1984 non è solo la vittima preferita dei “vampiri di libri” del nostro tempo, ma anche una pietra miliare per chi vuole analizzare con cognizione di causa le guerre della memoria. La lectio per Biennale democrazia della scrittrice Benedetta Tobagi parte proprio da un passo del romanzo di George Orwell: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”. Il filo nero del potere narratore arriva fino alle cosiddette “fiction interessate”: ovvero l’espressione suggerita dallo storico Francesco Filippi a Tobagi per definire le retoriche retrospettive della nuova destra italiana.
Archivi e scuole nel mirino
Benedetta Tobagi parla di un vero e proprio “pattugliamento della memoria”, praticato da sempre dal potere esecutivo per rimodellare il passato e dunque costruire una narrazione egemonica, efficacie per delegittimare certe idee politiche e garantire l’impunità di altre. Ma secondo la scrittrice milanese, il controllo del passato del nuovo millennio si muove su un doppio binario, tra gli “abusi di potere” classici e un ecosistema comunicativo radicalmente cambiato.
Il nuovo mondo comprende anche le nuove frontiere del disordine informativo, della logica di network algoritmica e delle verità alternative, che Tobagi illustra attraverso numerose citazioni, tra cui il saggio Blur, di Bill Kovach e Tom Rosenstiel. Nonostante cambi l’architettura del campo da gioco in cui si svolgono le guerre di memoria, secondo la scrittrice, i documenti negli archivi continuano a spaventare il potere esecutivo: “Anche se è passato sottotraccia, uno dei primi ordini esecutivi di Donald Trump è stato il licenziamento dell’archivista di Stato Colleen Shogan – a cui si aggiunge un altro caso – Il capo dello staff di Benjamin Netanyahu è indagato di aver manomesso le telefonate con i vertici dell’esercito avvenute appena prima dell’attentato del 7 ottobre”.
Il controllo della memoria pervade anche le mura scolastiche. Spostando l’attenzione sul caso italiano, Benedetta Tobagi affronta una serie di interventi mirati, ad opera dei governi della destra italiana. Primo su tutti, l’indirizzo promosso dal ministero dell’Istruzione e del Merito contenuto nelle “Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025”, che rispetto al testo del 2012 pone l’accento sull’identità nazionale dell’alunno, a scapito dello spirito critico: “Il sovranismo è arrivato a scuola”. Tra gli altri casi citati, trova spazio anche l’annullamento di una lezione sulle foibe dello storico Eric Gobetti: prevista per l’11 marzo al liceo Aldo Moro di Rivarolo Canavese, è stata cancellata dopo la polemica aperta da Roberto Ravello, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia della Regione Piemonte.
Pacificazione?
“Le subculture di destra non hanno fanno i conti con l’album di famiglia”, sostiene Tobagi. La distorsione ragionata di comunismo e antifascismo sarebbe un esempio delle “fiction interessate” adottate dalla famiglia politica di Giorgia Meloni, che attraverso un vittimismo sistemico starebbero ribaltando la storia recente italiana. Non solo l’esempio della sparata (calcolata) del presidente del Senato Ignazio La Russa sull’attentato di via Rasella: a cadere sotto il tiro del revisionismo storico è soprattutto la storia delle stragi. “Nel suo discorso di insediamento, Giorgia Meloni ha nominato l’antifascismo una sola volta, per parlare di quello militante degli anni Settanta, che avrebbe ucciso ragazzi innocenti. Nelle loro memorie identitarie dei martiri fedeli all’idea, spariscono le vittime a sinistra, lo stragismo nero e tutto il percorso collettivo che ha portato al Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo del 2008″. Proprio questa giornata commemorativa, con il suo “reframing costituzionale”, rappresenta per la storica milanese un’alternativa al concetto ingannevole di pacificazione, insieme a fact checking e public history: “Il tavolo dei valori condivisi è l’antidoto più potente alla narrazione di destra”.