Con l’arrivo dei talebani in Afghanistan la vita delle persone è cambiata completamente e, con essa, anche la condizione della stampa. “Da un giorno all’altro i talebani hanno trasmesso una direttiva che diceva come volevano che i media operassero. In questa condizione non può esserci libertà di stampa”. A dirlo è Lotfullah Najafizada, fondatore e amministratore delegato di Amu tv, un canale televisivo internazionale per l’Afghanistan che ha sede a Washington dc e cerca di rivitalizzare la stampa libera nel paese, collegando i giornalisti afghani che si trovano all’estero con quelli che vivono all’interno del Paese. Najafizada è impegnato da tempo in questo ambito, tanto da essere stato l’unico giornalista afghano a partecipare a due cicli di colloqui della società civile con i talebani a Doha, nel 2019, e a Oslo, nel 2022, al fine di lottare per i diritti dei media nei colloqui di pace.
Secondo Najafizada, l’Afghanistan è uno dei luoghi più pericolosi per i giornalisti. “A livello di censura, non è ancora la Corea del Nord né l’Iran, ma potrebbe diventarlo. C’è una crescente censura e autocensura che subiscono in particolare i media che sono ancora nel Paese”. In un contesto di forte repressione Amu tv si distingue perché è una fonte critica di notizie indipendente al servizio della popolazione afghana. È nata proprio per rispondere al bisogno di notizie imparziali in Afghanistan.
La situazione è particolarmente critica per le giornaliste, alcune delle quali sono andate via dal paese. “Sono preoccupato che a un certo punto le donne non potranno più essere giornaliste. Al momento ce ne sono tante, ma la situazione potrebbe cambiare in peggio – commenta Najafizada -. Rispetto a un tempo, oggi le donne non possono più laurearsi in giornalismo. Uno degli obiettivi del presente è ragionare su come formare più donne reporter perché la richiesta c’è”.