“La civiltà del pensiero è confrontarsi liberamente”. Si apre così l’intervento a sorpresa del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, collegato da Roma, in occasione della presentazione del saggio “La scomparsa dell’identità” di Alain de Benoist, “uno dei più importanti filosofi contemporanei” come lo ha definito il titolare del Mic. “Non la pensiamo allo stesso modo su tutto, come per esempio sull’aggressione russa all’Ucraina, ma condivido fermamente la denuncia della decadenza dell’Occidente e l’affermazione del pluralismo delle idee”, ha detto Sangiuliano, che si è poi congedato sottolineando come sia lui che De Benoist credano alla “civiltà delle idee, dove idee elevate non hanno paura di incrociarsi e contaminarsi”.
Dopo le contestazioni di ieri alla ministra Roccella (“una dimostrazione di intolleranza insopportabile” come l’ha definita Vittorio Sgarbi), i riflettori del Salone si riaccendono su un’Arena Piemonte gremita di pubblico, con uomini della security ad ogni angolo e una rappresentanza del Fuan – Azione universitaria. Il dibattito intorno all’opera del filosofo francese, tra i fondatori della Nouvelle Droite, è stato introdotto dall’Assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone: “Quanto accaduto ieri con la ministra rappresenta una delle pagine più buie del Salone del Libro” ha detto, ringraziando poi la presidente del Circolo dei lettori, Elena Loewenthal, per essere presente, “un sostegno tangibile alla libertà di esprimere la propria opinione”.
Perché è importante preservare l’identità
L’identità è al centro del saggio di Alain De Benoist, ma cosa si intende con questo termine? Secondo l’autore “L’identità è quello che ci fa vivere”, l’ago magnetico da tenere bene a vista per non perdersi in un buco nero che – sostiene -, viene ingigantito dalla globalizzazione, configurandosi come un “problema dell’epoca moderna”. Il dibattito si sposta sul tema della crisi identitaria, visibile secondo l’autore soprattutto in Occidente anche se, sottolinea, “l’Occidente stesso ne è il primo responsabile”. In una realtà così complessa, ricca di schegge identitarie sorte in Europa e America, De Benoist si affida a un esempio: “Posso definirmi bretone, francese o europeo. Cos’è più importante? Le preferenze sono soggettive ed è questo che complica così tanto la questione delle identità”. Dal palco, l’editore Francesco Giubilei cita Antonio Gramsci per sostenere che oggi esiste un’egemonia culturale in relazione alla cancel culture, alla cultura woke e al politicamente corretto. “Sono assolutamente d’accordo”, reagisce De Benoist, che ha poi attaccato la “cultura del genere, una moda esportata in Europa dagli Stati Uniti”.
Altri due punti al centro, secondo De Benoist: “La ricchezza è vita e le differenze sono fondamentali perché è da queste che nasce il dialogo”, dal momento che “l’umanità di sviluppa attraverso la cultura”. Sulla possibilità di un ritorno della questione identitaria anche a Bruxelles dopo le elezioni europee del 2024, l’autore risponde così: “In quanto intellettuale è difficile rispondere, ma sono favorevole alla presenza della cultura nella politica.”
Una riflessione in chiave storica sull’erroneità di condannare il passato in maniera aprioristica, “mentre è bene considerare come tutti i popoli abbiano agito nel bene e nel male: Pericle diceva che si fanno grandi cose in entrambi i sensi, lo stesso vale nella cultura italiana, francese e spagnola. C’è sempre speranza perché la storia non è mai finita, è inattesa e soprattutto è sempre aperta”. Infine un consiglio, per chiudere: “Bisogna leggere molto con spirito critico e curiosità. Se si perde la curiosità, si è già vecchi”.