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Banchi: “Spettacolarità e consistenza, così voglio la mia Fiat Torino”

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Dagli scudetti con Siena e Milano alla guida di una squadra che non partecipa ai playoff dal 1988. Luca Banchi si rimette in gioco dopo due anni di inattività, ricominciando dalla Fiat Torino, reduce da una stagione altalenante chiusa all’undicesimo posto e ancora a secco di playoff. Una nuova sfida per il tecnico toscano, in una città troppo a lungo fuori dal basket d’élite che le compete.

Come sono stati questi due anni ai box?

“Sicuramente è stata una condizione anomala,  perché ho avuto la fortuna di lavorare con continuità 19 anni consecutivi in Serie A. Con maggiore tempo a disposizione, mi sono concentrato sul lavoro dei colleghi nella fase di costruzione della squadra. È stato il pretesto per visitare gli Stati Uniti, a ottobre 2015 sono andato a vedere il training camp degli Atlanta Hawks, mentre l’anno scorso ho avuto la possibilità di allenare un gruppo di U20 cinese a Chengdu che lasciava intravedere ottime potenzialità. È stato anche un modo per riappropriarsi di una normalità di natura familiare, che un allenatore non conosce e che è costretto a trascurare”.

Poi la chiamata di Torino…

“A volte le strade si incontrano per caso. Non ho mai nascosto la volontà di allenare fuori dall’Italia, dopo 10 anni tra Siena e Milano pensavo fosse un naturale sfogo dal punto di vista professionale. Ad esempio sono stato vicino al Kazan, in tre incontri sembravamo esser prossimi all’accordo, invece poi nulla di fatto, si vede che era destino. Volevo fortemente tornare in pista ed è arrivata l’offerta di Torino. Un incontro che non ho voluto rifiutare, a prescindere dal fatto che Torino fosse reduce da una stagione di alti e bassi. Il colloquio è stato decisivo:  ho conosciuto il presidente Antonio Forni,  ho percepito la sua ferocia determinazione e passione nel provare a spingere il progetto a un livello più alto. Nel nostro lavoro contano tanti aspetti, ma le sensazioni e le scelte di pancia spesso si rivelano spesso decisive. L’idea di essersi sentito scelto in questa fase del loro progetto ha fatto sì che si arrivasse alla conclusione. È stata una trattativa molto semplice”.

In un campionato come quello di quest’anno, senza una vera leadership, gli obiettivi di Torino potrebbero essere ancora più ambiziosi rispetto al raggiungimento dei playoff?

“Pensare che non esista una leadership in campionato significa essere ciechi, Milano è una realtà economica, tecnica e organizzativa distante anni luce dagli altri contesti. Una finale come quella di quest’anno devono essere lette come una mancanza di Milano, legittimamente chiamata a onorare la sua superiorità ogni anno. Per quanto ci riguarda, esistono le possibilità di dividere in tre fasi il processo di crescita del club: obiettivi immediati come la conquista della post-season, una fase successiva di consolidamento e poi l’attacco conclusivo al vertice del basket nazionale. Tuttavia, il progetto non può prescindere da tre punti cardine: la creazione di un rapporto di fidelizzazione con la città; il legame con una sponsorizzazione di prestigio come la FIAT; infine la struttura, il club ha una storia talmente breve per cui non si può pensare che possa già avere la struttura per sostenere le sollecitazioni di un ambizioso progetto sportivo”.

Cosa si aspetta dal mercato?

“Sarà un mercato ad incastri, al momento manca ancora completamente il pacchetto dei giocatori stranieri, che risulterà decisivo per giustificare l’ambizione alla competitività della squadra. Mi piacerebbe che il play e il centro, l’asse portante della squadra sia dal punto di vista offensivo che difensivo, siano le prime figure ad arrivare. Ma è più realistico che il tentativo di convincere qualcuno dei giocatori (Jamil Wilson e Deron Washington su tutti, ndr) della scorsa stagione a ritornare possa essere la prima mossa. La wild card per l’Eurocup, per la quale rimaniamo ottimisti, può darci un aiutino a trattenerli. Comunque, abbiamo il privilegio di avere un’identità nel nucleo italiano: un gruppo di giocatori come Poeta, Alibegovic, Mazzola e Okeke rappresentano già un punto di riferimento del club. Iannuzzi è stato il primo tassello che sembra completare il nucleo degli italiani, ma qualora dovesse arrivare questa desiderata wild card di Eurocup, un organico a dieci sarebbe inadeguato. A dodici saremmo più a protezione degli infortuni”.

Alla Fiat Torino sono stati associati alcuni nomi importanti come Hackett, Della Valle e Aradori. Qualcuno indosserà la maglia di Torino la prossima stagione?

“È prematuro parlarne. Non escludo possa arrivare un grande colpo, ma ad oggi non esistono le condizioni per cui figure tecniche di quel profilo possano sentirsi attratte da questo progetto. La mia speranza è che le cose cambino molto velocemente. Nel mio piccolo spero di dare contributo ad alzare il livello della squadra”.

Quali caratteristiche dovrà avere la sua Torino?

“Mi piacerebbe avere un quintetto che possa provare a replicare l’efficacia e la spettacolarità che ha avuto per larghi tratti della stagione dello scorso anno. Dovremo trovare quella continuità di rendimento che, soprattutto alla luce della eventuale partecipazione alla coppa, diventerebbe decisiva. Fare le coppe toglie energia, figuriamoci in un contesto che non ha esperienze di turni infrasettimanali.  Abbinare spettacolarità e consistenza sarà la parola d’ordine. E un po’ di fortuna, che non guasta mai”.

EMANUELE GRANELLI