, noi riapriremo”, dice dal cinema Massimo, Stefano Boni. “I distributori hanno titoli pronti ad essere distribuiti – rassicura – Anche quelli sono andati sulle piattaforme digitali, ma si tratta di un prodotto che lì non fa numero”.

Le perdite

Ancora complesso fare un bilancio preventivo per le sale. L’incognita più grande è la durata delle restrizioni. Le perdite sono certe, ma i conti in passivo potrebbero anticipare la chiusura di molti cinema. Mancano le prospettive per ripartire: “La riapertura del 27 marzo è assolutamente impraticabile”, commenta Troiano.

A tenere a galla le sale fino ad oggi i ristori, seppur insufficienti. Prima ancora, la Legge Franceschini del 2016 che contribuisce a sostenere non solo la produzione cinematografica italiana, ma anche le sale stesse. “Una spallata come quella del Covid butterà giù dalla torre i più deboli – dice Stefano Boni – Chi non avrà la possibilità economica di andare avanti, sicuramente chiuderà”.

“Non c’è più partita con il digitale”. O forse sì

Quello dello streaming è un “cambio epocale”. Una fisiologica metamorfosi della fruizione cinematografica, accelerata dalla pandemia. “Questo potrebbe presupporre la chiusura di tutti i cinema”. Lancia l’allarme il direttore dell’Ambrosio: “Ormai non c’è più partita con il digitale. Le percentuali di utile sono marginali per i cinema, perché i costi sono altissimi”. Tra questi, pesano le royalties: “Il tema – riflette Sergio Troiano – sarà se riusciremo a trattare con le major, perché se continueranno a chiederci cifre spropositate non si andrà avanti”.

“È normale che le distribuzioni abbiano dovuto cercare uno sbocco nello streaming”, dice Simone Castagno. “Ma è un modello – aggiunge – che ha funzionato nel periodo della pandemia. Oggi però la sala è ancora la vetrina che valorizza anche l’uscita dello streaming ed è un serbatoio economico ancora importante per la distribuzione. Questo non è il modello del futuro, è solo il modello che si sono date alcune major sfruttando il fatto che la posizione delle sale non era tale da potersi sedere al tavolo delle trattative. Adesso, bisognerà trovare nuovi equilibri e modelli sostenibili per tutti che mantengano il valore della sala”.

Ma l’incertezza del futuro e lo spaesamento nelle valutazioni da fare, lasciano ancora un margine di speranza. “Sono abbastanza convinto che il pubblico tornerà non appena le sale riapriranno”, la previsione che fa Stefano Boni, affidandosi a ciò che accade oltre confine e alle presenze registrate dopo il primo lockdown. “Credo che la partita con il digitale sia ancora aperta – aggiunge – perché la dimensione sociale del cinema non scomparirà mai totalmente. Abbonarsi è molto semplice, ma è altrettanto semplice cancellare l’abbonamento. Andare al cinema è un’altra cosa”.

Una convivenza tra sale e piattaforme digitali che però spingerà il cinema a reinventarsi, non nel suo linguaggio, ma nella sua fruizione. E questa, sarà la sfida che attende il settore dopo la pandemia.